Capitolo 11 - Pensieri notturni

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Leonardo

La notte, riempita da un silenzio frastornante, sembra essere fatta apposta per smuovere i pensieri che alla luce del sole giocano a nascondino.

Questo parco è privo di vita, come ha affermato Sofia, eppure è l'unico luogo in cui riesco ad ascoltarmi. Seduto qui, su una panchina ormai distrutta a gambe incrociate, non riesco a smettere di pensare a lei. Avrei dovuto seguirla fin sotto casa, farle sentire il mio reale interesse nei suoi confronti e concludere con un abbraccio l'atmosfera che si era creata tra noi il giorno precedente. Ma confessarle che dal giorno in cui l'ho vista per la prima volta non me la tolgo dalla testa, come se averla incontrata fosse il segno di un destino che non avrei mai immaginato, probabilmente la spaventerebbe.

Nonostante ciò, mentre la guardavo allontanarsi dal bar poche ore fa, non riuscivo a decifrare una ragione per cui lasciarmi trasportare da un sentimento che negli anni ha lasciato in me solo dolore e solitudine. Dare spazio alle emozioni è pericoloso; lo dimostra il fatto che do sempre ciò che posso con chi ho al mio fianco, ma finisco per raccogliere i cocci del mio cuore quando, in punta di piedi, tutti si allontanano.

La mia vita è un'eterna lotta contro ricordi lontani, che tornano impavidi a bloccarmi il cammino non appena mi lascio andare.

La continua vibrazione del cellulare mi distoglie dalla mia apparente disperazione.

«Finalmente una risposta! Ma dove ti sei cacciato? Ti aspettiamo da almeno mezz'ora!» sbraita mia sorella dall'altro capo del telefono. La cena con il suo nuovo fidanzato non era certo uno dei miei primi pensieri.

«Scusa, mi ero dimenticato. Arrivo.» Chiudo la conversazione con l'insana voglia di mandare tutto al diavolo e rinchiudermi in me stesso, convinto che Giulia preparerebbe il mio funerale all'istante.

***

La pizzeria di periferia in cui mi aspettano i due piccioncini è gremita di persone dietro al bancone del bar, che tra due ore non si ricorderanno nemmeno dove abitano; sembra il ritrovo degli alcolisti anonimi. Il ragazzo di mia sorella parte in grosso svantaggio se sceglie posti del genere per le loro cene. Non tardo a scorgere lo sguardo maligno di Giulia mentre avanzo nel locale, pochi tavoli davanti all'entrata.

«Finalmente ti sei fatto vivo!» esclama. «Lui è Nicolas.»

Il biondino si avvicina con andatura convinta per stringermi la mano. All'apparenza sembra il classico ragazzo da cinema moderno: capelli folti e ricci, senza un filo di barba, occhi azzurri e vestito da milanese medio, con jeans blu e camicia rigorosamente bianca. Molto curato e poco adatto a questo posto, per giunta.

«Piacere, Leonardo!» affermo, mentre gli stringo la mano. «Non ci sono posti migliori di questo per cenare? Insomma, l'insegna a stento è ancora accesa» aggiungo.

«Piacere mio. È stata la mia bellissima ragazza a scegliere il posto» risponde lui, mentre si affretta a riprendere posto al suo fianco, cingendole la vita con una mano. Noto gli occhi di lei prendere la forma di un cuore, mentre lo fissa adorante.

«Tranquillo fratellone, ci lavora un'amica. Potrebbe persino piacerti» aggiunge lei, ammiccante.

«Spero non sia alcolica anche la pizza, o direttamente la tua amica, ma poco importa» concludo con fare ironico.

I due si accomodano vicini di fronte a me e si scambiano occhiate amorose che non vedevo dai tempi del liceo. Mi sento un pesce fuor d'acqua.

«Ehm, ci sono anche io. Potevate non invitarmi!» li interrompo, noncurante.

«Ci tenevo a farti conoscere Nicolas, smettila di fare lo scorbutico per due baci!» risponde acida.

Vorrei dirle che tutto questo affetto in un locale mi crea disgusto, non so se per invidia o per il diabete imminente, ma in ogni caso mi trattengo.

«Allora, bello, tu cosa fai nella vita?» mi chiede il biondino in tono troppo confidenziale. Il classico tono di chi domani non si ricorda nemmeno il mio nome.

«Studio fotografia e lavoro in un bar» rispondo semplicemente, mentre do uno sguardo al menù.

«Bello! Fai anche set fotografici su richiesta? Sai, mi piacerebbe avere qualche foto con Giulia da caricare su facebook, oppure su instagram. Ho molti seguaci sui social!" esclama.

Lo guardo sbigottito, mentre mi domando se davvero Giulia vuole un ragazzo così superficiale al proprio fianco. Non la facevo così poco attenta alle teste vuote che le ronzano attorno.

"Esistono selfie con qualità grafica migliore del tuo Q.I." vorrei rispondere.

«No, nessun set su richiesta, specie per un social in cui le fotografie medie trattano di coppiette fotografate a bassa risoluzione» mi limito a dire.

«Leonardo! Smettila, o non ti invito più» esordisce mia sorella.

«Scusa, "mamma". Tolgo il disturbo prima di cena, così non dovrete subire la mia maleducazione. Non che la pizza di questo locale burbero mi ispiri. Buona serata!» saluto alzandomi, con tono falsamente gentile e del tutto ironico, mentre mi affretto a uscire. Il mio bagaglio pieno di nervi contratti e irritazione diventa sempre più ampio.

Fuori dal locale, mentre accendo una sigaretta più amara del solito, sento Giulia avvicinarsi alle mie spalle e intuisco ciò che mi vuole dire.

«Da quando ti importa dei social network e degli aperitivi?» la precedo.

«Ma cosa diavolo hai oggi? È un ragazzo normale, con una vita normale. Voglio solo essere felice!» Mi risponde, in tono grave.

«Felice? Con uno che tiene più ai capelli in ordine che a te? Ma fammi il favore!» sbotto. «Devo andare...»

«Devi andare? Dove, dimmi, che sei sempre solo? Da quando Chiara se ne è andata non ti riconosco più!»

«Non metterla in mezzo...» affermo, irrigidendomi.

«La metto in mezzo eccome, invece! Sembra che la tua vita sia iniziata e finita con quella relazione. Ti sei lasciato condizionare, ti sei rinchiuso in una bolla dalla quale non riesco a tirarti fuori e vieni perfino a fare la predica a me! Io almeno ci provo ad avere una vita decente, cazzo!» sbotta. Non la sentivo urlare così dal giorno in cui i miei genitori mi hanno lasciato nelle sue mani, chiudendosi la porta di casa alle spalle.

«Chi ti ha detto che non ci provo, a ricominciare?» le chiedo. Dopo un attimo di silenzio mi volto, senza darle il tempo di pensare a una risposta pungente e mi incammino verso casa. Probabilmente è una domanda che dovrei fare principalmente a me stesso.

Con i nervi contratti, fumo una sigaretta dopo l'altra, togliendomi a ogni tiro un secondo di salute in più, ma di cui in questo momento non mi importa nulla. Vorrei che tutto attorno a me si fermasse, come quel giorno di un anno fa aveva fermato la mia mente.

Chiara era la classica ragazza per la quale tutti perdevano la testa: fisico da modella, curve sode e ben definite, dei lunghi capelli biondi a incorniciarle gli occhi chiari e un naso a punta che le donava un'aria da furbetta. Ciò che la rendeva ancora più attraente era la sua dedizione verso la carriera; voleva diventare medico e non dubito ci stia riuscendo. Una calcolatrice della propria vita fino al midollo, tranne per le relazioni. Non aveva programmato di incontrarmi, ma forse di fingere un innamoramento verso di me, incastrandomi tra università e operazioni, per poi lasciarmi come se nulla fosse.

"Scusa", mi disse, "non è colpa tua", continuò a ripetermi dopo un anno o poco meno di relazione. "In realtà il mio unico amore è per la medicina e voglio concentrarmi solo su di essa." Ero stato sostituito non da un altro uomo, non dalla famiglia, ma bensì da un lavoro che ancora nemmeno le apparteneva, da un'idea di un futuro molto lontano. Così mi accorsi che non mi aveva mai amato. Forse adorava solamente le nostre notti di passione, ma nulla di più e avrei dovuto capirlo fin da quando i suoi sabati sera non erano mai disponibili per me.

È stata la prima e ultima persona che io abbia mai amato, la prima e ultima persona a cui ho permesso di spezzarmi in due.

La mente vaga nuovamente verso Sofia, creando confusione. Mentre mi stendo su un letto di una stanza improvvisamente troppo stretta, l'unica cosa di cui sono certo è che non posso ancora andare avanti, non ora. 

Caffè, amore e fotografia (Completa)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora