Capitolo 14 - Pioggia improvvisa

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Leonardo distoglie lo sguardo e con il cenno di una mano mi invita a parlarne dopo. È come se fosse appena diventato il nostro piccolo segreto, davanti all'aula ignara degli avvenimenti di questi giorni.

Mentre il professor Ludicoli proferisce parola blaterando qualcosa di positivo riguardante il progetto, che ascolto a stento, non riesco a distogliere lo sguardo dalla mia fotografia alla rosa. Mi sento quasi in imbarazzo per averla presentata davanti alla classe. È come se avessi esposto qualcosa di personale, intimo, nostro.

Quando torno al mio posto, Ilaria mi sussurra: «Cosa ti avevo detto?». Sono certa che vorrà sapere tutto il resto. Non ho problemi ad aprirmi con lei, se non fosse per il fatto che "un resto" non so nemmeno se ci sarà.

Dovrei gioire nel sapere finalmente di chi si tratta, invece il mio stomaco inizia a brontolare, questa volta non in segno di fame ma di una pessima sensazione.

***

Mi sono trovata in mano un biglietto da parte di Leonardo, trovato dentro la mia giacca di pelle mentre me la toglievo. Per poco non finiva perso nei meandri oscuri della mia camera.

Mi ha dato appuntamento al parco dietro casa mia e non so nemmeno cosa aspettarmi. Il mal di stomaco non sembra abbandonarmi, conto i minuti che mancano allo scoccare dell'ora. L'ansia in queste situazioni è la mia peggior nemica. È così che si sentono le persone quando provano sentimenti verso qualcuno? E io provo realmente qualcosa per lui?

Cammino verso il parco a passo lento; è come se la città avesse preso il colore delle mie preoccupazioni, mentre il cielo si tinge di grigio e gli alberi imponenti si incurvano a ogni raffica di vento.

Leonardo è in anticipo seduto sulla solita panchina. Questa volta non sorride; ha la testa china e sembra perso nelle sue piccole tenebre.

Mi fermo davanti a lui, fissandolo a braccia conserte e aspettando uno dei suoi sguardi intensi, che però non arriva.

Passa circa un minuto prima che apra bocca e ne sembrano passati almeno dieci, poi pronuncia le parole che, in cuor mio, mi aspettavo.

«È più complicato del previsto» inizia, senza nemmeno riuscire a incontrare il mio sguardo. «Non posso negare di averti notata fin da subito, con i tuoi capelli e il tuo abbigliamento inusuale in una città piena di eleganza, il tuo sguardo perso in metro nei tuoi stessi pensieri. Non sapevo se ti avrei rivista dopo quella sera, ma poi sei ricomparsa in accademia» continua, mentre rimango incredula. «Ti ho trovata persino sul tuo sito e da lì ha iniziato a balenarmi in testa l'idea che il destino esiste. Solo che io, al momento, non sono capace di coglierlo» conclude d'un fiato, come se si fosse liberato di un peso.

Rimango senza parole.

«Ho aggiunto la citazione al progetto per rispondere alla domanda che probabilmente ti sarai posta negli ultimi giorni. Sono sincero, Sofia, ma ho vissuto situazioni che non mi permettono di andare avanti, per ora. So che a chiunque potrebbe sembrare stupido, probabilmente lo è, ma mi sento... bloccato» afferma, guardandomi finalmente negli occhi. Se uno sguardo triste potesse parlare, sarebbe il suo.

«Sai, io non so cosa ti è successo, so solo che da quando sono qui per me è tutto nuovo. Sono così abituata alla solitudine che... che per una volta mi ero illusa potesse essere diverso» rispondo, non trovando le parole giuste per continuare.

«Non è colpa tua. Ho visto talmente tante persone andarsene, tra genitori che hanno sempre preferito viaggiare piuttosto che crescere i loro figli, amici presi dalle droghe vicini a me solo quando avevano bisogno di soldi e poi... poi la mia ex ragazza, troppo presa da sé stessa per accorgersi del male che mi ha fatto. Tutti scappano da me, capisci?» La sua voce si è ridotta a un sussurro strozzato da lacrime che non vuole lasciare andare, eppure non sa quanto gli farebbe bene. «Ma tu sei come una calamita, più cerco di allontanarmi, più mi attrai. Eppure non posso renderti felice, non sarei in grado di farlo.»

È una situazione così strana per me ritrovarmi davanti a una persona combattuta, a un uomo cresciuto troppo in fretta e pieno di paure, che ha appena condiviso con me una buona parte del suo passato. Vorrei abbracciarlo, stringergli le mani e fargli sapere che il passato è passato e io non sono come loro. Se qualcuno mi entra dentro, ci resta, ma questo lui non lo sa. Tutto ciò che riesco a fare, come una codarda, è rimanere immobile per diversi minuti, ferita davanti a quelle parole.

A quanto pare, i sentimenti li provo eccome. A quanto pare, non sarebbero comunque abbastanza. Quando nuotiamo troppo nei ricordi, ci portano ad annegare con loro.

«Io... credo sia meglio che vada» dico solamente.

Leonardo si alza lentamente dalla panchina e, senza proferire parola, gira i tacchi in direzione opposta.

Mentre la sua figura è ormai sparita all'orizzonte, silenziosa e lontana dal mio cuore, un tuono mi riporta alla realtà. Iniziano a cadermi alcune gocce sui capelli, ma io rimango lì, ferma, per un tempo indefinito, lasciando che l'acqua impregni i miei vestiti e mi bagni il viso, i capelli, l'anima.

Il cielo si fa sentire, ma nella mia mente sento solo un grande silenzio.

***

«Così se n'è andato, senza dire nulla» spiego a Ilaria, appollaiata sul letto a subire da un'ora la mia frustrazione. Me la sono trovata sotto casa mezz'ora dopo averla chiamata, con due pizze margherite e un chilo di gelato al cioccolato in mano. Aveva già intuito tutto da sola, tra la mia voce incerta e il fatto che io non chiamo mai nessuno. Ci conosciamo così poco, eppure sembra capirmi al volo.

«Ma ero così convinta! Ti guardava come se non vedesse altro al di fuori di te. Poi, regalare una rosa a una donna non è da tutti, è all'estremo del romanticismo. Non può finire così» sentenzia, alzandosi a prendere due cucchiai dalla cucina.

«Non è nemmeno iniziata, Ila. Dovevo lasciarlo perdere sin da subito, ma...» Prendo una grossa cucchiaiata di gelato e mi imbocco, mentre una lacrima inizia a rigarmi il viso. Sembro una di quelle donne appena separate dopo anni di matrimonio, che riversano la loro disperazione nel cibo. Non mi sono mai sentita così.

«Ma ti sei affezionata senza rendertene conto, è così che succede» conclude la frase che avevo lasciato in sospeso, poi si alza come se avesse un lampo di genio. «Ho un'idea!»

Non so se essere terrorizzata o curiosa, nel dubbio le faccio cenno di continuare.

«Tu nei prossimi giorni non ti fai sentire, in classe lo ignori e non ti giri mai nella sua direzione. Non lo fissi, sorridi come se non esistesse» sentenzia, con un ghigno sul viso. «Vedrai, si renderà conto che non può starti lontano. Come diceva qualcuno, anche se non ho idea di chi, l'indifferenza è l'arma migliore!»

La guardo di traverso. «Come se fosse facile. Tanto vale che rimango a casa da lezione.»

«Ma sei un genio! Prenditi qualche giorno libero, si chiederà dove sei sparita!»

«Una combo perfetta per farmi abbassare ogni media possibile ancor prima che inizino gli esami!» rispondo, con un velo di acidità nella voce.

«Forse hai ragione, ma allora fai come ti dico. Devi fargli sentire la tua assenza, tesoro» Mi da un bacio sulla fronte. Rimango quasi sbigottita, da lei mi aspetto di tutto tranne che tenerezza. Eppure le sorrido, grata di averla al mio fianco.

«Ma... a proposito di uomini. Marco?» chiedo, cambiando discorso.

«Marco cosa?» È la prima volta che la vedo in difficoltà. Mostra un evidente imbarazzo, iniziando a giocherellare con qualche ciocca dei suoi capelli. Ho centrato il punto.

«Lo sai perfettamente, questa volta non la scampi! Raccontami qualcosa. E che sia felice, possibilmente.»

«Beh, ecco, noi... siamo usciti ieri sera. Mi ha portata a cena in un ristorante di pesce, vicino al centro. Ci sentiamo per messaggio da quando è iniziato il progetto e... beh, niente, tutto qua» sospira, poco convinta.

«Tutto qua? Qualcosa non va?» le chiedo.

«È che mi fa stare così bene che quasi non ci credo...» continua.

Credici, amica mia, almeno tu.

Passa un'altra mezz'ora mentre mi racconta della loro frequentazione. La sento così rilassata quando descrive i loro momenti insieme. Spero almeno nella sua felicità, se la merita.

Le sorrido e la ringrazio, mentre la saluto all'uscita di casa mia, grata di aver trovato un'amica degna di essere chiamata tale.

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