Capitolo 24

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<<Avevo solo quattordici anni, avevo appena iniziato le superiori. Ero soltanto un bambino nato in una famiglia ricca che lo ignorava, non pensavo di poter fare così tante brutte azioni. Non mi piaceva la mia vita e ho tentato di cambiarla, ma non è andata come speravo: è stata la vita a cambiare me>> Daniel sta parlando da una quindicina di minuti ripetendo le stesse cose. Sta vomitando parole senza dire nulla, è snervante e lo fermo.

<<Daniel>>. Si alza dal divano e resta in piedi lontano da me, non mi guarda <<Mi stai facendo preoccupare, non c'è bisogno che tu mi racconti nulla>> mento: adesso sono curiosa di sapere.

<<No>> dice in un sussurro, sta giocando nervosamente con le dita delle mani e continua a fissare la punta delle sue scarpe rimanendo in piedi dall'altra parte della stanza rispetto a me. Prendendo un bel respiro fa un passo verso di me e alza lo sguardo fino ad incrociare il mio. Ha gli occhi lucidi e la fronte corrucciata. Poi inizia a parlare:

<<Come ti ho detto avevo solo quattordici anni, la mia famiglia non si interessava a me e ho iniziato a uscire di casa di nascosto la sera. Non facevo niente di che: gironzolavo per la città. Non facevo nulla di male, almeno per i primi tempi. Infatti continuando a uscire così tardi per schiarirmi le idee, ho incontrato alcuni ragazzi che passavano le nottate con me. Lo sapevo che non era un buon giro, ma mi distraevano da quello per cui scappavo e quindi non mi importava. Andava avanti da qualche mese fino a che non mi hanno presentato una donna. Quando l'ho vista non potevo credere che fosse una donna: aveva i capelli lunghi e sporchi, l'aria trasandata, come se non avesse una casa da parecchi anni. Non parlava molto, credo anche che non si ricordasse neanche come si comunicasse civilmente: il suo cervello era ormai fritto, si drogava da diversi anni. Comunque da quello che ho capito stavano "tutti insieme", erano un gruppo di ragazzi di ogni età e come persona comune c'era questa donna. Era come se questa donna avesse reclutato ragazzini delinquenti. Il problema è che non era un gruppo di recupero dove si tentava di mettere la testa a posto, anzi.

I ragazzi che avevo incontrato all'inizio conoscevano la donna da poco tempo e il loro compito era quello di inserire me nel giro. Mi divertivo, non nego che passavamo le serate tra alcol, fumo e... beh dell'altro. Comunque continuavo ad avere degli incontri con la donna: ogni volta mi faceva delle domande per "conoscermi meglio". Io non sapevo quale fosse il suo scopo, pensavo che volesse solo farmi entrare nel giro, per non sentirsi sola o qualcosa di simile, non avrei mai immaginato che cercasse proprio me. Gli ultimi tempi mi raccontò la sua storia.

In passato si era creata una famiglia, ma entrando in contatto con il mondo della droga, rovinò tutto. Mi ha detto che non le interessava più di nulla perché lei aveva la sua nuova famiglia: noi eravamo la sua nuova famiglia. Così mi ha spiegato perché fosse interessata a me in particolare. Aveva un enorme debito a causa della droga da quasi tredici anni, scappava da così tanto tempo... Si era indebitata con la società di mio padre. Per questo aveva bisogno di me: voleva convincere mio padre a estinguerle il debito in modo da smettere di scappare e nascondersi. Convincere mio padre in qualunque modo. In pratica io non potevo andare da mio padre e parlargli di quella donna e lei non poteva incontrarsi con lui, così iniziò a pensare ad un piano per convincerlo: voleva spaventarlo, ricattarlo, cose del genere. Decise così prendersela con la sua famiglia, la mia famiglia. Io ero al sicuro perché gli servivo e poi ormai ero nel suo giro, ero un figlio per lei. Così le venne in mente che avrebbe potuto prendersela con l'altro figlio di mio padre: mia sorella, Sophie. L'intenzione era quella di spaventare mio padre usando mia sorella e a me andava bene perché io odiavo i miei genitori. Ma non è andata come immaginavo.

Intanto la mia vita andava avanti e il mio comportamento stava peggiorando di giorno in giorno, soprattutto a scuola, infatti il preside prese a tenermi d'occhio perché si accorse che stava succedendo qualcosa. Ero arrabbiato con i miei genitori, stavo crescendo e non mi sentivo parte del mondo, ero solo un bambino in cerca di attenzioni. Il preside è sempre stato una bella persona. Provava ad aiutarmi, mi parlava, ma io ero testardo: mi ero convinto che vendicare quella donna fosse giusto perché anche lei come me aveva sofferto a causa dei miei genitori. Ero pronto a tutto. Così organizzammo tutto: avrei dovuto chiedere a mia sorella di accompagnarmi a scuola, sarei dovuto essere in ritardo in modo da uscire nello stesso momento di mio padre, affinché fosse presente quando avrebbero rapito Sophie.

Arrivò il giorno. Poteva andare tutto come previsto, ma si susseguirono una serie di coincidenze che peggiorarono la situazione. Avevo chiesto a mia sorella di accompagnarmi, ero in ritardo, siamo usciti con mio padre, la donna e alcuni ragazzi erano pronti, ma non abbiamo calcolato la pioggia, e che uno dei ragazzi fosse il figlio del preside. Infatti il ragazzo scappò di casa presto quella mattina e il preside lo andò a cercare in macchina. Come ti ho detto siamo usciti di casa e mia sorella stava andando a prendere la macchina, ma fu troppo veloce, era quasi arrivata senza dare il tempo alla donna di attuare il piano, così la chiamai facendola fermare in mezzo alla strada. La pioggia era fitta, faceva freddo: era una mattina di fine febbraio. Mio padre, accanto a me, aveva iniziato ad insultarmi per aver fatto ritardo, mia sorella in mezzo alla strada, la donna che sia avvicinava a lei, e il preside che cercava suo figlio. È successo in un secondo, ma lo ricordo come se fosse durato un giorno intero. Quando mia sorella si rigirò verso la macchina vide davanti a sé un gruppo di persone che le veniva incontro e di lato una macchina che si avvicinava. Il preside era alla guida e appena la vide provò a frenare, ma come ti ho detto pioveva e non riuscì a fermarsi in tempo. Investì mia sorella, la donna e i ragazzi. Caso vuole che solo mia sorella subì gravi conseguenze. Morì poco dopo. Gli altri furono riconosciuti e arrestati>>

Daniel smette di parlare, ma non distoglie lo sguardo da me. Sta piangendo. Non l'ho mai visto piangere e fa davvero male vederlo così. Mi avvicino a lui per consolarlo. Non mi importa di quello che ha fatto. Mi dispiace per sua sorella, ma non lo giudico. In fondo anche io ho rischiato di cadere in brutte compagnie con Collin. Mentre mi avvicino Daniel continua a guardarmi, ma non mi vede. Mi sto preoccupando. Gli tocco la spalla con una mano e lui sembra svegliarsi da un incubo.

<<No, aspetta>> dice con la voce rotta dalle lacrime. Si allontana e cammina veloce il più possibile lontano da me. Non mi guarda più. Non so cosa fare: vorrei spiegargli che non mi importa se ha un brutto passato, che lo amo anche se non è sempre stato un Mr. Perfezione. Lo amo, quanto è bello ammetterlo. Quanto è bello arrendermi e ammetterlo. È spaventoso dire, o anche solo pensare di amarlo, è un sentimento così grande che fa paura. Fa paura perché sono sempre stata sola con mio fratello, e ammettere di amarlo vorrebbe dire farlo entrare nelle nostre vite. Nella mia vita. Nella vita da cui ho sempre cercato di allontanare tutti per non soffrire più. I miei pensieri vengono interrotti da un sospiro di Daniel. Mi accorgo che si è seduto sul divano, stanco e con le mani tra i capelli.

<<Mi dispiace>> dico abbozzando un sorriso <<Per tua sorella intendo. Ma a me non cambia niente se non sei stato proprio un esempio in passato. Non cambia quello che provo>> mi siedo con sicurezza sul divano accanto a lui e gli prendo una mano.

<<Non è per questo>> ricomincia lui <<Non solo almeno, per quanto io possa credere nelle tue parole, credere che tu non le abbia appena dette per farmi stare meglio, il problema è anche un altro...>> esita prima di parlare di nuovo <<La donna, quella che arruolava ragazzi, quella che mi ha convinto ha vendicarmi di mio padre...>>

<<Dimmi Daniel>> lo incoraggio vedendolo incerto.

<<Come sapevo tante cose su di te appena ti ho incontrata? Te lo sei mai chiesta? Oppure ti sei sempre fidata ciecamente di me?>> ho paura di quello che potrebbe dire. Io mi sono sempre fidata di lui, anche appena conosciuto. Ho paura di quello che potrebbe dire perché penso di sapere di cosa si tratta. <<La donna, beh... è tua madre>>

Ti odio, ma ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora