Castiel's point of view
Vado in cortile, una volta terminato di occuparmi di Wamblee. Will sta parlando al telefono e mi fa cenno di aspettare.
- Vieni - dice, finita la chiamata. - Ti accompagno all'ospedale.
Annuisco e lo seguo fino alla sua macchina. Anche questo viaggio trascorre in silenzio. Mi sento un poco inquieto e al contempo speranzoso: magari si è svegliato.
Entriamo nell'edificio.
- Resta qui, okay? Vado a cercare qualcuno per sapere dov'è e se puoi parlargli - asserisce, accarezzandomi rapidamente una spalla.
- Okay - mormoro, abbassando lo sguardo sul pavimento. Dell'ospedale... ho solo brutti ricordi. Della mamma sempre più stanca, sempre più malata. Di papà sempre più preoccupato.
La mamma è morta, in ospedale.
Scuoto il capo, cercando di scacciare il ricordo. Will torna da me dopo aver fermato un'infermiera.
- Ho il numero della stanza - annuncia. - Ma non so per quanto potrai restare con lui, visto che non fai parte della famiglia. Io ti aspetterò fuori.
Andiamo a cercare la stanza. Io cammino a grandi passi, impaziente.
- Will...
- Sì?
- Grazie di quello che stai facendo...
Mi arruffa gentilmente i capelli.
- Non c'è di che.
Spalanco la porta della stanza, senza bussare. Tutta la famiglia di Brooklyn è radunata attorno al letto e lui è sveglio.
Il cuore mi esplode di sollievo. Sta bene, è sveglio! Ha un braccio ingessato, ma sta bene!
Gli occhi mi si riempiono di lacrime di felicità e, avendo lo sguardo annebbiato, non mi accorgo delle espressioni mortificate sui volti dei presenti.
- Brook! Grazie a Dio stai bene! - esclamo, permettendo alle lacrime di rigarmi le guance e sorridendo. Lui non ricambia il sorriso e a quel punto capisco che qualcosa non va.
- Chi... sei? - domanda freddamente. Mi sento mancare l'ossigeno nei polmoni e il mio sorriso avvizzisce sulla mia bocca. Il mio sguardo corre a cercare aiuto in quello degli altri.
Nessuno ha il coraggio di aprire bocca. Brooklyn... non si ricorda di me?
- I-io... - balbetto, non sapendo cosa dire. - Io s-sono...
Il mio ragazzo non si ricorda di me.
- Lui è Castiel - interviene Leya con voce più bassa del solito. Mi lancia una rapidissima occhiata di cui non afferro il significato. - Il tuo ragazzo.
Negli occhi verdi di Brooklyn, quegli occhi che tanto amo, guizza qualcosa di simile all'esasperazione e al... disgusto.
- Oh avanti, io non ho un ragazzo - sbuffa. Devo aggrapparmi allo stipite della porta perché ho un mancamento. Per un istante spero sia tutta una messinscena... spero che tutti scoppino a ridere, lui per primo. Ma nessuno ride. Gli occhi mi si riempiono di lacrime di nuovo, e stavolta sono lacrime di dolore.
Un sonoro singhiozzo mi sfugge senza che riesca a trattenermi.
- Castiel? - dice Leya.
- S-sarai stanco... è m-meglio che io v-vada - farfuglio, girando sui tacchi e sforzandomi di non sbattermi la porta alle spalle.
Will alza lo sguardo non appena mi vede.
- Allora, come... - inizia, prima di accorgersi che sto piangendo. - Castiel...
- Portami al maneggio, ti prego - singhiozzo. Annuisce e io lo seguo di nuovo fino alla sua macchina, inciampando più di una volta nei miei stessi piedi da tanto che sto piangendo.
Non mi fa alcuna domanda né mi dice qualcosa. Una volta tornati al maneggio io corro nella scuderia e mi rifugio nel box di Shining Tears, nascondendo il viso nel suo collo muscoloso e continuando a piangere disperatamente.
- Shine! Non mi ha riconosciuto... ha detto che lui non ha un ragazzo! Perché non si ricorda di me? Non ero speciale? Non mi amava?
E piango, piango, piango. I singhiozzi che mi scuotono sono così violenti che devo inginocchiarmi sulla paglia. Mi siedo e un istante più tardi la mia cavalla piega le zampe e si sdraia, avvolgendomi in qualche modo con il suo grande corpo.
Non so quanto restiamo così. Non m'interessa neanche saperlo.
- Castiel...?
Alzo lo sguardo, tirando su col naso. Davanti alla porta del box ci sono Will e mio padre.
- Pensavo fossi tornato a casa - osserva il mio istruttore, passandosi una mano fra i capelli. Mio padre entra nel box, mi afferra per un polso e mi alza di peso, intrappolandomi in un abbraccio soffocante.
- P-papà...? - mormoro, confuso. Perché mi sta abbracciando?
- Andiamo a casa - replica, accarezzandomi dolcemente i capelli. Mi asciugo il viso e lancio una rapida occhiata a Will. Mi sorride incoraggiante.
Mio padre mi cinge le spalle con un braccio e ringrazia Will, augurandogli una buona serata. Una volta in macchina mi tira a sé e mi stampa un delicato bacio sulla fronte.
- Sei strano, papà... - commento, allontanandomi.
- Mi dispiace - bisbiglia, facendomi una carezza. Sono confuso: perché tutte queste dimostrazioni d'affetto improvvise?
- P-per cosa? Per... essere strano?
- Per quello che è successo a... al tuo... a Brooklyn...
Abbasso il capo. Sono felice che non abbia detto 'al tuo amico', ma dispiaciuto che non riesca a dire 'al tuo ragazzo'. Tuttavia questo non ha alcuna importanza, perché tanto Brooklyn ha detto che lui non ha un ragazzo.
Ceniamo insieme, io e mio padre, per una volta solo noi due, come prima che si risposasse.
- Dov'è lei? - chiedo cautamente.
- Aveva mal di testa ed è andata a riposarsi.
Abbasso lo sguardo.
- Okay. Spero si senta meglio - mormoro, alzandomi e riponendo il piatto e le posate nel lavandino. - Penso che anch'io andrò a letto, non appena avrò finito qui.
- Lascia fare a me...
- Va bene - replico sempre a bassa voce. Sono quasi fuori dalla cucina quando...
- Castiel...
- Hm?
- Mi dispiace davvero...
Mi stringo nelle spalle, passandomi una mano fra i capelli.
- Non fa niente - lo rassicuro. Ci sono abituato, vorrei aggiungere. Ci sono abituato, eppure fa così male. Mi lavo i denti meccanicamente, m'infilo il pigiama e, nel buio assoluto della mia stanza, mi raggomitolo sotto le coperte, sperando di addormentarmi presto.
Due lacrime solitarie mi solleticano il viso e io le asciugo lentamente. Questa giornata pare un incubo assurdo. Brooklyn che non si ricorda di me, mio padre che cerca di consolarmi...
Vorrei che ci fosse qui la mamma e mi dicesse che andrà tutto bene, tutto si risolverà. Ma lei non è qui e l'unica persona che mi faceva sentire un po' meno la sua mancanza è... Brooklyn.
Affondo il volto nel cuscino, soffocando un sonoro singhiozzo. Come farò a dormire? Come posso dormire sapendo che è bastato un incidente per cancellarmi dalla memoria di colui che amo?
-
Note dell'autrice:
povero, povero Castiel. Quanto ancora lo attende. Buon pomeriggio, pasticcini. Vorrei aggiungere altro, a queste note, ma non lo farò perché sinceramente non so cosa dire. Mi dispiace aver perso lettori dopo essere stata in vacanza, ma suppongo sia normale. Grazie a coloro che sono rimasti. Baci
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Il silenzio del vento
RomanceBrooklyn ha quindici anni e aspira a diventare il campione assoluto di equitazione. Ma, quando nella sua vita irrompe un cavallerizzo che potrebbe essere più bravo di lui, con un cavallo forse più fenomenale del suo, il suo sogno vacilla. Sotto la r...