🌸 4(Parte II/II)

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(Nobu nella foto in alto)

«Piccola, ti senti bene?» le domandò Mei, carezzandole dolcemente i capelli neri scompigliati.

Kotori annuì, trovando quell'abbraccio estremamente confortante, anche se la sua attenzione era puntata sulla madre e su Kyoden. I due Shinigami erano sulla soglia della camera da letto, lui fissava la compagna d'armi con un cipiglio accusatorio sul viso dai lineamenti marcati, cipiglio che lei non riusciva a sostenere.

Per la prima volta in vita sua, la madre le sembrò vulnerabile.

«Perché hai lasciato entrare Hideaki?» Le domandò Kyoden, teso.

Minari alzò lo sguardo, incrociando i suoi occhi cangianti e al tempo stesso pregni di oscurità. «Pensavo fosse cambiato.»

«Lui?» Kyoden rise amaramente, prima di rivolgersi nuovamente alla madre. «Pensa che tutto ciò che fa sia giusto e quello che fanno gli altri sia sbagliato. Una persona così non cambia.»

«Volevo solo vedere se era rinsavito oppure no, non devo dar conto a te delle mie decisioni.» rispose astiosa Minari, incrociando le braccia sotto al petto come per confortarsi da sola. Ne aveva avuto abbastanza di lotte, e sapere che Kotori aveva assistito alla scena, l'aveva angosciata più di ogni altra cosa. «Era pur sempre un nostro amico.»

«Lo era, prima che ti insultasse e schiaffeggiasse pubblicamente al tempio di Kumano, davanti a molte persone. Lo ricordi? O lo hai rimosso dalla tua mente, insieme a gran parte dei tuoi doveri?»

«Kyoden, smettila.» lo riprese Mei, staccandosi dal corpo della giovane ragazza per lasciarla accanto al figliastro che, insieme a lei, era rimasto in silenzio. «Non pensi che abbia già sopportato abbastanza?»

Minari lanciò uno sguardo di ringraziamento a Mei che, di conseguenza, le sorrise in maniera benevola, alimentando il fastidio del marito.

Fu in quel momento che Kotori si rimise in piedi, osservando la madre chinare lo sguardo con gli occhi pieni di vergogna e un'espressione afflitta sul viso, che di solito era sempre freddo e serio. Un forte moto d'affetto si impadronì del suo corpo, materializzandosi nella voglia di abbracciarla e rassicurarla.

Cominciò ad avvicinarsi a lei e la afferrò per un lembo del Kimono, cercando di attirare la sua attenzione, ma la sua preoccupazione venne ripagata solamente da uno sguardo scocciato da parte della donna. «Cosa c'è, Kotori?!» le chiese, aspramente, sottraendosi alla sua presa.

La ragazzina perse improvvisamente tutta la voglia di consolarla, sentendo la rabbia prendere il posto della tristezza. La stessa rabbia che la portò a riempire di fiato i polmoni e urlare addosso alla madre per la prima volta nella sua vita. «Chi diamine era quell'uomo?!» strinse i pugni, notando lo sguardo della donna mutare completamente davanti il suo tono di voce ben più alto di quanto, in realtà, potesse permettersi in presenza dei genitori. «E perché sembra avercela tanto con mio padre? Di che razza di demoni stava parlando e... e soprattutto...» Kotori sollevò un braccio, puntando il dito indice in direzione di Kyoden che la fissava con gli occhi pieni di pena e tenerezza.

Odiava quello sguardo, non era un cucciolo ferito da difendere ad ogni costo, e non era neanche una bambina che aveva bisogno dell'aiuto di chiunque per svolgere anche il più piccolo dei lavori.

«Perché hai tradito mio padre con lui?!» strillò, con il braccio tremante e due grossi lacrimoni che le percorrevano lentamente le guance, rosse a causa del nervosismo immagazzinato.

La tensione si era fatta fin troppo pesante, e lei non era stata in grado di sorreggerla.

Minari le posò una mano sulla spalla, cercando in qualche modo di rimediare al danno che aveva combinato. Non avrebbe dovuto scaricare il suo nervosismo sulle spalle della figlia, non era giusto. «Kotori, non è il momento adatto per spiegarti. Ora calmati e...»

𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝑂𝑠𝑐𝑢𝑟𝑖𝑡àDove le storie prendono vita. Scoprilo ora