🌸 18(Parte II/II)

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I due gruppi si ritrovarono a condividere la stessa strada, malgrado le antipatie reciproche. Le statue dorate continuarono ad adornare lungo quel corridoio all'aperto per altri minuti, fino a che non scomparvero al limitare della città, dove una grande parete rocciosa si innalzava davanti agli occhi estasiati di Shin.

Era da quel punto che ci si trovava davanti a un bivio di due sentieri: quello a sinistra li avrebbe condotti nella parte bassa della città, dove si espandeva il quartiere di Soju in tutto il suo degrado, prendendo la destra invece si sarebbero trovati a dover percorrere una lunga scalinata marmorea che li avrebbe condotti all'Arena del Ricino.

«Dove andiamo?» domandò il ragazzino, tenendosi vicino alla figura di Eiko che lo guidò in direzione della scalinata. Lì, un gruppo di bambini si stava accingendo a percorrere i gradini di corsa, come se si stessero intrattenendo in una gara a cui Shin avrebbe voluto prendere parte.

Kotori, invece, aveva subito imboccato la gradinata, restando sempre poco distante dalla sua famiglia. Camminava lentamente, insieme alla calca di persone che aveva cominciato a solcare con lei quella via d'accesso delimitata a sinistra dalla parete rocciosa, da cui pendevano rampicanti e fiori di glicine profumati, e a sinistra da un corrimano di giada che avrebbe impedito a chiunque di cadere.

Il sole le batteva prepotentemente sulla testa, portandole calore e stanchezza. Così, arrivata a metà strada, Kotori si fermò per godersi il fresco settembrino sulla pelle lasciata scoperta dal Kimono corto. Inclinò la testa da un lato, lasciandosi accarezzare dal vento che si infilava sotto le vesti e tra i capelli.

Ryo, rimastole silenziosamente accanto, posò una mano sul corrimano prima di voltarsi lentamente a fissarla. Avrebbe voluto dirle qualcosa, ma le parole gli morirono in gola non appena la vide chiudere gli occhi per lasciarsi ristorare dal vento.

Sorrise appena, sentendo le guance imporporarsi. La trovava davvero bellissima e, se fosse stato per lui, avrebbe volentieri dato voce ai suoi pensieri. La figura di Eijiro, però, pensò bene di passare in mezzo ai corpi della figlia e dello Shinigami per rivolgere a quest'ultimo uno sguardo ammonitore che gli fece perdere tutta la fiducia.

«Kotori, continua a camminare, altrimenti non arriveremo più!» le disse alla fine, facendole cenno di seguirlo.

Lei gli sorrise e fece come le era stata ordinato, stavolta affiancata anche da Ichiro e dal fratellastro.

Kyoden, invece, si era di nuovo caricato la moglie in braccio per assicurarsi che la scalinata non le facesse sanguinare i piedi.

«Vedo l'entrata!» esordì Nobu, puntando un braccio in direzione di un Torii rossastro che segnava l'accesso all'Arena del Ricino, composta da una struttura di mattoni circolare che si estendeva per vari chilometri, ricoprendo quasi del tutto quel punto rialzato della Città Celeste.

I fiori rotondi e appuntiti del ricino si espandevano per il campo, confondendosi con le margherite selvatiche e i crisantemi che mostravano la loro bellezza al sole, profumando l'ambiente più che mai.

Una volta arrivati vicino al Torii, si fermarono tutti a prendere fiato prima di entrare per cercare posto. Gli ultimi fuochi d'artificio avevano preso a esplodere nel cielo, illuminando ancora una volta i visi degli Shinigami e quello di Mei, che aveva posato i piedini a terra in un impatto troppo violento. Un gemito di dolore aveva lasciato le sue labbra, attirando l'attenzione di Nobu e Ryo che le corsero subito accanto.

Persino i membri della gilda di Hideaki si erano voltati verso di lei, fissandola interessati e al tempo stesso impressionati da quei piedi minuscoli che non sembravano avere nulla di normale.

Solo Zeno si avvicinò a lei, osservando gli arti deformati della donna con interesse. Nemmeno quando ella si premurò di nasconderli sotto i veli gialli dell'hanfu l'espressione abbandonò il suo volto, infastidendo alquanto Kyoden.

𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝑂𝑠𝑐𝑢𝑟𝑖𝑡àDove le storie prendono vita. Scoprilo ora