Abbiamo rotto il ghiaccio - Kaito

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«Cosa mi invento? Cosa gli chiedo?»

Guardo il manga che ho in mano.

«Ma certo, possiamo parlare di questo! D'altronde adoro questa mangaka, quindi posso sfruttare questo fatto!»

Torno in negozio.

«Ecco.»

«Grazie» mi dice sorridendo.

È la prima volta che lo vedo sorridere, però si vede che è molto nervoso.

«Quant'è?» mi chiede.

Guardo il prezzo sulla copertina del manga e gli rispondo

«Sono 600 yen.»

Gli tremano le mani mentre tira fuori il portafoglio per pagare. Devo sbrigarmi altrimenti se ne va. Ora glielo dico.

«Lo sai, l'Arakawa è una delle mie mangaka preferite. Ho letto tutte le sue opere.»

«Adoro il suo stile. Anche io ho tutte le sue opere e per questo non ho saputo aspettare per il nuovo manga e sono venuto a prenderlo il giorno stesso in cui è uscito.»

Abbiamo gli stessi gusti. Ho azzeccato la domanda. Questa è la mia occasione per presentarmi e sapere qualcosa in più di lui.

- Che scemo che sono, non mi sono presentato. Io sono Kaito Kurosawa. Tu come ti chiami?»

Ma che domanda è? Cosa penserà di me? Perché dovrebbe interessarmi il suo nome? Accidenti, forse sono stato troppo precipitoso e scapperà via terrorizzato.

«I-Io sono Hiroshi Hanamori. Ma perché lo vuoi sapere?»

Mi ha risposto! Forse un po' tentennante, ma mi ha risposto. Ora so come si chiama, è già qualcosa. La prossima volta posso salutarlo e chiamarlo per nome. Mi ha chiesto perché voglio saperlo. E adesso che gli dico? In effetti, perché voglio saperlo? Non posso certo dirgli perché mi piace; no, non posso.

«Sono tre mesi che vieni alla nostra fumetteria e volevo sapere come ti chiamavi, tutto qua.»

Ma che sto dicendo. È vero che viene qui da tre mesi, ma non per questo devo sapere il suo nome. Non conosco i nomi dei miei clienti, a meno che non si siano presentati di loro spontanea volontà. Non è una risposta sensata questa. Ora che faccio? Come proseguo?

«Mi scusi, quanto viene questo?» mi chiede una ragazza con un fumetto in mano.

«Arrivo subito» gli rispondo.

Non so se chiamarla fortuna o sfortuna, ma almeno esco da questa situazione di imbarazzo. Peccato però, avrei voluto sapere tutto di lui. Sarà per un'altra volta.

«Il lavoro mi chiama. Devo andare. Parliamo un'altra volta, ok?»

«O-Ok! Ciao.»

Se ne va, cercando di nascondere la sua agitazione. Ho solo scoperto il suo nome e che adora la Arakawa. Sempre meglio che niente. Spero che torni anche domani così possiamo continuare a parlare.

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