Leonardo
Chiara si ferma davanti al bancone, accomodandosi su uno sgabello alla mia altezza. La guardo dritta negli occhi cercando di non lasciar trasparire alcuna emozione. Le sue iridi appaiono fredde come il ghiaccio e non sono per nulla rassicuranti. Il viso è provato dalla stanchezza e una coda di cavallo ne mette in risalto le occhiaie evidenti che ha cercato di coprire con il troppo trucco. Me la ricordavo bella e talmente curata da non avere nessun difetto apparente, il contrario di ciò che ora sembra. Il Leonardo di qualche anno fa se ne preoccuperebbe, ma i suoi problemi, se ne ha, non sono più miei.
«Che ci fai tu qui?» Le chiedo. Nel vederla di fronte a me dopo tutto questo tempo mi è difficile mantenere un tono neutrale.
Passano alcuni interminabili secondi prima di ricevere una risposta.
«Sono qui per te» afferma.
La sua risposta è come un pugno in pieno petto che non saprei nemmeno come definire. Non è imbarazzo o amore, piuttosto irritazione.
«Hai avuto tutto il tempo del mondo per venire da me» rispondo, secco.
«Lo so, ma sai come sono fatta, no?» Cerca di sdrammatizzare, eppure non trovo alcun valido motivo per ridere. «Sono qui solo per parlare, tranquillo. Dammi una possibilità. Da amico.»
«Non posso definire amica una persona che è sparita senza alcuna spiegazione» rispondo noncurante, cercando di mantenere la calma solo per rispetto verso il locale. «Comunque, va bene, ma fuori dal mio posto di lavoro» taglio corto.
«Al tuo parchetto, alle otto. Ti aspetto lì.»
Le faccio un cenno di assenso con il capo mentre lascio il bancone. Si allontana con le sue esili braccia strette in vita, lasciando sbattere la porta alle sue spalle mentre esce.
Preso dal nervoso che provo al momento rischio quasi di rovesciare l'intero contenuto del vassoio.
La coppia felice, che alcuni minuti prima sembrava una visione romantica, ora mi causa solo un enorme groppo allo stomaco.
Mi chiudo per alcuni attimi nel bagno privato del bar, cercando di respirare profondamente e smaltire il senso di ribrezzo che sto provando. Tentativo quasi nullo.
Cosa vuole da me, se fino a oggi non sapeva nemmeno che fossi ancora al mondo?
***
Il suo ritorno è riuscito persino a trasformare il mio amato rifugio isolato in un luogo pieno di ansia. Il vento ha smesso di spargere foglie colorate lungo la distesa d'erba autunnale e il sole splendente non sembra voler scaldare il mio animo, in questo momento tremendamente agitato.
Sono le otto in punto e la vedo imboccare lo stradello che porta verso la panchina su cui mi sono accomodato. Si porta una sigaretta alla bocca e fa un ultimo tiro prima di sedersi accanto a me.
Per qualche minuto regna il silenzio e, anche se non la guardo, sento la pesantezza dei suoi pensieri addosso. Sta probabilmente ripetendosi mentalmente il discorso che si è creata prima di presentarsi qui; precisa e calcolatrice fino al midollo, come è sempre stata.
Nell'attesa di un suo cenno, accendo l'ennesima sigaretta dell'ora, sperando di alleggerire l'aria tesa che sento fin dentro le ossa. È un controsenso da sempre: il fumo alla lunga uccide, ma tenere una sigaretta tra le labbra e aspirarne la nicotina mi fa sentire, per alcuni secondi, vivo.
«Ho pensato molto a queste parole» dice, finalmente, in un sussurro. «Quando mi hanno annunciato che avrei svolto il tirocinio in questa città, la prima persona a cui ho pensato sei stato tu» ammette.
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Caffè, amore e fotografia (Completa)
ChickLitSofia è una ventunenne romana con il grande sogno di diventare una fotografa professionista. Decisa a realizzarlo, si è da poco trasferita a Milano per studiare in una delle migliori accademie d'arte Italiana. Ricominciare da capo, da solitaria in u...