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Mese Minazuki, 1445

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Mese Minazuki, 1445

Quell'anno, l'estate fu più calda del solito.

I raggi solari bruciavano l'erba, rendevano afosa l'aria e costringevano i cittadini di Heian Kyō a rifugiarsi sulle sponde del fiume Kamo per trovare un po' di sollievo.

A Kotori non era mai piaciuta la stagione estiva, perché non aveva mai apprezzato gli estremi. Per lo stesso motivo trovava fastidioso l'inverno, con il suo gelo paralizzante e la neve che si introduceva fin dentro le case.

Per quanto la riguardava, la ragazza amava l'autunno, con i suoi colori piacevoli e caldi, con il suo vento giocoso, con i tifoni che scuotevano la città, gettandola in uno stato di quiete che solo rare volte sperimentava durante le altre stagioni.

Quella giornata afosa, la giovane si era tirata fuori dalla vasca di malavoglia per poi lasciarsi ricadere sul futon con un libro di poesie sulle gambe e con le membra doloranti a causa dell'allenamento notturno.

I componimenti le erano sempre piaciuti, ma quella raccolta aveva un valore particolare per lei, poiché era stato suo padre a regalargliela. I versi di Sogi le correvano davanti agli occhi, allietandola con la loro breve dolcezza.

Rimase sdraiata per lunghe ore, in uno stato di pigra beatitudine che venne rotta solamente dalla voce di Nagisa, quando la chiamò affacciandosi dalla soglia della porta.

«Kotori-sama.» la richiamò, con un sorriso affaticato posto sul volto. Il suo Kimono era madido di sudore, i capelli appiccicati al viso e il ventre gonfio a causa della gravidanza, che sporgeva oltre le vesti. «Minari-sama mi ha chiesto di riferivi che i vostri onorevoli zii hanno intenzione di consegnarvi un dono. Vostro fratello sta per venire a prendervi.»

«Un dono?» s'incuriosì la bambina, tirandosi immediatamente fuori dalla morbidezza del materasso. «Va bene, mi preparo subito!»

«Lasciate che vi aiuti a...»

«No, Nagisa!» Kotori le sorrise dolcemente, assicurandole che ce l'avrebbe fatta da sola. «Nelle tue condizioni non dovresti sforzarti! Metterò da sola il Kimono, magari mi aiuterai soltanto a sistemare l'obi.»

«Oh, Hai! Shojo-sama»

La ragazza si diresse quindi verso il proprio baule e ne estrasse uno dei suoi Kimono estivi più belli. Lo infilò velocemente, avvertendo il peso delle strette maniche del Kosode portarle altro calore. Sopportò il fastidio, subito rincuorata nell'osservare la bellezza delle leggiadre farfalle ricamate sul tessuto color pesca.

Una volta che ebbe finito di indossare l'indumento, salutò Nagisa con un inchino e si precipitò fuori dalle ante, lungo il corridoio. Aveva sentito il nitrito del cavallo di Ichiro provenire oltre le finestre e non voleva assolutamente farlo aspettare, anche se questo significava mettere da parte le norme di comportamento che sua madre stava cercando di impartirle.

𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝑂𝑠𝑐𝑢𝑟𝑖𝑡àDove le storie prendono vita. Scoprilo ora