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Il ristorante scelto da Ian si rivela più che conforme alle mie aspettative e supposizioni. Infatti, come previsto, è quel tipo di ristorante in cui potrei entrare soltanto mandando in rosso il mio conto in banca- ammesso che riuscirei mai ad ottenere una prenotazione.

Ma anche se mi sento un po' come un pesce fuor d'acqua, non posso fare a meno di ammirare e restare ammagliata dalla bellezza del posto: situato all'ultimo piano di un grattacielo, il ristorante, con le sue pareti di vetro, offre una vista mozzafiato della movimentata e vivace Los Angeles, dandomi quasi l'impressione di poter controllare a vista tutto il mondo.

"Questo posto è meraviglioso." Sussurro, in modo che possa essere sentita soltanto da Ian, chinandomi leggermente in avanti per accorciare la distanza che il tavolo mette tra di noi.
Come risposta, l'uomo mi versa dell'altro vino schifosamente costoso nel bicchiere di cristallo dall'aria preziosa e fragile, e mi sorride calorosamente- un po' come si farebbe di fronte ad un bambino che ha appena ricevuto un giocattolo come regalo.

"L'unica sua pecca sono i piatti francesi." Mi deride bonariamente, ricordandomi la mia espressione sconvolta quando mi sono ritrovata davanti il menù pieno di pietanze quasi esclusivamente francesi, molte delle quali non ho mai sentito parlare in vita mia.
"Concordo." Affermo scherzosamente, mantenendo un tono volutamente allegro.
"C'è qualcosa che non va?" Prosegue, puntando il suo sguardo vitreo nel mio.
"Uhm, no." Farfuglio incerta, non sapendo bene dove voglia andare a parare con questa domanda.
"Qualcosa è cambiato da ieri. Ti vedo...stanca." Dice, sorprendendomi con la sua capacità di afferrare ogni piccolo dettaglio e cambiamento, che agli occhi di altre persone non avrebbe alcuna rilevanza.
"Oh." Asserisco semplicemente. Dopodiché, riapro la bocca con l'intenzione di accennare il vero motivo che sta dietro alla mia evidente stanchezza, però la rinchiudo all'istante capendo che non sia giusto sfogare le mie frustrazioni su di lui.

"Avanti!" Mi intima, catturando ancora una volta la mia reticenza nell'aprirmi.
"E' solo che ...beh, è tutto il giorno che penso alle due vittime. Non riesco a togliermi dalla testa le immagini che ho visto. Stanno diventando una sorta di chiodo fisso." Confesso, abbassando la testa con fare imbarazzato per poi cercare di liquidare la questione con un gesto vago della mano.
"Ti capisco." Ribatte Ian all'istante, guadagnandosi immediatamente la mia completa attenzione. "Sai, mi sono state fatte vedere varie volte le loro foto durante l'interrogatorio. E ti giuro che ci sono stati diversi momenti in cui ho pensato che, a prescindere da come sarebbe andata a finire, non ci sarebbe stato alcun vincitore." Proferisce piano, abbozzando un sorriso mesto- mentre io lo guardo incredula, completamente ammutolita da ciò che comporta la sua confessione.

"Due donne hanno perso la vita in un modo terribile, e anche se io dovessi essere assolto...sta di fatto che probabilmente il vero assassino non pagherà mai per le sue azioni." Prosegue, allungando la mano per coprire la mia per qualche fugace istante. E questo gesto rassicurante mi infonde un po' di tranquillità, anche se le parole con cui egli poi conclude il suo discorso hanno un sapore decisamente amaro.
"Siamo tutti dei perdenti, in questo caso. Perciò si, ti capisco."

Anche se si potrebbe pensare che queste sue affermazioni possano aver distrutto definitivamente l'atmosfera di leggerezza creatasi tra di noi, in realtà Ian è piuttosto abile a riportarmi sulla rotta "dell'allegria", cominciando a farmi una serie di domande non troppo personali, per poi punzecchiarmi continuamente ad ogni mia risposta.
E così, nonostante quel breve attimo di "smarrimento", la cena prosegue in maniera piuttosto piacevole- stando ben attenti entrambi a non ritoccare più l'argomento che, in precedenza, ci ha fatto un po' cadere in un pozzo di tristezza.

A cena finita e un paio di bicchieri di vino buttati giù però, siamo obbligati a ritornare alla realtà- nonché al vero motivo per cui questa sera ci troviamo ad interagire. D'altronde, è ben chiaro che in circostanze normali i nostri mondi non si incrocerebbero...ma anche ora i ruoli restano ben stabiliti, il che vuol dire che io continuo ad essere soltanto una persona che, temporaneamente, lavora per lui.
Pertanto, anche se sento che il vino mi abbia fatto perdere una buona dose di lucidità, non mi permetto di pensare nemmeno lontanamente di poter rimandare la discussione, lasciando, quindi, che egli mi porti a casa sua.

Baci dal sapore del sangue || Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora