Capitolo 25 - Sentirsi a casa

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L'espressione stupita di Leonardo quando entro nel salone quasi vale il dolore che ho ai piedi per aver indossato i tacchi di Ilaria. Mi viene da ridere, ma non riesco a evitare un improvviso rossore quando mi accorgo che il suo sguardo sta studiando il mio corpo in ogni forma. 

«Sei bellissima, a costo di sembrare parecchio ripetitivo» afferma in un sussurro, mentre prendo posto al suo fianco.

«Grazie, anche tu non sei male con la camicia» rispondo ironizzando, cercando invano di scacciare il calore che sento sulle gote.

Non posso non notare la sua eleganza, insolita esattamente come la mia. Tramite un semplice pezzo di stoffa bianco, i capelli in ordine e l'assenza della barba, è riuscito a essere ancora più bello del solito e ciò fa traballare lievemente i miei ormoni. Questo stile in un uomo dovrebbe essere considerato patrimonio dell'umanità.

«Direi di iniziare a mangiare» propone Ilaria. «Guardate che buffet!»

Mi volto verso il tavolo su cui si presenta ogni tipologia di pietanza esistente e li seguo con l'acquolina in bocca. Sembra essere stato apparecchiato appositamente per far ingrassare le persone golose come me. Prendo un piatto e lo riempio con qualche tartina di vario tipo, cercando di trattenermi per lasciare spazio alle prossime portate.

«Se questo vestito prenderà una brutta piega a fine serata sarà solo colpa di tutto questo ben di Dio!» dico noncurante appena prendiamo posto.

«Sarebbe meglio se prendesse una brutta piega per ciò che non ha a che fare con il cibo...» mi intima la mia amica, facendomi l'occhiolino. Le lancio un'occhiataccia; in un modo o nell'altro sa sempre come mettermi in imbarazzo. Spero solo che i due ragazzi non sentano tutto ciò che esce da quella bocca.

Nonostante sembri una cena combinata a coppie, mi sento stranamente a mio agio e il tempo trascorre velocemente. I piatti sono una bontà e i due innamorati scherzano con noi in modo del tutto naturale, come se fossimo amici da una vita.

Noi.

Non so nemmeno come definire me e Leonardo. Ho atteso inconsciamente quel primo bacio per molto tempo e ora che è successo sono incredula persino di essere seduta al suo fianco.

«Che ne dite se andiamo a sentire cosa ci deve dire il professore e poi leviamo le tende?» propone Marco.

«Sono pienamente d'accordo» afferma Leonardo, prima di prendere la mia mano e legarla alla sua con spontaneità. Un gesto tenero che non mi aspettavo davanti all'intera sala, ma che mi dona una strana sicurezza, piuttosto che il solito imbarazzo.

***

La laguna in tarda serata appare tranquilla, ma i turisti che ne percorrono le vie ai lati, passeggiando in tranquillità e scattando qualche fotografia, non mancano mai. Le luci calde dei lampioni, il cielo intriso di stelle e le gondole legate a bordo delle vie, rendono Venezia ancora più affascinante nelle ore notturne.

Passeggiando con Leonardo mano nella mano, come una di quelle coppie innamorate che ho sempre ammirato da lontano, tutto sembra avere un altro aspetto.

«Ti va di andare a bere qualcosa?» propone.

«Certo. Possibilmente dove non chiedono un organo per bere un caffè, questa città è famosa anche per questo» acconsento, ironica.

«Non ti preoccupare del conto» ridacchia. «Qui può andare?» chiede, indicando un bar a luci soffuse.

L'atmosfera è accogliente e il locale piuttosto intimo. Le luci aranciate mettono in risalto alcuni dipinti astratti alle pareti, lasciando il resto della sala illuminata solo dalle stesse luci. Un cameriere dietro il bancone di legno armeggia con alcune bottiglie di vetro, riflettendo i colori artificiali. Davanti a noi è presente solo una coppia che si gusta il proprio drink in tutta tranquillità.

Prendiamo posto vicino all'uscita per goderci ugualmente il paesaggio esterno, anche se gli occhi di Leonardo incontrano spesso i miei, regalandomi una vista di cui non posso certo lamentarmi.

«Buonasera, cosa posso portarvi?» Si rivolge a noi il giovane barista.

«Per me solo un caffè, grazie» rispondo, semplicemente.

«Vada per due caffè, allora» conclude Leo.

Quando il ragazzo si allontana, lo guardo stranita. «Sei la prima persona che non lascia osservazioni sul bere caffè di sera» osservo.

«Perché, solitamente cosa ti dicono? Io bevo il caffè a tutte le ore; non solo per svegliarmi, insomma. Di mattina è troppo scontato, non credi?» Sorride.

«Forse qualcosa in comune lo abbiamo» affermo, ironica.

«Beh, il caffè, la fotografia...» sussurra pensante. «Chiederti il tuo colore preferito sarebbe troppo infantile?»

«Scontato esattamente come il caffè al mattino!»

«Quando compi gli anni?»

«Dimmi che non hai preso queste domande da un questionario dedicato ai primi appuntamenti...»

«Non sono un uomo così disperato» sorride sotto i baffi. «Forse.»

Leonardo sembra essere una delle poche persone che coglie e condivide la mia sottile ironia senza porsi nessun problema, così trovo una piacevole complicità tra di noi. I nostri sguardi si incrociano nuovamente, mentre sorseggiamo il nostro caffè. Ogni tanto sulle nostre labbra spunta un sorriso spontaneo.

«Però una domanda davvero importante devo fartela...» dice serio, distaccato, mentre siamo in procinto di uscire. Impallidisco istintivamente, aspettandomi la proposta peggiore del mondo. Sapevo che non poteva essere tutto così perfetto. 

«Oh, dimmi...»

«Ma non ti stai ammazzando i piedi con quelle scarpe? Sembrano essere state inventate per far soffrire le donne! Come fai?» Esclama, preoccupato. «Ti ho spaventata?» Ride.

Sento l'ansia tornare a chiudersi velocemente nel suo guscio mentre mi rilasso sul posto, scoppiando di rimando a ridere. Sono la solita esagerata. «In effetti un po' sì, mi aspettavo chissà quale domanda! Comunque sono di Ilaria. Li ho indossati per poter uscire dalla stanza, altrimenti mi avrebbe rinchiusa. Fanno anche abbastanza male, ormai, hai ragione» concludo, con una smorfia dolorante.

«Toglili» afferma, senza alcun velo di ironia.

«Qui? In mezzo alla strada?»

«Qui, sì. Che male c'è? Camminare scalzi è bellissimo, in questo momento per te sarebbe anche liberatorio!»

«Non mi sembra il ca...»

Non faccio in tempo a concludere la frase che mi ritrovo tra le sue braccia, sollevata da terra come nelle favole. Lascio un breve urlo strozzato per il gesto inaspettato.

«Oppure, potrei tenerti sollevata per il resto della serata, che ne dici?» Mi sussurra vicino all'orecchio.

La stretta delle sue mani calde sul mio corpo aumenta e il suo tocco deciso mi causa un piacevole brivido lungo la schiena. Mi adatto alla sua presa cingendogli il collo con le braccia, non solo per sentirmi più sicura, ma per avvicinarmi a lui. Poggio la testa nell'incavo tra la sua spalla e il collo; il dolore ai piedi sembra non essere mai esistito, lasciando spazio al senso di protezione da cui sento sommergermi del tutto, per la prima volta a contatto con il suo corpo. Mi rilasso, cullata dai suoi passi e dal leggero suono dell'acqua che scorre in sottofondo, senza pensare a nient'altro.

Servono realmente tutte quelle parole, quelle domande personali per conoscersi, quando, alla fine, la propria beatitudine si scopre nei momenti di assoluto silenzio?

Caffè, amore e fotografia (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora