Capitolo 33

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Dalla finestra della cucina si intravedono i nuovi boccioli tra i rami che riacquistano le foglie. Ha smesso di nevicare regolarmente da qualche settimana e ho abbandonato sciarpe e cappelli da qualche giorno. Siamo alla fine di Febbraio e la mia vita continua come è sempre andata. Le cose con Tommy si sono un po' appianate anche se il discorso di Daniel è ancora un argomento delicato. Sapevo di non potere stare con lui. Non potevo incastrarlo in qualcosa da cui sarebbe scappato ferendomi. Non potevo permettermi di soffrire ancora così tanto per qualcuno. Trattarlo male è stato il modo migliore per chiuderla e lasciargli pensare che io sia andata a letto con Collin anche. Non aveva bisogno di sentirsi in colpa per qualcosa, doveva prendersela con me per chiudere quella che vorrei chiamare una storia. So di averlo ferito, ma era l'unico modo per impedirgli di tornare e farmi cambiare idea. Però, in fin dei conti, non sto male adesso. Sono stata brava nell'auto-convinzione di non aver bisogno di nessuno: sto bene e la mia vita va bene così, non ho bisogno di lui. Solo io e mio fratello.

La giacca è stata sostituita da felpe leggere. I fiori sono sbocciati e riempono l'aria di polline: per fortuna non sono allergica! Siamo ai primi di Aprile, ma penso di aver sbagliato a togliere la giacca. È da un po' di giorni che mi brucia la gola e mi fa male il petto. Spesso non ho forze per fare molte cose quindi dormo spesso. Attribuisco la causa del mio malessere all'arrivo dell'estate e della libertà, anche perché se non facessi così dovrei andare a farmi vedere: non ho nessuna intenzione di andare da medico per farmi dire che devo coprirmi e dormire più ore la notte. So cosa mi serve, mi serve riposo e solitudine. Nessuno intorno che mi stressi o che tenti di farmi sorridere. Sono stanca e voglio stare da sola.

Le cose con Tommy sono tornate a posto definitivamente. Passiamo pomeriggi a leggere o a guardare film, quando sto con lui posso distrarmi e il petto smette di farmi un po' male. Lui è la mia unica cura, passare del tempo con lui mi farà sentire meglio e quando la scuola sarà finita potremo passare tre mesi ininterrotti insieme.

Siamo a metà Maggio e il mio stare male è peggiorato. Sono dimagrita rispetto a quest'inverno, si intravedono le costole e le guance sono un po' scavate. Quando non sono a scuola dormo a casa, ma sono costantemente stanca. Certi giorni guardandomi allo specchio ho paura di farmi vedere da Tommy per non spaventarlo: le profonde occhiaie viola mi fanno sembrare un mostro. Così in quelle giornate provo a coprire i segni della stanchezza con abbondanti strati di trucco che spesso peggiorano la situazione. Ho smesso di cambiarmi davanti a mio fratello per non fargli notare la perdita di peso. Il dolore al petto certi giorni è insopportabile, quindi sto saltando molti giorni di scuola e egoisticamente sono felice che Tommy stia a scuola fino al pomeriggio. Resto nel letto a crogiolarmi nel dolore e nelle lacrime.



<<Quanto fa male?>> mi chiede sorridendo.

<<Non fa male>>

<<Quanto fa male?>>

<<Non sento niente>>

<<Dimmi quanto fa male>> insiste continuando a sorridere. Un sorriso sincero e tranquillo.

<<Mi manchi>> una lacrima mi riga la guancia.

<<Non devi pensare a me>>

<<Perché no?>>

<<Perché non ci sono più>> si avvicina e mi bacia la fronte <<Sono orgoglioso di te>>

<<Ho combinato un casino>> singhiozzo nascondendo il viso sul suo petto.

<<Puoi sempre sistemare le cose, non ti arrendere così>>

<<Non posso farlo>> riprendo fiato <<Fa troppo male>> sussurro.

<<Lo so che fa male>> si allontana da me e se ne va, ma prima di sparire dalla mia visuale dice qualcosa tanto piano da farmi pensare di essermelo immaginato <<Ce la puoi fare, ti voglio bene bambina mia>>



Per la prima volta nella mia vita ho sognato mio padre. Credevo di non ricordarmi neppure il suo volto, ma la sua immagine era così reale che ho pensato di averlo riavuto indietro. Mi tolgo le coperte di dosso e le metto a a lavare perché sono bagnate di sudore. Il cuscino è ridotto talmente male che il bagnato è passato attraverso la federa. Ma forse quello non è sudore? Mi strofino gli occhi per appurare che sono lacrime quelle sul cuscino. Ho sognato mio padre questa notte e al mio risveglio ho pianto come una bambina. Come la bambina che ero quando è morto.

Siamo ai primi di Giugno e continuo a sognare mio padre e la stessa conversazione. Lui continua a dirmi che mi vuole bene e se ne va lasciandomi da sola a piangere.



<<Quanto fa male?>> mi chiede sorridendo.

<<Non fa male>>

<<Quanto fa male?>>

<<Non sento niente>>

<<Dimmi quanto fa male>> insiste continuando a sorridere. Un sorriso sincero e tranquillo.

<<Mi fa male il petto>> cedo <<Tanto>>

<<E come mai?>>

<<Mi manchi>> una lacrima mi riga la guancia.

<<Non devi pensare a me>>

<<Perché no?>>

<<Perché non ci sono più>> si avvicina e mi bacia la fronte <<Sono orgoglioso di te>>

<<Ho combinato un casino>> singhiozzo nascondendo il viso sul suo petto.

<<Puoi sempre sistemare le cose, non ti arrendere così>>

<<Non posso farlo>> riprendo fiato <<Fa troppo male>> sussurro.

<<Lo so che fa male>>

<<No, non lo sai!>> gli urlo addosso piangendo <<Non sai come sia vivere senza di te. Il petto mi fa male, sento un vuoto nel cure che certi giorni penso di morire. Non posso più dormire, non posso più mangiare per colpa tua!>>
<<Mia?>> gli scappa piccola risata.

<<Sì, è colpa tua. Non avevi il diritto di sconvolgermi la vita. Non avevi il diritto di entrare a farne parte per poi lasciarmi da sola>>

<<Hai detto che non hai più bisogno di me>> torna serio lasciandosi tradire dal sorriso.

<<Ho mentito>>

<<Mi hai mandato via>>

<<Dovevi combattere per me>> mi accoccolo sul suo petto <<Avevo bisogno che tu lottassi per me>>

<<Mi dispiace>> si scusa accarezzandomi la testa.



Mi sveglio urlando. La pressione sul petto è troppo forte. Scoppio a piangere abbandonandomi sul cuscino come una bambina capricciosa. Il vuoto che sento dentro non da segni di andare via. Continuo a chiamarlo tra un singhiozzo e l'altro. La gola mi brucia per il troppo piangere. Sto troppo male: non desidero altro che smettere di stare così male. Mi sento in questo modo da mesi ormai, ma stanotte è insopportabile. Voglio solo addormentarmi e non svegliarmi mai più. Voglio raggiungere il mio papà. Ma dopo qualche secondo, minuto, ora, non saprei, mi addormento sussurrando il suo nome.

Daniel.

Ti odio, ma ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora