17

6.8K 224 5
                                    

Naturalmente, niente di ciò che Ian mi ha detto è uscito da quella stanza di ospedale. Ogni confessione è rimasta lì, tra quelle quattro mura bianche, ormai destinata a vivere soltanto nelle nostre menti scompigliate.

Ryan, per fortuna, è quel tipo di persona che non insiste mai fino a superare quel sottile limite che c'è tra il semplice fatto di mostrare interesse per ciò che succede nella vita altrui e il diventare un vero e proprio impiccione. Perciò, non c'è stato bisogno di inventarmi finte e improbabili conversazioni, per cercare di sviarlo dalla verità.
Ma so che egli abbia capito perfettamente che questo incontro non mi abbia resa affatto più tranquilla. Me ne sono accorta da come, in questi giorni, mi ha ribadito più e più volte che questo caso non sia affatto più importante della mia stessa tranquillità.

E, benché io abbia provato con tutte le mie forze ad imprimermi le sue parole nella testa, come una sorta di promemoria, ho scoperto, ancora una volta, che non è affatto facile stare lontano da Ian quando egli, invece, tira fuori tutte le sue armi segrete affinché mi faccia scordare ogni piccola promessa fatta a me stessa.

E non c'è da meravigliarsi se, una volta dimesso dal ospedale, due giorni più tardi dopo la nostra conversazione "a cuore aperto", non c'è più stato verso di mantenere quella distanza di cui io ho bisogno per non perdere il lume della ragione.

Lentamente, come un predatore fa con la sua preda predestinata, ha iniziato fin da subito ad attirarmi nella sua ragnatela, senza però costringermi a fare passi che non sono ancora pronta a fare.
In un certo senso, potrei dire che questa sia la sua arma più potente. E credo che anche egli ormai abbia perfettamente capito che solo avendo pazienza potrà veramente entrarmi sotto la pelle.

Io però non l'ho percepito subito. Ho iniziato a pensare che questo facesse parte del suo gioco solo quando ci siamo ritrovati seduti su una poltroncina fuori dal locale in cui forse la nostra "intesa" è nata.
Ogni più piccolo evento di quella sera, anche se apparentemente insignificante, è stato ricreato a regola d'arte...persino il bacio finale che ha segnato la fine della serata e che questa volta, invece di avvenire di fronte alla porta della camera d'hotel, è avvenuto sul pianerottolo lievemente illuminato del palazzo dei Roberts, lo stesso in cui si trova anche l'attico di Ian.

Mi sono vestita di rosso, ancora una volta, proprio come lui mi aveva indicato di fare, per scherzo o forse per darmi un piccolo indizio di quello che aveva intenzione di fare.
E, ancora una volta, il cuore ha preso a battere all'impazzata quando le sue labbra si sono posate sulle mie con delicatezza, quasi avesse paura di vedermi sgretolare tra le sue braccia.

Il giorno successivo è stato a dir poco infernale. La mia testa non ha fatto altro che torturarsi nel tentativo di riuscire a capire per quale ragione il bacio della sera precedente avesse avuto un impatto tanto forte quanto la prima volta...se non di più.
Avvolta, come sono da sempre, in un velo di terrore di perdere il controllo della situazione, mi sono resa conto troppo tardi che in realtà non l'ho mai avuto, questo famoso controllo, tra le mani.

Eppure anche quel giorno non ho fatto niente per prendere posizione contro il suo "subdolo" tentativo di intrufolarsi nella mia testa. Anzi, mi sono lasciata portare ad una mostra d'arte, senza curarmi del fatto che quel qualcosa, che sento sempre in sua presenza, stesse cominciando ad aumentare a dismisura mentre lui storceva il naso di fronte ad ogni opera d'arte un po' troppo "avanguardista".

Me l'ha detto lui, tempo addietro, che non ama l'arte, che la sua testa è impostata in maniera troppo razionale per riuscire a scovare i segreti di un quadro. Me l'ha detto durante la nostra prima cena quando, bombardata dalle sue domande,gli ho confessato una delle mie piccole passioni e il rammarico di non trovare mai il tempo per dedicarmici.

Eppure, nonostante il suo completo disinteresse, è stato lì accanto a me, ad ascoltare le mie farneticazioni mentre mi entusiasmavo per ogni singolo quadro, quasi fossero le mie creazioni.

"Mi hai dato ascolto?" Mi chiede Ian, guidandomi attraverso l'enorme casa disabitata. Prima di rispondergli lancio ancora qualche sguardo intorno, ammirando ogni singolo particolare dell'arredamento moderno e molto meno "tetro" di quanto lo sia quello del suo attico.
"Riguardo al costume da bagno?" Ribatto, ridacchiando al pensiero di ciò che mi è passato per la testa quando ho messo il piede in questa casa, situata letteralmente in mezzo al niente. "Affermativo."

Questa è la terza sera in cui mi lascio attirare dalle sue imprese, senza preoccuparmi delle conseguenze.
Ammetto, però, che quando la sua macchina si è fermata di fronte a questa enorme villa delle vacanze, non ho potuto fare a meno di apostrofarmi in tutte le maniere possibili, pensando di essermi cacciata da sola nella sua trappola. D'altronde, il mio primo pensiero è stato quello che Ian si sia messo in testa di passare al livello successivo, cercando di entrarmi nei pantaloni.

Ma, quando ho scorto, dal terrazzo di questa fortezza sperduta agli occhi del mondo, la spiaggia privata che si estende poco più in là, sono ritornata sui miei passi e ho ripreso a dargli il beneficio del dubbio.

E ora più che mai, mentre i miei piedi si immergono nella sabbia, mi sento quasi in pace con me stessa nonostante stia assecondato la sua follia, per l'ennesima volta.

"Non capisco perché tu stia facendo tutto questo." Rifletto a voce alta, guardando come, lentamente, stende un telo da spiaggia e vi posa sopra un asciugamano e una bottiglia di Bordeaux Pomerol, insieme a due calici.
"Perché è il minimo che possa fare." Risponde, senza degnarmi di uno sguardo.
"Cosa vuoi dire?" Lo interrogo, catturando la smorfia di dolore che attraversa il suo viso in modo fulmineo appena egli si siede sul telo. È chiaro che la ferita gli stia dando ancora molto fastidio, eppure si ostina a non prendersi alcun giorno di riposo assoluto, come invece dovrebbe assolutamente fare.
"Ho finalmente capito quanto tu stia lottando per questo caso, il che, automaticamente, mi ha fatto riflettere sulla quantità di tempo che ci stai perdendo dietro." Risponde con un'apparente nonchalance, sbottonandosi la camicia sotto il mio sguardo imbarazzato. "Il tempo è prezioso. Potresti passarlo a fare qualcosa per te stessa, eppure lo stai dedicando interamente alla mia causa."
"È il mio lavoro." Ribatto con cautela, sedendomi accanto a lui.
"Stai facendo molto più di quanto farebbe chiunque altro." Controbatte, facendomi sorridere. "E allora io voglio ricordarti che devi ancora fare un sacco di cose prima di lasciarti intrappolare completamente e irrimediabilmente dal mondo del lavoro. Voglio che, prima che ciò accada, tu possa provare l'ebbrezza di sentirti veramente viva."
"Quando sei arrivato a questa conclusione?" Gli chiedo, lasciandomi scappare una risata, contenta che lui non possa sentire il rumore, per me assordante, dei battiti del mio cuore che accelerano in un modo quasi spaventoso.
"Credo di averlo sempre pensato, ma mi ci è voluto un po' per realizzare che, in realtà, voglio essere io a farti sentire in questo modo." Ribatte semplicemente, riempiendo entrambi i calici.

D'istinto, giro la testa nella direzione opposta, prendendo ad osservare il riflesso della luna sulla superficie dell'oceano. Segretamente, cerco qualcosa da dire che possa essere all'altezza delle sue parole incredibilmente belle. Ma la mia mente sembra essersi svuotata completamente.

"Nessuno mi ha mai detto niente del genere." Ammetto, per giustificare i miei istanti di silenzio.
Come risposta, Ian rilascia una risata fragorosa, probabilmente notando il mio imbarazzo, per poi intrecciare le nostre mani. E restiamo così finché i nostri bicchieri non diventano vuoti e quella sensazione di disagio non svanisce piano piano, lasciandosi dietro solo sorrisi.

"Lo sai che sono umano anche io, vero?" Mi chiede più tardi, in maniera ironica, guardandomi mentre mi sfilo il vestito in modo da restare solo col costume da bagno, incredibilmente contenta che l'unica fonte di illuminazione sia la luna.
"Ehi, sei tu che mi hai portata qui." Mi difendo, lanciandogli il vestito addosso, per poi iniziare a correre in direzione della riva.
Appena i miei piedi entrano in contatto con l'acqua fredda, tiro un forte urlo, in maniera del tutto involontaria, che fa scoppiare Ian, ancora una volta, in una risata a dir poco contagiosa, che mi obbliga a voltarmi nella sua direzione.

"Dio, sei così bella!" Mi urla, quando le risate cessano e resta solo il rumore delle onde.

Baci dal sapore del sangue || Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora