Capitolo undici

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Brooklyn's point of view

Dopo che Shining Tears ha avuto le coliche, il veterinario - mio cugino - ha detto a Castiel di non riprendere subito ad allenarsi allo stesso ritmo di prima, bensì di ricominciare progressivamente.

Proprio in questi giorni c'è una competizione di salto ostacoli. Castiel potrebbe partecipare, se volesse, con uno dei cavalli del maneggio o perfino con Sunny Day, Will ha detto che glielo lascerebbe montare con piacere; ma se non può cavalcare Shine, allora niente competizione.

Ha promesso di venire a vedermi, però, e io... diamine, io sono così eccitato solo per questo, manco fosse la mia prima gara. E siccome io sono eccitato, anche Wamblee è su di giri.

- Sei pronto, bello? - gli chiedo, accarezzandogli la fronte, e lui fa su e giù con la testa.

- Hai intenzione di iniziare senza che nessuno ti auguri buona fortuna? - domanda una voce familiare, una voce che amo. Mi volto. Castiel è qui.

Un sorriso enorme nasce spontaneamente sulle mie labbra.

- Castiel!

- Visto che sono qui... pensavo ti avrebbe fatto piacere se ti avessi augurato buona fortuna - borbotta, distogliendo lo sguardo da me. - E poi c'è una cosa che ti devo restituire...

Per un attimo credo che sia la mia felpa e sto già per fermarlo, non mi sembra il momento, invece si avvicina e mi bacia delicatamente sulla guancia.

- Questo - mormora, allontanandosi. Arrossisco violentemente, sorridendo ancor di più. - Buona fortuna.

E se ne va.

- Castiel! - gli grido dietro. - Vincerò per te!

Controllo un'ultima volta che i finimenti siano a posto, poi monto in sella. Tra poco sarà il mio turno. 

- Vinciamo per Castiel - dico a Wamblee, dandogli una pacca gentile sul collo. Nitrisce sommessamente in assenso. Non vede l'ora di entrare in campo.

All'altoparlante chiamano il mio nome, perciò mi dirigo all'entrata. 

- Divertiamoci, Wamblee - bisbiglio. Lui è attento, reattivo ai miei comandi e pieno di energia. Gli ostacoli non lo intimoriscono, neanche quelli più alti o variopinti, anzi, attizzano il suo entusiasmo e il mio.

Quando papà mi ha preso Wamblee, rammento che qualcuno al maneggio mi disse che gli Appaloosa non erano cavalli da competizione. Che Wamblee non sarebbe mai stato un cavallo da salto ostacoli.

È vero, gli Appaloosa non sono specificamente cavalli da competizione. Ma Wamblee è nato per saltare: è la mia aquila, le mie ali.

Quando le sue zampe si staccano dal terreno e si protendono oltre l'ostacolo, è davvero come se stessimo volando. Quando saltiamo ci siamo solo io e lui. È la sensazione più bella del mondo.

Superiamo l'ultimo ostacolo, un muro, con grazia. Non abbiamo abbattuto nessun elemento, Wamblee non ha opposto alcun rifiuto.

- Un percorso perfetto - ci loda il commentatore. Accarezzo il collo del mio cavallo.

- Sei stato bravissimo, campione - gli dico con affetto.

I risultati sono scontati: siamo primi, col punteggio più alto e il miglior tempo.

- Tra un po' ne avrai così tante che dovrai venderle - scherza mia sorella, dopo che mi hanno consegnato la medaglia. Io ho un'altra idea al riguardo, ma la tengo per me. - Comunque sei stato bravo come sempre, Brook. Ci vediamo a casa?

Annuisco.

- A dopo - la saluto, prima di andare in cerca di Castiel.

- Congratulazioni - dice, quando mi vede arrivare. 

Il silenzio del ventoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora