PRIMO CAPITOLO DELLA SAGA
Il Giappone è una terra antica, fatta di onore, di sacrificio, di uomini valorosi disposti a dare la loro vita per difenderla. Eppure, non tutti sanno, che è anche un luogo in cui gli Yokai abbondano: demoni, esseri malevol...
Una volta notati Eijiro e Ichiro uscire dalla porta della Shoin Zukuri, Hiroto tirò un sospiro di sollievo prima che un sorriso maligno incurvasse le sue labbra secche a causa dell'afa.
«Bene, ora la casa dovrebbe essere vuota.» sibilò, pregustando già il momento in cui avrebbe messo le mani addosso a quella ragazza, facendola pentire amaramente dello sbaglio che aveva commesso a sfidarlo.
«Sbrighiamoci, non vorrei che tornassero prima del previsto.» li riprese Akinari, cominciando a camminare in direzione della porta. Immediatamente, i suoi complici lo seguirono.
Tutti e tre si guardarono intorno, senza quasi osare respirare per paura di emettere un rumore che li avrebbe traditi. In perfetto silenzio, scavalcarono i recinti e si diressero verso l'entrata. Hiroto stringeva fra le mani una lama ricurva, il manico era composto solo da bende che a malapena riuscivano a impedire la fuoriuscita della lama.
D'altronde, non erano sicuri che la ragazza fosse da sola: avrebbero dovuto prepararsi a ogni imprevisto.
Akinari aprì le porte, facendo ai due cenno di precederlo all'interno dello stretto corridoio che attraversava la Buke-Zukuri. Non appena i malfattori posarono le piante dei piedi sul pavimento immacolato, restarono per un attimo folgorati dalla pace che quell'ambiente, così pulito e ordinato, riusciva a trasmettere loro.
A portarli alla realtà ci pensò però la risata fragorosa della loro vittima, che dimostrava di essere piuttosto contenta.
Hideo voltò lo sguardo verso Hiroto, come per cercare nell'altro conferma che fosse proprio l'artefice di quella risata colei a cui avrebbero dovuto impartire una lezione. Trovò solo un silenzio pauroso che ammantava corpo del ragazzo, il quale stringeva così forte la lama d'aver cominciato a sanguinare.
Stava pensando, rimuginava su ciò che era accaduto al Kiyomizu-dera. Stava ripercorrendo con la mente ogni singola parola che era uscita da quelle labbra, alimentando il braciere della sua furia già infuocato di per sé.
Non aveva un piano, non aveva pensato a nulla, avrebbero fatto tutto in modo che quella notte si rivelasse più violenta e brutale del previsto.
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«Continua a raccontarmi ciò che è accaduto, Kotori-chan!» esclamò Nagisa, osservandola con gli occhi brillanti di curiosità. Da quando la figlia minore dei signori Tanaka aveva cominciato a raccontarle di aver trascorso la sua mattinata in compagnia di un ragazzo, la giovane serva aveva voluto sapere assolutamente ogni cosa.
Kotori si sentiva per lo più in imbarazzo, così cercò di liquidare il discorso con poche parole. La caviglia e il braccio le facevano ancora molto male e, nonostante le fasciature e gli unguenti, non si sentiva per niente meglio. «Ti ho già detto tutto, Nagi-san, e se te lo chiedi non è successo nulla fra di noi...»
La domestica sorrise, notando un sottile rossore apparire sul viso della giovane. Le diede un buffetto sulla fronte prima di cominciare a racimolare tutte le ciotole della cena che avevano consumato insieme. «Prima o poi dovrai prendere marito.»