CAPITOLO 33

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CLAIRE'S POV

Quella vacanza mi ci voleva proprio.

Quando atterrammo a San Francisco, Lauren ci attendeva all'aeroporto. Era agitata, come se fosse successo qualcosa. Non ci diede neanche il tempo di salutarla che subito, le mie sensazioni furono confermate.

"Avanti, andiamo. Non abbiamo tempo da perdere."

Ci guidò a passo veloce fino alle due auto che ci stavano aspettando fuori. Il tempo di mettere le valigie nel portabagagli e salire che gli autisti partirono sfrecciando. Lei ci seguiva nella sua berlina, insieme ad un'altra persona, una ragazza che non riuscii a capire chi fosse, fino a quando non arrivammo a casa di Lauren. Lasciammo i bagagli in auto ed entrammo. in salotto c'erano altri due uomini, non li avevo mai visti prima, come la ragazza in auto.

"Lauren, siamo appena scesi-" Justin provò a lamentarsi, ma lei lo zittì mettendogli una mano davanti alla bocca e posando il suo sguardo sugli uomini.

Fino ad allora non mi ero accorta che indossassero delle cuffie collegate a quegli affari che si usano per intercettare le telefonate o registrare i discorsi.

"Beccato!"

Non capivo. In realtà nessuno di noi capiva in quel momento. Lauren prese dal tavolo un foglio, dove il ragazzo moro aveva appena scritto un indirizzo.

"Seguitemi." E subito dopo si rivolse ai due ragazzi. "Se ci sono novità avvisatemi."

Andammo in cucina, in modo che i due tizi potessero continuare il loro lavoro.

"Perchè-"

"Adesso vi spiego tutto. Sedetevi."

Sembrava molto agitata. Era come se una bomba stesse per esplodere, e che la bomba fosse lei.

Andammo a sederci sugli sgabelli posizionati attorno al piano in marmo per la colazione.

"Vi ho portati qui, perchè, a differenza vostra che eravate in vacanza, io ho lavorato. In questi giorni mi era giunta una voce di un grosso traffico che sarebbe arrivato al porto fra qualche giorno. Ho indagato e le voci si sono rivelate infondate. Ma siccome, come voi sapete, io non mi do per vinta, sono andata più a fondo nella questione e sono riuscita ad infiltrare uno dei miei nella squadra di Romero. Il mio uomo è riuscito ad avere la sua fiducia in poco tempo, tanto da riuscire a posizionare alcune cimici in casa, ma con quelle non abbiamo ottenuto niente. Solo grazie alle intercettazioni telefoniche ho trovato le prove. Il carico arriverà dall'Argentina fra due giorni, Romero lo farà arrivare in un jet privato all'aeroporto." Fece una pausa. "Quell'uomo conosce molte persone, e sicuramente anche qualcuno della dogana eroportuale. Non gli sarà difficile far entrare al droga."

Justin sospirò. "E noi cosa c'entriamo in tutto questo?"

"Semplice, siccome la polizia non fa niente, dobbiamo fermarlo."

"Lauren, è una pazzia! Non metterò a rischio la loro vita per qualche chilo di erba!"

"Justin, non si tratta solo di sempice marijhuana. Si tratta di milioni di dollari in cocaina."

"Ci penserò Lauren."

"Ti prego Justin. Solo voi potete fermarlo. Anche se è uno degli uomini più potenti di San Francisco, sai quanto ti teme."

Reatai allibita. L'uomo più potente di San Francisco aveva paura di Justin. Stava scherzando?

"Lauren, ti ho detto che ci devo pensare."

Justin si girò ed uscì dalla stanza, tutti noi lo seguimmo e salutammo Lauren. Prima che potessi fare un passo fuori dalla porta, lei mi afferrò il polso. Mi girai a guardarla.

"Convincilo. Ti prego. Per me è una cosa troppo importante. Non riguarda la cocaina. E' un fatto più personale. Tu mi capirai."

Non potei non notare i suoi occhi che si fecero lucidi. "Ci proverò." La abbracciai ed uscii.

Perchè io dovrei capire? Non sapevo niente di questa storia.

Salimmo tutti di nuovo sulle auto e gli autisti ci portarono a casa. Nessuno parlava durante il tragitto, era come se ci fosse stato qualcosa che non conoscevo. Qualcosa che nessuno mi avesse spiegato ancora. Ma per aiutare Lauren dovevo sapere.

Arrivati a casa, prendemmo le nostre valigie e gli autisti si dileguarono. Entrai e salii in camera, seguita da Justin. Mi buttai sul letto e lui venne a sedersi ai piedi di esso. Si prese il volto con le mani, sembrava disperato e preoccupato allo stesso tempo.

"Cosa dovrei fare? Non posso deluderla. Ma allo stesso tempo non posso affrontare di nuovo quell'uomo."

"Di nuovo?"

Annuì. "Si, la prima volta non ti conoscevo ancora."

"Perchè non puoi? Insomma, lei ha aiutato te quando ne avevi bisogno. Ti ha aiutato a salvarmi."

"Non posso claire. Lauren ha un motivo valido per affrontarlo. E quel motivo mi riguarda." Fece una pausa. Annuii per fargli capire di continuare, e mi misi seduta. "L'altra volta, metre stavamo tentando di fermare il suo traffico illegale, avevamo infiltrato una ragazza, l'operazione andò avanti per mesi, lei era diventata la sua donna e la portava ovunque." Gli occhi di Justin si fecero lucidi. "Dopo circa sei mesi, eravamo pronti ad aattaccarlo in un piccolo capanno fuori citta. Quando noi entrammo, non so in che modo ma la sua copertura saltò, lei provò a negare tutto, a convincerlo, ma fu tutto inutile. La fece inginocchiare davanti a noi e..." Aveva iniziato a piangere.

Non lo avevo mai visto così.

"Ci tenevi molto a lei?"

"Si, era... Era la mia ragazza."

Non sapevo cosa fare, un misto di gelosia e dispiacere si impossessò di me. "E come mai era così importante anche per Lauren?"

"Era sua sorella."

Lo abbracciai. E dopo quelle parole compresi perchè Lauren mi aveva detto quelle parole, perchè avrei capito. Sapevo come ci si sentiva nel perdere un fratello, anche se il mio lo avevo ucciso io stessa. Era un vuoto che non si sarebbe mai colmato. "Dobbiamo farlo."

Justin sospirò e si passò una mano sulla testa. "Non lo so. Vorrei vendicarmi e uccidere quel bastardo con le mie mani, ma so che non ne sarei mai capace. Ci provai quella volta, ma non ne fui capace, è per questo che mi teme. Quella sera, vedendo il corpo di April senza vita, non so cosa mi prese ma sparai prima a tutti i suoi uomini, uccidendoli, e poi a lui, ma non lo riuscii ad uccidere. Lo colpii allo stomaco. E lo lasciai vivere."

"Ora potrete avere la vostra vendetta. Sai, so come ci si sente. Quando il rogo uccise mio fratello, la finta morte intendo, cercai disperatamente di vendicarmi, ma non avevo abbastanza informazioni per farlo. Tu, voi, le avete. Potrete guardare in faccia la persona che vi ha causato dolore e fargliela pagare."

"Hai ragione. Lo farò. Voglio vendetta."

Era una testa dura, ma non ci misi molto a convincerlo.

A cena, mentre mangiavamo una pizza visto che il frigorifero era vuoto, Justin comunicò la decisione e gli altri non poterono fare a meno di eseguire gli ordini. Non potevamo tirarci indietro anche se credo che nessuno lo avrebbe fatto.

Cuore BastardoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora