Capitolo 65

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Passarono diversi giorni, e si avvicinava sempre di più il momento della libertà.

Chilometro dopo chilometro, metro dopo metro ci stavamo avvicinando al confine.

Ormai, seguendo i nostri piani e tutte le varie tempistiche, saremmo arrivate prima in Georgia e poi in Louisiana nel giro di 27 ore precise.

Erano tantissime ore, ma per la nostra sicurezza spostarci piano e nelle zone giuste per non destare sospetto era la miglior scelta.

Sia io che Lauren eravamo davvero felici.

Andavamo in giro mano nella mano, quando andavamo a mangiare nelle locande, nei ristoranti, o durante le colazioni da Starbucks.

Anche durante gli ultimi viaggi, in macchina, eravamo sempre mano nella mano.

Io accucciata per sentirla più vicina a me, anche se eravamo su due diversi sedili.

Stava andando tutto fin troppo bene, dovevo aspettarmelo quello che sarebbe successo di lì a poco.

Il giorno prima delle complicazioni eravamo come al solito in viaggio.

Io stavo giocando con il suo braccio destro, stuzzicandola un po'.

<< Camila, fermati o rischiamo di fare un incidente cosí! >> scherzò Lauren.

Erano ormai otto ore filate che eravamo sedute in macchina, e a me stava venendo un crampo.

Stavo diventando istintivamente insopportabile.

<< Voglio sgranchirmi un po' le gambe >> dissi portando la sua mano tra esse << Ti prego >>

Ridacchiò, e così si convinse che non aveva alcuna speranza con me.

Così ci fermammo a una stazione di servizio.

Era vicino a un boschetto di alberelli folti, con tanti cespuglietti attorno.

Pensava che fosse un luogo sicuro, non c'era tanta gente all'interno, perciò non era molto frequentato, ne conosciuto.

<< Questo può andare >>

Eravamo troppo vicine al confine per farci vedere apertamente, a chiunque.

Erano gli ultimi chilometri, e la mafia poteva aver messo occhi su tutto il territorio.

Non era sicuro, però ci fermammo lo stesso.

Lauren parcheggiò la macchina e scendendo tirò un forte sospiro.

<< Oddio le mie povere gambe... Meno male siamo scese, ma facciamo solo per una decina di minuti, okay? Non possiamo restare quì a lungo >> mi avvertì.

<< Tranquilla, il tempo di riprendere la circolazione alle gambe >>

Entrammo dentro.

All'interno c'erano una ventina di tavoli, ma tre persone ne occupavano solo tre.

Era tutto molto silenzioso, se non fosse stato per la musichetta di sottofondo che proveniva dagli autoparlanti posti sul soffitto.

Un tizio al bancone ci squadrò da capo ai piedi, con uno sguardo perso e neutro, come se il lavoro lo avesse prosciugato di ogni singola gioia.

<< Benvenuti, cosa volete ordinare? >> domandò con un tono di voce monotono.

Lauren mi guardò, e il guardai lo scaffale su la quale c'erano delle sottospecie di paste dolci e focacce ripiene.

Mi morsi il labbro, non sapendo cosa poteva essere gustoso e cosa no, cosa poteva essere vomitevole e cosa no.

Niente aveva un bell'aspetto, però decisi comunque di prendere una ciambella glassata alla vaniglia.

Lauren prese un caffè da portar via, pagò il tutto e tornammo al nostro veicolo.

Però appena varcata la soglia e lo assaggiò, lo buttò per terra.

<< Che schifo, com'è il donut? >>

<< È un po' rinsecchito, ma ho troppa fame, non m'interessa >> risposi.

Ripartimmo, e Lauren mi avvertì che la prossima sosta sarebbe stata appena sorpassato il confine.

Viaggiammo tranquillamente per qualche ora.

Il sole non era ancora tramontato, ed eravamo sole su quella strada infinita, fino a quando in lontananza non spuntò una macchina nera.

Era una macchina comune, come ne avevamo riscontrate diverse, su una strada comune.

Almeno questo era quello che pensavo.

Non appena ci ritrovammo a circa 50 metri di distanza l'una dall'altra, vidi Lauren accigliarsi.

<< Quella... >> mormorò.

La macchina passò di fianco a noi, e sia Lauren che il guidatore della macchina riuscirono a guardarsi dritto negli occhi.

Fu una frazione di secondo, si guardarono e si riconobberò.

<< Oh cazzo >> imprecò, accelerando.

La macchina dietro di noi, intanto, aveva fatto una forte virata, facendo stridere i pneumatici sull'asfalto bollente.

<< Cazzo, cazzo, cazzo >> continuò, pigiando sempre più forte sull'acceleratore, senza ritegno.

La velocità aumentò a dismisura, facendomi incollare allo schienale del mio sedile.

Non stavo più capendo niente, nella mia testa c'era solo l'immagine di quel tipo al volante.

Aveva un paio di baffi incolti e la tipica barba non tagliata da un giorno, maglia bianca e collana al collo.

Quando vide Lauren strabuzzò gli occhi.

Intanto l'inseguimento era ufficialmente iniziato.

Il tipo era dietro di noi, a diversi metri di distanza.

Guardai Lauren, bianca come un cencio.

<< L-Lauren, chi è quello? >>

Una goccia di sudore scivolò sulla sua tempia, mi guardò, con occhi pieni di terrore.

<< Si chiama Frank >> tornò con lo sguardo sulla strada << È uno dei sicari e cercatori di persone migliori, che leccano il culo al mio capo >>

Lo guardai in lontananza, attraverso lo specchietto retrovisore.

Aveva un telefono attaccato all'orecchio, e sorrideva, come se ci avesse già catturate.

Iniziò a prendermi il panico.

<< Oh mio Dio no, cosa facciamo adesso? Che ci farà? >>

<< Quello o ci cattura o ci ammazza subito... cazzo >>

E poi, boh, accadde tutto così in fretta: in pochi secondi ci raggiunse, picchiando con il paraurti sulla nostra vettura, facendo per un attimo perdere a Lauren il controllo del volante.

Non fece in tempo a ricomporsi e a cercare di prendere terreno che un secondo scontro ci fece finire fuori strada, facendoci scontrare contro dei cespugli rinsecchiti.

Non ci fermammo subito, Lauren continuò a guidare, cercando di scansare i cespugli piú grandi e più resistenti, fino a che, purtroppo, uno di quelli forarono due delle nostre gomme.

Per colpa di una roccia, la macchina fece un movimento brusco verso sinistra, e così colpimmo in pieno un alberello esile.

Partirono entrambi gli airbag.

Il mio mi colpì così forte che iniziai a vedere ciò che mi circondava molto scuro, fino a diventare completamente tutto nero.

she's a kidnapperDove le storie prendono vita. Scoprilo ora