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"Non hai capito proprio un bel niente." Affermo in tono risoluto, scuotendo la testa con più rassegnazione che indignazione.
E non aggiungo altro, perché non c'è niente che possa attutire questa "accusa".
D'altronde, per me, che l'ho considerato quasi una vittima di uno sporco gioco sin dall'inizio, le sue parole mi suonano un po' come se fossero delle offese gettate al vento, ancor prima di essere ben formulate nella testa. E benché non sia ciò che io mi aspetti di sentir uscire dalla sua bocca, mi astengo dal rispondere al colpo con un altro colpo.

E' evidente che la sua sicurezza e il suo autocontrollo stiano vacillando, in questo momento. Lo vedo da come i suoi occhi si vanno a posare su ogni piccolo oggetto insignificante presente nella stanza, pur di non guardare direttamente nei miei.
Potrei infierire e dargli una piccola lezione, fargli capire di aver commesso uno sbaglio a catalogarmi come "tutti gli altri". Ma io non sono così. Non colpirò mai chi ha bisogno di aiuto...del mio aiuto.

"Te ne stai andando?" Mi chiede, alzandosi a fatica dalla poltrona.
"Si." Ribatto prontamente, indietreggiando di qualche passo, nella direzione della porta.
"No, resta. Ti prego." Proferisce ancora, cercando di ridurre la distanza frapposta tra di noi.
"Continueremo la discussione quando entrambi saremo più calmi." Gli prometto, cercando di tranquillizzarlo, quando vedo come sul suo volto compare un'espressione allarmata.
"Dobbiamo parlare ora, altrimenti tu avrai il tempo di prendere le distanze e ogni mio tentativo di avvicinarmi a te finirà per essere vano." Replica in un tono che lascia trapelare un po' di incertezza.

Guardandolo con un'espressione interrogativa, mi prendo qualche secondo per assimilare le sue parole. Come conseguenza, una sorta di agitazione si impossessa del mio corpo quasi istantaneamente perché capisco, in un batter d'occhio, che la conversazione si sta spostando su un terreno non più neutro, bensì pieno di sorprese a cui probabilmente non saprò come reagire.

"Non posso essere sincero con te, Diana." Prosegue, fermandosi poi per restare ad aspettare una mia riposta.
"Perché no?" Chiedo esasperata, buttando le mani all'aria. "Sono il tuo dannato avvocato. Se non ti fidi abbastanza, tanto vale farti affiancare da qualcun'altro."
"Forse sei tu che non hai capito un bel niente." Ribatte, scuotendo la testa. "Io non riesco a vederti solo dal punto di vista professionale. E finisco per confidarti solo ciò che non potrebbe farti cambiare idea su di me. Lo so che è sbagliato, avrei dovuto dirti che l'alibi fornito da Veronica non regge, così come non reggerà quello di Sophie. E sai perché? Semplicemente perché sono uscito in piena notte, per una fottuta mezz'ora, a prendere una cazzo di boccata di aria. Ho camminato su strade vuote e mi sono goduto la quiete. Non pensavo che sarebbe mai arrivato il giorno in cui una semplice abitudine si sarebbe ritorta contro di me. Se te l'avessi detto sin dall'inizio avresti pensato comunque che fossi innocente?"
"Ma tu non puoi scegliere le cose da dirmi in base alla mia opinione su di te. " Dico, cercando di mantenere basso il tono della voce, anche se sta diventando sempre più ardua come impresa.
"Lo so, Diana. Ma, guardandoti, tutto ciò che vedo è l'immagine di una donna accanto alla quale vorrei potermi svegliare ogni mattina." Confessa, rilasciando un lungo sospiro frustrato, facendomi capire, in questo modo, quanto gli stia costando lasciarsi sfuggire quest'informazione. "Non riesco più a ragionare lucidamente quando si parla di te."
"Non so cosa dire." Ribatto sinceramente, portandomi una mano sulla fronte.

Ed è proprio vero, sento di essere a corto di parole.
E, in ogni caso, ogni affermazione, al momento, sarebbe superflua perché niente potrebbe riflettere fedelmente il mio stato d'animo e la confusione che ho in testa.

"Prenditi tutto il tempo che ti serve per pensarci bene, e forse, dopo, capirai perché non riesco ad aprirmi davanti a te." Dice, avvicinandosi ancora di qualche passo. " Ma non prendere le distanze. Ti chiedo solo questo."
"Sarebbe la cosa più giusta da fare. " Ribatto, senza curarmi della morsa che sento alla bocca dello stomaco. "A questo punto mi sembra che sia piuttosto chiaro che io non sia in grado di aiutarti, nel modo giusto. E, Ian....io penserò sempre alla mia carriera, prima di tutto. E non posso permettermi di perdere la mia credibilità, lasciandomi guidare dall'istinto."

Il sorriso che compare sulle sue labbra ,inizialmente, mi fa attraversare un attimo di interdizione. Non ho la più pallida idea di cosa possa aver trovato, nelle mie parole, tanto bello da provocare questo sorriso così luminoso.
E più lo guardo, più la mia perplessità aumenta.

"Quindi, il tuo istinto ti sta indirizzando verso di me." Constata, chiarendo il mio dubbio inespresso.
"Ho detto questo?" Chiedo con fare vago, pur capendo l'errore appena commesso.
"Sì." Conferma, continuando a sorridere.
"Non importa." Liquido velocemente la questione con un gesto vago della mano. "Anche se fosse così, io devo comunque cercare di tenermi lontana da eventuali indiscrezioni e conviene anche a te, credimi."

Sto cercando con tutte le mie forze di convincerlo a lasciar perdere questo atteggiamento caratterizzato da un completo menefreghismo per tutto ciò che riguarda il processo.
È come se per lui l'unica cosa realmente importante fosse quel "noi" che, di fatto, non esiste, se non nella sua testa. E questo mi preoccupa non poco, giacché mi sembra di star lottando contro i mulini a vento quando egli,in realtà, dovrebbe essere il mio complice più grande.

Forse una qualunque altra donna si sentirebbe lusingata per queste attenzioni, ma questo non è il mio caso. Più che lusingata, sono oltremodo preoccupata e allarmata.
Oltre a dover tenere a freno me stessa e le mie debolezze, che mi portano ad avere attimi di sbandamento in cui perdo di vista i miei obiettivi, devo cercare di tenere d'occhio anche Ian che sembra aver perso completamente di vista i suoi.

"Prima o poi tutto questo finirà e saremo liberi,entrambi." Dice, allungando la mano in modo da portare una ciocca dei miei capelli biondi dietro l'orecchio. "Fidati di me."

Furtivamente, approfittandosi del fatto che sia riuscito a incatenarmi col suo sguardo vitreo, riduce quel poco di distanza che è rimasta tra di noi per lasciarmi un piccolo bacio sulla fronte. È un gesto dolce ma significativo allo stesso tempo, perché, in un certo qual modo, dimostra di non voler usare a suo favore i miei istanti di forte incertezza.

I dubbi non mi hanno ancora abbandonato e mille domande mi attraversano la testa, in attesa di essere espresse ad alta voce, ma almeno so che Ian è disposto a rispettare il mio bisogno di prendermi del tempo per riflettere su tutto questo.

"Ammetto che ho forzato un po' la mano del destino con la scelta della casa." Riprende a parlare, affrontando l'argomento che ha fatto scatenare maggiormente il mio moto di "ribellione". "Ho pensato solo a quanto volessi averti vicina, senza prendere in considerazione la tua necessità di avere i tuoi propri spazi. Provvederò all'istante a cambiare e farmi perdonare per questa folle idea."
"Uhm, non importa." Lo interrompo, soddisfatta per aver sentito esattamente ciò a cui miravo. "Credo che riuscirò a sopravvivere anche con questa sistemazione."

La sua risata fragorosa che prende a echeggiare nella stanza, mette fine a questo breve scontro che, inizialmente, pensavo sarebbe andato a finire in una maniera completamente diversa.
Perciò, con un senso di un po' più di leggerezza rispetto a quando ho messo piede nella stanza, decido che questo sia il momento più adatto per andarmene, in modo da evitare altri argomenti che potrebbero dare inizio ad ulteriori discussioni infinite.

"Prima o poi saremo liberi, ricordatelo." Ribadisce, prima di vedermi abbandonare la stanza. Incapace di ribattere, mi limito a sorridergli, per poi sparire dalla sua visuale.

Quasi fosse una punizione divina, il mio subconscio non mi da tregua neanche per un misero istante e prende a ripercorrere l'intera conversazione, soffermandosi maggiormente nei punti che più mi hanno fatto accelerare il battito del cuore.

Fidati di me.
Fidati di me.
Fidati di me.

Queste tre parole si intrufolano anche negli angoli più nascosti della mia mente complicata. E forse sono così potenti proprio perché mi obbligano ad affrontare una nuova consapevolezza spaventosa: a prescindere dalla mia convinzione sulla sua innocenza, c'è qualcosa in lui che mi impedisce di assecondare il suo desiderio.

Non ho la più pallida idea di cosa sia...però, paradossalmente, mi ferma dal riprendere a fidarmi di lui, come all'inizio.

Baci dal sapore del sangue || Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora