🌸13(Parte II/II)

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Ryo aveva finito, inevitabilmente, per sentirsi messo da parte

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Ryo aveva finito, inevitabilmente, per sentirsi messo da parte. 

Quando Eijiro era svanito oltre il corridoio per tentare di parlare con Ichiro, Nobu e Minari avevano cominciato a discutere tirando fuori argomenti che non si sarebbero mai aspettati di trovare interessanti. Era una strana capacità, quella di Nobu, riusciva ad affascinare anche con il più insignificante dei ricordi usando solamente belle parole.

Ryo li fissava da mezz'ora, quasi invidioso della complicità che dimostravano di avere madre e figlio. Ogni volta che Nobu apriva bocca, Minari sorrideva dolcemente e ascoltava, realmente interessata a qualsiasi parola pronunciata dal giovane Shinigami. 

Parole che non avevano niente a che vedere con Ryo.

Solo lui era rimasto in silenzio, ad annoiarsi in compagnia dei propri pensieri. Per questo decise di alzarsi dal tavolino e inginocchiarsi accanto i cuscini su cui giaceva Kotori, totalmente persa nel mondo dei sogni. 

Ryo la guardò con un sorriso innamorato prima di piombare sui cuscini di peso, facendole sollevare le palpebre a causa del fastidioso rumore dell'impatto. I loro occhi si scontrarono e, per un secondo, il ragazzo si sentì in imbarazzo. 

«Ryo...» mormorò la giovane, con la voce impastata dal sonno e la gola secca. Il suo viso era illuminato di tutti i colori del tramonto così come quello del ragazzo, che aveva allungato una mano sul suo viso e le aveva scostato i ciuffi corvini dalla fronte. 

Stava quasi per aprire bocca e l'avrebbe rassicurata con una frase dolce, se non fosse stato per l'inaspettata presenza di Nobu sbucato improvvisamente alle sue spalle. «Vuoi approfittare del fatto che sia stordita per baciarla, forse?» lo sollecitò, con un tono malizioso che gli fece rizzare i capelli. 

Ryo si mise immediatamente a sedere, notando la figura di Minari inginocchiatasi proprio davanti la figlia che pian piano stava riprendendo conoscenza. 

Kotori si era sollevata dal suo giaciglio, si era umettata le labbra e aveva scorto lo sguardo preoccupato di Minari osservarla come non aveva mai fatto in vita sua. 

«Okaasama...» mormorò la ragazza, cercando di coprirsi le gambe con la stoffa stracciata del Kimono rosa. «Ho fatto male a uccidere quegli Yokai?»

Lo sguardo di Nobu e Ryo si concentrò sul corpo di Minari, il cui viso era corrucciato in una smorfia per niente contenta. La donna scosse lentamente la testa, come a cacciare via quella sensazione di inadeguatezza che le si era appiccicata alla pelle, decidendo di dirle la verità. «Non nego che avrei preferito aspettare un altro po', ma... io ho cominciato il mio tirocinio a dieci anni, non posso proteggerti per sempre. Sarà l'esperienza, alla fine, la maestra più valente di tutte.» 

Kotori continuò a guardarla, speranzosa. Era piena di sogni, di aspettative che vennero brutalmente infranti dal silenzio protratto dalla donna. Si aspettava una parola di conforto, un gesto gentile, un "sono orgogliosa di te" che non arrivò, lasciandola delusa. 

𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝑂𝑠𝑐𝑢𝑟𝑖𝑡àDove le storie prendono vita. Scoprilo ora