Leonardo
«Sofia!» esclamo, svegliandomi di soprassalto. Sono impregnato di sudore, con il respiro pesante, in un letto che non è il mio. La luce fioca del mattino quasi non arriva ai miei occhi e il dolore lancinante alla schiena non appena cerco di mettermi seduto non è certo ciò che avevo in programma per oggi.
Cerco di assumere una postura decente, tra una smorfia di dolore e l'altra, mentre mi guardo attorno. Poggio le mani sul viso, sentendo un lieve dolore al naso mentre respiro e la presenza di una garza sulla fronte. Giulia è seduta su una poltroncina scomoda alla mia destra, che dorme profondamente, senza aver minimamente sentito il mio risveglio. C'è un piccolo mobiletto di fronte a me, asettico, e un tavolino con le rotelle, come quelli dell'asilo, alla mia sinistra, su cui è appoggiata una borsa che riconosco facilmente.
Se sono in ospedale, spero di rimanerci il meno possibile. Soprattutto con un solo pezzo di stoffa bianco addosso e nudo come un verme sotto di esso. Ma il mio pensiero più importante, al momento, è riuscire a contattare la mia ragazza e assicurarmi che almeno lei stia bene. Se quei bastardi si sono azzardati anche solo a contattarla dal mio cellulare, li ammazzo uno a uno.
L'infermiera mi distrae momentaneamente dai miei pensieri, spalancando la porta e le finestre, finendo per svegliare anche Giulia che, quando mi vede cosciente, corre ad abbracciarmi.
«Ma allora sei vivo!» esclama, con le lacrime agli occhi.
«Vivo, ma non troppo vegeto. Se continui a stringermi in questo modo potrei raggiungere presto l'altro mondo» ammetto, ironico.
«Oh, scusami. È che pensavo...» sussurra, allentando la presa con voce spezzata.
«Giulia, sono qui ora.» La rassicuro.
«Ehm, buongiorno. Gli devo controllare la pressione, se non le dispiace, signorina» esclama categorica l'infermiera di turno, estraendo dal camice il piccolo macchinario elettronico e una cartelletta.
«Certo, esco» risponde mia sorella.
La ragazza mi pone le solite domande di routine, tastando ogni punto dolente del mio corpo e facendomi sussultare a ogni tocco, accennando nel frattempo a un altro giorno di ospedale, esattamente ciò che non vorrei. Devo assolutamente contattare Sofia, almeno per comunicarle che non sono sparito dalla faccia della terra: si sarà preoccupata da morire, conoscendola.
Dannazione!
«Leo, ci sono le forze dell'ordine, qui fuori» dice Giulia, mettendo piede nella stanza. «Posso farli entrare?»
«Le forze dell'ordine? Come mai sono qui?» chiedo, dubbioso. «Sanno qualcosa?»
«Sì, sono arrivati quando sei svenuto, appena in tempo.»
«Falli entrare, allora» affermo.
Due agenti vestiti di blu, posati e di mezza età, entrano in camera, lasciando uscire mia sorella e chiudendosi la porta alle spalle. La loro espressione severa mi mette in soggezione, ma la paura si placa quando mi salutano, cambiando atteggiamento.
«Salve, non volevamo disturbarla, ma assicurarci che lei non abbia subito danni estremamente gravi. La denuncia verso i delinquenti verrà compilata di conseguenza alle sue risposte» annuncia colui che pare il comandante, tranquillo.
«Sono pronto ad ascoltarvi» affermo.
«Bene. Ieri sera, verso le otto e trenta, lei è stato aggredito all'uscita della metro da tre ragazzi. Loro non hanno voluto esprimersi, si sono limitati a scappare per poi venire arrestati, ma la loro fedina penale non dice niente di buono. Perciò, ci racconti la sua versione dei fatti, per favore.»
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Caffè, amore e fotografia (Completa)
ChickLitSofia è una ventunenne romana con il grande sogno di diventare una fotografa professionista. Decisa a realizzarlo, si è da poco trasferita a Milano per studiare in una delle migliori accademie d'arte Italiana. Ricominciare da capo, da solitaria in u...