Nell'aula di storia dell'arte i miei compagni sono intenti ad accomodarsi, mentre io mi guardo attorno alla ricerca di un volto familiare, pur sapendo di dovermi catapultare in un posto casuale, dato il mio ritardo. Noto Ilaria poche file davanti a me che mi fa cenno con la mano, quindi avanzo e mi siedo al suo fianco.
«Ciao, pensavo di essere in ritardo...» spiego.
«In realtà sì, ma il professore non è ancora arrivato.»
Tiro fuori quaderno e penna, notando che tutti hanno un tablet in mano per gli appunti, Ilaria compresa. Mi sento una novantenne ancora presa dalla voglia di scrivere a inchiostro, mentre sono circondata dalla tecnologia che avanza.
La lezione di storia dell'arte comincia con un nuovo professore, Fabio Brandi. Un uomo sulla sessantina d'anni e anche lui con una certa propensione per gli abiti eleganti.
L'unica cosa a cui riesco a pensare, durante la lezione, è che dovrebbero mettere le macchinette del caffè anche in classe, data la sua spiegazione alquanto noiosa. Cerco comunque di ascoltare, tra uno scarabocchio e un appunto, aspettandomi esami abbastanza pesanti.
Non che io tema alcun voto negativo, assolutamente. Ma di addormentarmi sul banco, invece, sì.
La mattinata si conclude con la lezione di grafica. Photoshop è sempre stato un grande punto di domanda per me: avendolo sempre utilizzato solamente per regolare luci e colori, nelle mie fotografie, è stato come entrare a far parte di un nuovo mondo.
Saluto Ilaria e mi fiondo a casa, mangio un panino veloce e decido di uscire a scoprire questa grande città: è una bellissima giornata, ne voglio approfittare per scattare due fotografie in piena libertà.
Accendo il mio ipod e infilo le cuffiette, che riproduce The show must go on dei Queen.
Sulla metro trovo alcune scene fotograficamente interessanti: coppie di giovani che si baciano timidamente, artisti con chitarre e fisarmoniche che emettono melodie contrastanti, ragazzi con la testa china sui loro cellulari, musica nelle orecchie e vagoni praticamente vuoti.
Accendo la reflex e scatto una fotografia a un vagone deserto, i cui vetri sono decorati da graffiti e disegni astratti colorati lungo le pareti, messi in risalto dalla luce fredda dei neon. I luoghi isolati mi hanno sempre dato una certa ispirazione, che siano quattro semplici mura o una periferia.
Scendo alla fermata del Duomo, dirigendomi alla galleria di Vittorio Emanuele II; per oggi, sarò solamente una turista.
Ho sempre amato i palazzi, le gallerie, le lunghe vetrate, il cemento: un genere di fotografia che non potevo sperimentare dove vivevo prima, quindi mi sbizzarrisco come non facevo da tempo.
Le arcate di vetro che trovo alzando gli occhi al cielo, leggermente colorate da esso, attirano la mia attenzione e le fotografo da più prospettive. Le forme geometriche e floreali scolpite lungo la struttura, verso il soffitto, non possono non essere riprese da vicino tramite zoom.
Tra un click e l'altro, immersa tra vie conosciute e palazzi degni di essere ripresi, non mi rendo conto che sono già le sette di sera. Mi devo affrettare a tornare verso casa, tra poco inizierà a fare buio e ho sempre nutrito un certo timore verso di esso.
Mi reco alla metro, con le mie due borse piene di attrezzatura che iniziano ad avere un certo peso. Se fossi nata abbastanza intelligente da capirci qualcosa nella tecnologia, avrei inventato delle macchine fotografiche di gomma piuma. Mi sarei risparmiata il mal di schiena perenne e, sempre in un universo parallelo, avrei fatto i milioni. Altro che casse automatiche nei supermercati e cucina molecolare: le Reflex leggere sono il vero futuro.
Prendo posto in un vagone libero, nel quale l'unica persona presente è un ragazzo, intento a leggere quello che sembra un manuale di fotografia. Lo fisso incuriosita dalla sua lettura e mi sembra di averlo già visto. Ha l'aria cupa, i capelli lunghi e lisci che mi ricordano lo stile punk ai tempi delle scuole medie. Pare disinteressato al mondo circostante e rimane seduto a gambe ben distese, rilassato.
Dopo dieci minuti di viaggio passati a studiarlo da lontano, mentre ogni tanto alzava lo sguardo e io mi fingevo disinteressata cambiando direzione con gli occhi, mi alzo per prepararmi a scendere. Lui si alza con me, forse abita nel mio stesso quartiere.
Lo lascio passare, assieme al gruppo di pendolari frettolosi, scendendo per ultima, evitando di rimanere schiacciata e camminando a passo veloce verso casa.
Non amo rimanere fuori casa da sola quando cala la sera, ho sempre nutrito un po' di timore verso il buio. Basta sapere che dormo ancora con una piccola abat-jour accesa la notte, a forma di fragola, segno di grande coraggio per la mia età.
"Neanche avessi due anni!" tende a ricordarmi la mia coscienza.
La prudenza non è mai troppa, specie in città.
Accendo il mio portatile, collego la reflex e guardo i miei scatti di oggi, addentando l'ennesimo panino della giornata.
Nella galleria, oltre alle arcate, ho notato di sfuggita un uomo anziano seduto al tavolo di un bar, con una folta barba poco curata collegata ai baffi, i capelli lunghi e brizzolati, stile mago Merlino. Beveva un caffè, intento a leggere le notizie del giorno, circondato da tre ragazzi giovani intenti a guardare i loro cellulari, così ho deciso di immortalare la scena. Il personaggio distinto e la sua diversità in quell'ambiente moderno hanno colpito il mio occhio, anche se la fotografia di strada non è il mio genere.
Scorrendo la cartella noto di aver ripreso anche una struttura moderna, sede di una qualche fiera, di cui mi ha incuriosito la ripetizione di riquadri esterni in fila dal più vicino al più lontano per gradazione di colore, sullo sfondo completamente bianco della costruzione.
Trattandosi dei miei primi esperimenti urbani, ne sono pienamente soddisfatta.
Decido di darmi una rinfrescata sotto la doccia e mi perdo nei miei pensieri.
Mi torna in mente l'aria conosciuta di quel ragazzo in metro. Notando il suo libro è sicuramente un appassionato di fotografia, fuori dai soliti standard di un ragazzo vestito e curato in ogni dettaglio, ma non sono nemmeno riuscita a guardarlo negli occhi. Una persona dall'aspetto intrigante, ma che probabilmente non rivedrò nemmeno più.
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Caffè, amore e fotografia (Completa)
ChickLitSofia è una ventunenne romana con il grande sogno di diventare una fotografa professionista. Decisa a realizzarlo, si è da poco trasferita a Milano per studiare in una delle migliori accademie d'arte Italiana. Ricominciare da capo, da solitaria in u...