La notte sembrava essere calata troppo in fretta davanti gli occhi di Kotori, che aveva passato tutta la giornata a salutare incessantemente chi varcava senza alcuna paura la soglia del portale.
Prima Ryo e Nobu che, durante il pomeriggio, sereni e felici si erano gettati all'interno del cerchio luminoso salutandola da lontano e, a seguire, Minari. Sua madre si era cambiata verso sera, indossando un Kimono cremisi che le sfiorava appena il ginocchio. Una fascia giallastra le stringeva il torace sotto il seno, su cui era stata incastrata la fidata Katana, utilizzata da Minari durante le missioni.
Kotori si era diretta insieme a lei sotto l'albero in cui l'aveva sentita richiamare il portale, le aveva sorriso e la donna le aveva assicurato che sarebbe tornata prima che si fosse fatto troppo tardi. Poi, era scomparsa sotto i suoi occhi annoiati e il portale si era richiuso al suo passaggio.
In casa, ora, erano rimasti solo lei, Eijiro ed Ichiro. La tensione e il silenzio erano impossibili da sopportare e Kotori non aveva mai amato lasciar correre i litigi. Era sempre stata abituata a scherzare con suo fratello, ad avere con lui un alto grado di confidenza che li aveva sempre portati a perdonarsi ogni singolo sbaglio.
Come poteva il loro rapporto essere passato in secondo piano?
Nonostante il dolore alla caviglia slogata e il malumore per l'andazzo della giornata passata a non far nulla, la ragazza si era decisa a discorrere con il fratello maggiore delle loro divergenze. Aveva attraversato il corridoio a testa alta e aveva fatto capolino dalle porte fragili della stanza di Ichiro, che, non appena l'aveva notata, era scattato in piedi e aveva allungato le mani verso i pomelli per sbarrarle l'accesso.
«Ichiro aspetta!» aveva esclamato la ragazza, infilandosi fra la fessura creata dalle due porte. Lo fissò negli occhi, trovando solo la rabbia più cupa ad ombreggiare le pupille.
«Non voglio parlare con te, chiaro? Vattene via.»
«Ma perché?» cercò di difendersi la sorella. «Non fissarmi così, ho fatto degli sbagli e ne sono consapevole, ma...»
«Taci.» sibilò Ichiro, con la voce piena di cattiveria. «Non puoi aggiustare quello che hai rotto, ora vai via prima che decida di alzare le mani su di te.»
Kotori non ci credette, e quello fu il suo più grande sbaglio.
In preda a una rabbia che non credeva d'aver mai provato prima, spintonò con forza il fratello all'interno della stanza, come per fargli capire che non aveva assolutamente paura di lui, ma Ichiro, invece di restare fermo, la afferrò per il polso e le storse il braccio fino a farla gemere di dolore.
La ragazza rimase per un attimo incredula, con la mente accecata da una fastidiosa sofferenza e la rabbia di Ichiro che la colpiva come la peggiore delle lame. Riuscì a liberarsi con uno strattone ma, a causa della caviglia ferita, barcollò e questo diede un vantaggio notevole al fratello, che la spintonò al suolo con un pugno violento all'ombelico.
Kotori cadde seduta, sentendo la bile risalirle lungo la gola. La sua schiena era premuta contro la parete dello stretto corridoio e suo fratello le era davanti, pronto a sferrarle un calcio. Non avrebbe avuto timore di attuare la sua idea se non fosse intervenuto il padre, che con uno scatto fulmineo allontanò il primogenito dalla figlia, scagliandogli un'occhiata severa e per niente contenta.
«Che diamine ti salta in mente?» non era calmo e non si sforzava neppure di nasconderlo, Eijiro era totalmente furioso. «Colpisci lei, tua sorella, quando non riesce nemmeno a camminare correttamente?»
Ichiro sgranò le palpebre davanti quella reazione, non abbassava nemmeno lo sguardo, fissava il padre dritto negli occhi, quasi osasse sfidarlo. «Lei ha colpito me nella maniera peggiore di tutte.»
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𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝑂𝑠𝑐𝑢𝑟𝑖𝑡à
FantasiaPRIMO CAPITOLO DELLA SAGA Il Giappone è una terra antica, fatta di onore, di sacrificio, di uomini valorosi disposti a dare la loro vita per difenderla. Eppure, non tutti sanno, che è anche un luogo in cui gli Yokai abbondano: demoni, esseri malevol...