🌸 8(Parte I/II)

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Il vento che tirava al Fushimi Inari Taisha riusciva a rinfrescare il volto annoiato di Ryo che, stretto in un Kimono talmente pregiato da fargli pensare di non essere degno di poterlo indossare, stava seriamente pensando di mettersi ad urlare

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Il vento che tirava al Fushimi Inari Taisha riusciva a rinfrescare il volto annoiato di Ryo che, stretto in un Kimono talmente pregiato da fargli pensare di non essere degno di poterlo indossare, stava seriamente pensando di mettersi ad urlare.

Il ragazzo si aggiustò l'Haori nero, come gli Hakama che indossava sulle spalle e cercò di ignorare l'accesa discussione che stava infervorando gli animi di Eijiro, Minari e Kyoden sulla situazione politica Giapponese. Come se a lui importasse qualcosa di quelle battaglie! le trovava stupide e inutili. Un modo come un altro per disseminare disagio e strappare di mano la vita alla povera gente che non aveva mai voluto prendere parte a nessun conflitto.

«Che noia...» borbottò il ragazzino, osservando la lunga distesa di Torii arancioni che percorreva l'intero percorso della montagna Inari.

Nobu era scomparso poco prima insieme a un ragazzino per cui non aveva provato alcuna simpatia. Si chiamava Ichiro e, a quanto il suo nuovo amico gli aveva spiegato, era il suo fratellastro.

Ryo sbuffò, cercando di concentrarsi su qualsiasi cosa che non fosse la morte della madre e del fratello. Voleva parlare, gridare, farsi sentire e combinare qualche stupidata. Tutto pur di non pensare a quel terribile evento impresso a fuoco nella sua memoria.

Eppure, era solo, solo in compagnia della stessa ragazzina contro cui aveva urlato quella mattina. Quest'ultima se ne stava a pochi metri di distanza da lui, avvolta in un Kimono dalle lunghe maniche, dipinto di nero e abbellito da disegni di nuvole colorate sulla gonna. I lunghi capelli si muovevano al minimo soffio di vento, mentre gli occhi azzurri, strani quanto i suoi, leggevano con disinteresse i vari ideogrammi incisi sui pilastri dei Torii.

Ryo si chiese a quale sorta di pazienza primordiale stesse facendo ricorso pur di aspettare così tranquilla, senza nemmeno lamentarsi, che i genitori finissero di parlare.

Sbuffò di nuovo, incrociando lo sguardo di Mei. Anche lei sembrava essersi totalmente estraniata dalla conversazione che i tre stavano avendo, a differenza loro, però, era serena. Il vento faceva danzare le gonne rosee del suo Hanfu dandole un che di celestiale che la madre di Kotori non possedeva, nonostante fosse anch'ella bellissima, avvolta dal suo semplice Kurotomesode.

Mei gli sorrise, facendogli cenno di parlare alla ragazzina accanto a lui. Ryo spalancò gli occhi, incredulo, e voltò lentamente il suo sguardo in direzione di una Kotori talmente annoiata da sbadigliare di continuo.

Rotto per rotto, non avrebbe potuto infastidirla più di tanto, quindi tanto valeva farsi perdonare la scortesia di quella mattina. Si aggiustò nuovamente l'Haori e cominciò a camminare verso di lei con lentezza, decidendo di cominciare immediatamente un discorso.

«Devono essere scomode, quelle maniche.» le disse, attirando la sua attenzione.

La ragazza voltò la testa verso di lui, sorpresa e al contempo sconcertata. «I... I Furisode, dici?» domandò, muovendo le braccia per far smuovere le maniche del Kimono.

𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝑂𝑠𝑐𝑢𝑟𝑖𝑡àDove le storie prendono vita. Scoprilo ora