Capitolo sedici

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Castiel's point of view

Mi guardo allo specchio, fissando per un lungo istante i miei occhi. Sono azzurro vivo, più grandi e meno freddi di quanto pensassi. Le mie ciglia sono scure e relativamente lunghe. Mi passo una mano fra i capelli, pettinandoli con le dita.

Sono presentabile...?

Oggi viene Brooklyn a pranzo. A casa mia, intendo. Voleva che conoscessi la sua famiglia, ma io... non mi sento ancora pronto, così l'ho invitato a mangiare con me e fermarsi a guardare un film.

Mi guardo un'ultima volta, poi sento il campanello suonare e mi affretto ad andare ad aprire la porta. Brooklyn è splendido come sempre: i suoi occhi sorridono con la sua bocca, i suoi ricci sono dorati e selvaggi come ogni giorno e oggi indossa una semplice t-shirt bianca e un paio di jeans blu.

- Ciao, Brook - dico, portandomi una mano ai capelli anche se mi ero ripromesso di non toccarli. - Sei... in perfetto orario. E, uhm...

- E...? - mi sprona, sorridendo ulteriormente.

- Stai... bene, così - concludo goffamente, indicando i suoi vestiti. Ride sommessamente.

- Grazie. Posso baciarti?

Avvampo lievemente.

- Okay, ma fa' in fretta...

Posa rapidamente le labbra sulle mie, io spero che mio padre o sua moglie non vengano a controllare perché ci stia mettendo tanto.

Mi scosto per lasciarlo entrare e lui si toglie le scarpe e le ripone in un angolo. Io lo osservo in silenzio.

- Sei nervoso? - mi chiede, accarezzandomi un braccio. - Andrà tutto bene.

Annuisco lentamente e lo conduco in sala da pranzo. Mio padre è a tavola e sta utilizzando il cellulare, sua moglie è ai fornelli.

- Brooklyn è arrivato - annuncio nervosamente.

- Buongiorno - dice lui educatamente, sorridendo. - Grazie di avermi permesso di mangiare con voi.

Mio padre gli stringe la mano senza commentare.

- Benvenuto - lo accoglie sua moglie con un sorriso finto. Ci sediamo e lei serve il pranzo.

- Perciò... anche a te piacciono i cavalli? - chiede papà con aria disinteressata.

- Sì. I nostri cavalli sono vicini di box.

- Hm-hm. Sei bravo a cavallo?

- Papà... lui è il migliore di tutto il maneggio - intervengo timidamente, avvampando.

- Dopo di te - ribatte Brooklyn, accarezzandomi un ginocchio da sotto il tavolo.

- E i tuoi genitori cosa fanno? - domanda la moglie di mio padre, sempre con quell'irritante sorriso finto sulle labbra.

- Mio padre è un giocatore di basket e mia madre lavora in una libreria. Mia sorella maggiore è un'insegnante di teatro...

- Oh, che bello!

Seh, come no, penso io, mangiando in silenzio. Mentre lei continua a riempirlo di domande io non riesco ad impedirmi di lanciargli di continuo occhiatine di sottecchi. Mi chiedo se si possa intuire che sono innamorato perso di lui.

Brooklyn risponde sempre educatamente e intanto mi stringe una mano sotto il tavolo, accarezzandomela con il pollice. Ho i brividi.

- Grazie per il pranzo - dice, una volta finito di mangiare. Lascia andare la mia mano e si alza. Spero non si offra per aiutare a sparecchiare, anche se sarebbe capace di farlo.

Il silenzio del ventoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora