Kotori avrebbe voluto urlare, tapparsi le orecchie e smettere di ascoltare ciò che i genitori avevano da dirle.
Domande, sempre domande. Non si erano nemmeno soffermati a chiederle se stesse bene, preferendo portarla direttamente in sala da pranzo e a cominciare a riempirla di quesiti che, alla fine, riconducevano sempre alla stessa identica frase.
«Perché non ce lo hai detto?» le chiese Minari per l'ennesima volta, seduta all'altro capo del tavolino con gli occhi languidi fissi nei suoi. «Di che cosa avevi paura?»
Kotori strinse semplice le mani sotto al tavolo, corrucciata, chiudendosi in un silenzio che era l'unica cosa che le impediva di scoppiare in lacrime.
Ichiro nemmeno le parlava, se ne stava con la spalla appoggiata allo stipite della porta-finestra con lo sguardo fisso del vuoto. Non osava nemmeno muoversi, forse ancora troppo sconvolto dall'accaduto.
«Kotori, rispondi.» Eijiro era rimasto in piedi, camminava per la stanza quasi stesse cercando di soffocare il suo nervosismo prima che potesse perderne il controllo. «Perché non ce ne hai parlato prima?»
La ragazza sollevò lo sguardo in direzione del fratello, sentendo la voce alta del padre rimbombarle nelle orecchie, che non erano abituate a simili rimproveri. «Mi avreste creduto?!» chiese a sua volta, alzandosi dal cuscino, incapace di stare ferma. «Tutti voi, mi avreste creduto?»
Quella sola domanda bastò per zittire i suoi genitori, ma non Ichiro, che anzi sembrò ridestarsi dal suo stato di quiete per rivolgerle tutta la sua attenzione. «Io sì, ti avrei creduto, ma tu hai preferito restare in silenzio e fare tutto da sola.»
Quell'accusa talmente aspra colpì la ragazza come mille lame dolorose. «Io stavo solo cercando di...»
«Di aiutarmi, forse?» Ichiro rise amaramente, avanzando lentamente verso di lei. «Hai solo peggiorato la situazione, restando nel tuo inutile silenzio! Da sola non avresti mai potuto fare nulla e, infatti, guarda che cosa hai combinato!»
«Che cosa ho combinato, io?!» Kotori alzò a propria volta la voce, imponendosi sul fratello che, fino a quel momento, aveva solo cercato di aiutare.
«Sì, tu!» Ichiro non guardò nemmeno in faccia i genitori, i suoi occhi erano accesi di una rabbia nuova, che si stava riversando sulla figura della sorella come un uragano. «Dì la verità, a te andava bene che Kosaki frequentasse quel morto di fame, non è così?!»
Kotori aggrottò le sopracciglia, quasi non credendo alle sue orecchie. «Cosa stai dicend...»
«Avrei dovuto immaginarlo... d'altra parte, questo fa anche parte dei motivi per cui ho deciso di allontanarmi da te.»
«Ichiro, calmati subito.» intervenne Minari, sollevandosi a propria volta dal cuscino. Persino lei sentiva che quella situazione stava per precipitare, a discapito della figlia minore.
Il primogenito, però, non le diede ascolto. «No, Okaasan.» sibilò, ritornando a guardare Kotori. La ragazza era semplicemente stupita e, forse, pure inorridita. «Non fissarmi come se fossi io il cattivo di tutta questa situazione, quando l'unica che hai sbagliato sei tu.»
«Smettila di gettarle tutte le colpe addosso.» persino Eijiro si intromise, avanzando verso i propri figli con quell'aura di serietà che, solitamente, bastava a riportare la calma fra i due.
«Non posso credere che pensi davvero questo...» mormorò Kotori, fissandolo incredula, senza pensare a quali conseguenze avrebbero potuto portare quelle semplici parole.
«Nemmeno io posso credere che il tuo affetto nei miei confronti sia diventato morboso e ossessivo fino a questo punto.» incominciò Ichiro, ferendola dove sapeva fosse più vulnerabile. «Nemmeno io potevo crederci quando ti vedevo così dannatamente appiccicosa e fastidiosa. Sempre pronta a gettarti fra le mie braccia e ad attirare la mia attenzione.»
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𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝑂𝑠𝑐𝑢𝑟𝑖𝑡à
FantasyPRIMO CAPITOLO DELLA SAGA Il Giappone è una terra antica, fatta di onore, di sacrificio, di uomini valorosi disposti a dare la loro vita per difenderla. Eppure, non tutti sanno, che è anche un luogo in cui gli Yokai abbondano: demoni, esseri malevol...