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"Giuro che stavo iniziando a pensare che non hai più intenzione di aprirmi." Asserisce Jason divertito,lasciando cadere la mano con cui fino a qualche secondo fa era pronto a suonare nuovamente il campanello.
Lanciandogli uno sguardo eloquente, mi affretto ad aprire la porta, per poi tapparmi la bocca con il palmo della mano e sgattaiolare verso il bagno, dove mi chiudo la porta alle spalle- lasciando che egli faccia da solo il suo ingresso in casa.

Sentendo come le ginocchia cedono sotto il mio stesso peso, mi lascio cadere vicino al water, abbandonandomi al impulso di vomitare anche l'anima, che ho fatto del mio meglio per reprimere durante il tragitto in macchina.
Jason sembra aver intuito che qualcosa non stia andando proprio per il verso giusto (se proprio vogliamo usare un eufemismo), a giudicare dagli innumerevoli colpi nella porta e dai suoi continui tentativi di convincermi ad aprirgli. Ma prima di ritornare da lui, mi prendo il tempo necessario per sciacquarmi la bocca e la faccia, cercando disperatamente di far acquisire di nuovo un po' di colorito al mio viso pallido.

"Che succede?" Mi chiede subito il mio amico,lanciandomi uno sguardo sinceramente sconcertato.
"Sto iniziando a non reggere più lo stress ultimamente." Confesso, attraversando lentamente il salotto, per poi lasciarmi cadere sul divano. "Ogni volta che provo un'emozione più forte inizio a sentire una sensazione di nausea. Forse dovrei andare dal dottore."
"Ti succede spesso? Avere la nausea intendo." Continua a chiedermi, alzando un sopracciglio. "Sei sicura si tratti degli effetti dello stress?"
"Naturalmente." Replico prontamente, un po' scettica per la direzione che sta prendendo la conversazione. "Di cosa vuoi che si tratti?"
"Hai già superato il famoso periodo del mese in cui improvvisamente ti trasformi nell'assistente di Satana?" Mi prende in giro, mantenendo però un'aria inquisitoria.
"Ho un piccolo ritardo. Ma niente di preoccupante, non sono mai stata un orologio svizzero." Rispondo con fare distratto, grattandomi la nuca in attesa di capire dove voglia andare a parare.
"Leggero ritardo? Sii più precisa." Proferisce, abbozzando un mezzo sorriso.
"Cinque giorni." Ribatto a voce bassa.
"Sei sicura che tu non debba assolutamente preoccuparti?" Tenta ancora, prendendo posto accanto a me.
"No." Ribatto sinceramente, dopo averci riflettuto per un paio di secondi. "Non posso credere che tutto stia andando a rotoli. Non ci riesco."

Chinandomi in avanti, appoggio i gomiti sulle gambe e mi prendo il viso tra le mani, incurante di tutta la disperazione che questo gesto lascia trasparire. Mi sento letteralmente come se qualcuno mi avesse pugnalato al petto ripetutamente, e le insinuazioni di Jason non fanno che peggiorare la mia voglia di sparire dalla faccia della terra.

"Tu e Ian avete chiuso, vero?" Prosegue con il suo interrogatorio, prendendo ad accarezzarmi blandamente la schiena.
"Si." Rispondo a monosillabi, inspirando profondamente.
"Ma ora che sai che potresti essere incinta, forse la vostra situazione cambierà totalmente." Ipotizza in un tono rassicurante, per poi aggiungere velocemente. "In meglio."
"Santo cielo, non posso essere incinta!" Esclamo in preda al panico, con gli occhi che prendono già a inumidirsi. "Sarebbe la ciliegina sulla torta, la dimostrazione che non c'è mai fine al peggio."
"Non ti capisco, pensavo tu amassi l'idea di avere un bambino." Ribatte Jason, guardandomi con un miscuglio di apprensione e confusione.
"Non quando il padre è un assassino!"

Dopo aver buttato fuori queste parole, senza averci riflettuto nemmeno per un secondo, guardo Jason in attesa di una sua reazione. Nella mia testa affiora la paura che questa confessione possa danneggiare anche me, giacché le parole di Ian riecheggiano ancora nella mia testa.
Ha saputo giocarsi bene le sue carte, quel maledetto bastardo. D'ora in poi vivrò costantemente con la paura che se sfogassi le mie frustrazioni con troppe persone, la mia carriera finirebbe ancor prima di essere veramente iniziata.

"Resterà tra di noi, vero?" Gli chiedo a voce bassa, implorandolo con lo sguardo.
"Non c'è nemmeno bisogno che tu me lo chieda." Asserisce, sbandierando una finta espressione di indignazione.
"Non mi sembri sorpreso." Constato, ritornando a sedermi in modo composto, mentre aspetto che egli mi dia una spiegazione.

Baci dal sapore del sangue || Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora