Capitolo 22 - Il viaggio

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Carico in spalla lo zaino contenente l'attrezzatura fotografica e chiudo il mio trolley nero, sperando di non essermi dimenticata nulla. Lascio l'appartamento e mi dirigo verso la metro, che a quest'ora del mattino non dovrebbe essere neanche troppo affollata, anche se questo è il mio pensiero minore al momento.

Mi attendono quattro ore di pullman per arrivare a Venezia. Questa notte ero talmente agitata per la partenza che non sono riuscita a chiudere occhio, un po' per l'ansia di perdere la sveglia e un po' per la continua presenza di Leonardo in settimana. In questi giorni sono riuscita a evitarlo di striscio, entrando e uscendo dall'accademia frettolosamente. Ieri ha cercato di avvicinarsi a me, ma sono praticamente scappata. Non nego sia un comportamento infantile; probabilmente affrontarlo mi avrebbe aiutata a togliermelo definitivamente dai pensieri, ma è stato più forte di me. In più sentirlo parlare felice della sua vecchia fiamma non è di mio interesse. 

Quando sono agitata, tendo a scacciare i pensieri spiacevoli con la musica. I Metallica sanno sempre come farmi scaricare la tensione: le note di Seek & Destroy  trasmettono adrenalina e mi viene voglia di alzarmi per scuotere i capelli a ritmo di musica. Se non altro, regalerei un po' di vita a questo vagone carico di apatia.

«Sofia! Siamo qui!» Mi chiama Ilaria dall'altra parte della strada, affiancata da Marco.

«Ciao ragazzi» li saluto. Do uno sguardo al pullman alla ricerca di qualche altro volto conosciuto e scorgo solo il professor Ludicoli seduto sugli scalini, intento a parlare con l'autista. «Ma tutti gli altri?» 

«Sono saliti quasi tutti. Noi siamo arrivati prima per prendere i posti in fondo.»

«Ah, mancavo solo io quindi.» Pensavo di essere persino in anticipo quando sono uscita di casa.

Appoggio la valigia nell'apposito spazio e salgo assieme alla coppietta novella. In realtà Ilaria non mi ha più raccontato molto di loro due, ma a giudicare dal bacio a stampo che le ha lasciato mentre caricavo la valigia, di certo non si possono definire sconosciuti. 

«Ah, quasi dimenticavo! Leonardo prima ti cercava e gli ho proposto di sedersi con noi durante il viaggio, così avrete anche modo di parlare...» mi sussurra Ilaria in tono ironico.

«Perché?» chiedo, fulminandola con lo sguardo.

«Beh, diciamo che c'è stato un piccolo malinteso tra voi due» risponde convinta, facendomi un occhiolino.

«Malinteso? Ti devo ricordare cosa è successo?» Le chiedo, mentre mi blocco a metà del pullman. 

«Tesoro, parlare con lui è l'unico modo per sapere tutto. Devi affrontare la situazione, credimi. Ora andiamo a sederci che siamo in partenza.»

La seguo mentre si dirige ai nostri posti e mi accomodo nel sedile vicino al finestrino per poter osservare la città che lascio alle mie spalle, assieme alla sicurezza e all'abitudine. Ci sono altri due posti vuoti a separarmi da lui, ma inevitabilmente mi sento turbata.

Di cosa dovremmo parlare? Cosa sa lei che io non so?

La scena del parco parlava chiaro, senza bisogno di essere spiegata; persino un bambino avrebbe riconosciuto i loro gesti come una chiara dimostrazione di affetto. Lui stava baciando un'altra dopo avermi detto che non era pronto a ricominciare, che sia o meno la sua ex ragazza la situazione non cambia di una virgola: non è me che vuole. 

«Ragazzi, siamo in partenza! Mi raccomando, non fate troppo rumore e non date fuoco al pullman, altrimenti mi tocca pagare i danni!» Esclama il professore con un piccolo microfono. La classe scoppia a ridere. 

Believer degli Imagine Dragons echeggia a tutto volume nel veicolo, che per quanto grande sembra essere estremamente stretto, mentre io riesco solo a pensare di voler staccare la spina che collega il cuore al cervello e scendere di qui il prima possibile. Questo viaggio sarà ancora più lungo del previsto.

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