37. DEVO PARTIRE

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Dopo essermi asciugata la lacrima che mi rigava il viso, alzo lo sguardo per scrutare le facce dei miei amici. Amanda e Crystal, vicine a me, mi abbracciano e si lasciano scappare qualche lacrimuccia. Derek stringe i pugni, e allo stesso tempo da delle pacche sulla spalla a Josh. Incrocio il suo sguardo per pochi secondi, prima di scoppiare a piangere e a nascondermi nei capelli di Crystal. Il suo sguardo mi è sembrato confuso, o addirittura incerto. 

'Dai ragazzi, ci vedremo ancora per un bel po', non mi fate piangere un'altra volta' dico io ridacchiando e cercando di sdrammatizzare la situazione. Nessuno dice niente. 

'okay, io ora devo andare a casa con Riccardo.' dico prendendo il mio zaino e alzandomi. 

'non sparire' dice Derek un po' moggio. 'metti la suoneria a quel coso' Amanda indica la piccola tasca situata nel mio zaino, dove si può intravedere il cellulare. 

Abbozzo un sorriso e saluto tutti, andando alla ricerca di mio fratello. Mamma mi ha detto che ha firmato il permesso anticipato. Girando per i tavoli, finalmente trovo Ricky. A sua volta, mi vede e mi raggiunge. 

'L'hai detto ai tuoi amici?' chiede lui. Siamo appena usciti dalla scuola. Piove ancora e noi due siamo costretti a stare stretti sotto un ombrello. 

'Si,l'ho detto. E tu?' chiedo. Sono circa le 14 e la strada che stiamo percorrendo al momento è deserta. Sembra che qualcuno l'abbia riservata per noi. Si sentono le gocce di pioggia posarsi da una foglia all'altra, l'odore di terra bagnata ci inonda le narici, e il profondo senso di tristezza lascia spazio al silenzio. Non è il tipico silenzio imbarazzante, quel silenzio che ti impedisce di parlare; è quel tipo di silenzio in cui due persone pensano alla stessa cosa insieme, e non trovando le parole giuste, si sta in silenzio. 

'Si. Quando stavamo venendo nella tua scuola ne ho parlato con i miei amici' risponde. 

'E come hanno reagito?' chiedo con un tono di voce più squillante.

'Sono stati in silenzio e non mi hanno riempito di domande' mi giro per guardarlo. Non sembra molto contento, ma infondo, come biasimarlo?

Ora che sembrava tutto così facile e leggero, proprio tutto adesso. Quando sono partita da Trieste non ero così giù di morale, ero molto eccitata all'idea di dover parlare la lingua dei miei bisnonni e nonni. Non vedevo l'ora di avere un mio armadietto personale e di frequentare una vera e propria scuola Americana. Adesso mi sembra tutto troppo normale. Non voglio tornare indietro, non voglio tornare in Italia perchè questo significherebbe non aver conosciuto i miei amici, ma adesso è tutto così complicato che, a volte vorrei resettare tutto quanto. 

'Anche i miei amici hanno agito allo stesso modo, noi abbiamo avuto i nostri tempi, diamo anche a loro il giusto tempo.' siamo quasi arrivati. 

'A volte mi chiedo perchè papà faccia proprio questo lavoro insomma...' non lo lascio continuare. 'So che sei arrabbiato, lo siamo un po' tutti in realtà. Ma se inizi a ragionare in questo modo rischi di prendertela per delle sciocchezze.' cerco di usare un tono caldo, so benissimo come si possa sentire e quindi agisco di conseguenza. 

Arriviamo a casa e Leo, Destiny e la mamma sono già seduti a tavola. 

'Vi stavamo aspettando, lavatevi le mani e venite a tavola' dice mamma. 

Oggi ha preparato la classica lasagna italiana. Durante il pranzo abbiamo avuto modo di parlare di un po' di tutto. Destiny sta ancora studiando medicina, Leo sta cercando di risparmiare i soldi che guadagna con il suo lavoro e la mamma sta terminando la sua lista di libri da tradurre. 

Continuiamo a parlare anche dopo aver finito di sparecchiare. Continuiamo a parlare dei vecchi ricordi e la tristezza sparisce subito. Mamma approfitta del momento di riunione per  darci delle buste. 'apritele quando volete, riguardano il trasferimento'. La poggio sul tavolo e cerco di non pensarci. Tiro fuori dalla tasca laterale della felpa il mio iphone, noto che ho delle notifiche ma non ho il tempo di leggerle perchè la voce di Leo mi chiama. 

'Sheila, quella è la mia felpa?' chiede con tono misterioso. 

'Ah, si, colpa mia. Tua sorella oggi ha deciso di bagnarsi la maglietta sotto la pioggia. Così io ho dovuto rimediare. Somigli tanto alla protagonista del libro che sto traducendo al momento.' ridacchia e in risposta rido anche io. 

'Tranquilla, te la regalo, mi è troppo piccola adesso' risponde Leo. 

Dopo un po', decido di andare in camera mia. Ho bisogno di scrivere sul mio quaderno e poi voglio leggere i messaggi che mi sono arrivati. Nel mio quaderno c'è veramente di tutto, se torno un po' indietro posso trovare le pagine in cui avevo appuntato la partenza dall'Italia e l'arrivo qua a Boston. Dopo aver finito di scrivere alcune cose, mi stendo sul letto e leggo i messaggi. Due sono da parte di Amanda,  e uno da parte di Josh. 

Amanda:'Sheila, oggi stavamo pensando di uscire e di andare a farci un giro, vieni con noi?'
                  'siamo i soliti' 

Josh:'avrei bisogno di parlarti' 

Decido di rispondere prima a quello di Amanda, anche perchè quello che mi ha scritto Josh mi lascia un po' perplessa. 

'Amanda, amo la pioggia, ma non mi sembra il caso di andare in giro.'
-'Andiamo al centro commerciale'-
'Ma io non so come raggiungerlo, anzi non so nemmeno dove si trovi. Mi puoi venire a prendere tu per favore?'
-'Va bene, alle 17.00 sono da te'- 

Non sono adirata con Josh, forse un po', le cose che mi ha detto mi hanno ferita ma penso che sia giusto che mi spieghi lui cosa sia successo veramente quella sera. In questi due giorni non gli ho rivolto la parola e devo dire che anche se ero adirata con lui, mi mancava il vecchio Josh di sempre. Josh e Luna, Josh che mi aiuta con i compiti di biologia, Josh che mi fa compagnia ogni mattina per andare a scuola, Josh che ama il contatto visivo ad una chiamata. 

'Sarò lieta di ascoltarti' invio il messaggio
la risposta arriva in un secondo, tanto da spaventarmi.
'Ci vediamo al centro commerciale insieme agli altri'
ho cercato di leggere il messaggio con la sua voce, e mi è sembrato un tono freddo. 


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