🌸1(Parte II/II)

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Non appena Kotori, vestita e sistemata, fece il suo ingresso all'interno della sala da pranzo, incrociò immediatamente gli occhi annoiati del fratello che se ne stava inginocchiato dinnanzi al tavolino basso e lungo

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Non appena Kotori, vestita e sistemata, fece il suo ingresso all'interno della sala da pranzo, incrociò immediatamente gli occhi annoiati del fratello che se ne stava inginocchiato dinnanzi al tavolino basso e lungo.

Indossava un Kimono scuro, che contrastava con quello di lei, di un verde acceso. La sua pelle emanava il profumo del bagno e i suoi capelli erano ancora leggermente umidi.

«Nii-sama!» lo salutò la bambina, prendendo posto accanto a lui su uno dei dodici cuscini color porpora che erano stati disposti intorno alla tavolata. «Lo hai visto?»

Ichiro sapeva perfettamente che la sorellina stesse parlando del loro padre, ma, suo malgrado, non poté fare altro che scuotere la testa in maniera afflitta. «No, Kotori, non l'ho nemmeno intravisto...»

La bambina abbassò lo sguardo, giungendo le manine in grembo.

La sala da pranzo sembrava essere troppo grande, vuota com'era, per loro due. I tatami erano marroni, come le pareti. Dei mobili semplici erano stati sistemati ai lati della stanza mentre alle loro spalle si ergevano delle ante scorrevoli lasciate aperte, in modo da avere una visione completa degli alberi di ciliegio, di pesco e di susino che si ergevano in tutta la loro fierezza al di qua dei recinti.

A causa della noia e della stanchezza, i due bambini ci misero poco a poggiare l'una la testa contro la spalla dell'altro e ad appisolarsi, con le espressioni corrucciate a causa della fame che continuava a infastidire i loro stomaci vuoti.

Solo quando avvertirono il rumore inconfondibile dei passi dei loro genitori si rimisero sull'attenti, le schiene dritte e gli occhi fissi sulle porte d'entrata.

Ichiro era in attesa, si torceva le mani sperando di poter rivedere il padre sano e salvo, mentre Kotori non faceva altro che torturarsi la corta frangia che le cadeva dinnanzi gli occhi.

Quando le ante cominciarono ad aprirsi, la prima a presentarsi davanti i loro occhi fu la loro madre.

Minari era bellissima, come sempre.

Il suo corpo alto e snello era fasciato da un Kimono del più puro rosso cremisi, che le si avvolgeva intorno alle curve con grazia, fermato in vita da un obi di un colore appena più scuro. La carnagione rosea del suo viso non aveva bisogno di alcun tipo di trucco per risaltare. Solamente le labbra carnose erano dipinte del colore del sangue, mentre gli occhi risplendevano di una luce serena che i due bambini riuscivano a vedere solo raramente nel suo sguardo severo.

I capelli lunghi, lasciati sciolti, le ondeggiavano sulle spalle come un mantello che sfiorava i polpacci, divisi da una riga al centro.

«Okaasama.» la salutarono i figli, chinando rispettosamente la testa al suo passaggio.

La donna sorrise appena, inginocchiandosi a propria volta di fronte a loro per lasciare che il marito facesse il suo ingresso trionfale, dopo i mesi passati sul campo di battaglia.

𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝑂𝑠𝑐𝑢𝑟𝑖𝑡àDove le storie prendono vita. Scoprilo ora