Capitolo 66

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Il buio.

L'oscurità più pura.

Sentivo le palpebre sbattere, i miei occhi erano aperti, ma non riuscivo a vedere niente.

Provai a muovere le braccia, ed erano libere, allora cercai di toccarmi gli occhi per sentire se c'erano bende o cose simili...

Ma nulla.

Non avevo assolutamente niente sul mio viso che mi copriva la visuale: ero io che vedevo nero.

Non vedevo.

Tastai ciò che mi circondava, perchè ormai i miei sensi erano andati a puttane.

Mi prese il panico non appena sentii che ero ancora in macchina.

Davanti a me sentivo l'air-bag ormai sgonfio, e alla mia sinistra il corpo caldo di Lauren.

Iniziai a gridare, non riuscendo a vedere niente, e per lo più ero ancora in quella dannata macchina.

Ciò sognificava che ero svenuta, per chissà quanto, e quell'uomo non ci aveva ancora raggiunte...

O almeno così credevo.

Passarono i secondi, e tornai lentamente a vedere la luce.

Davanti a me, davanti al cofano c'era lo scagnozzo con una pistola in mano e una sigaretta nell'altra, che rideva.

<< Com'è essere ciechi, piccola bambina? >> sghignazzò, buttando la cicca per terra << È stato divertente guardarti: tutta impaurita, con gli occhi spalancati persi nel buio eterno... >>

Il mio cuore batteva a mille, ma il mio corpo era immobile.

<< Controlla se la tua fidanzatina è viva >> ridacchiò.

Mi voltai verso di lei.

Aveva la testa appoggiata al finestrino scheggiato, le braccia lasciate cadere a peso morto lungo il corpo e tanto, tantissimo sangue sul suo volto.

Volevo piangere, ma ero così terrorizzata che non riuscii più nemmeno a voltarmi con lo sguardo a quell'assassino, che lentamente si stava facendo strada verso di noi.

Aprì la portiera di Lauren, la prese di peso e la scaraventò giu dalla macchina.

Poi fu il mio turno.

Provai a scappare, cercando di aprire invana la portiera.

Purtroppo ci riuscì lui, e mi prese con entrambe le mani, portandomi dallo stesso lato dove risiedeva il corpo ancora immobile di Lauren.

Mi fece inginocchiare, e mi legò i polsi.

Mentre stringeva la corda sulla mia pelle, continuava imperterrito a fumarsi la sua sigaretta, la cui cenere cadeva sui miei vestiti.

<< Mia cara Camila, hai quasi scatenato una guerra tra bande facendo fare tutto questo alla povera Lauren, lo sai? Il mio capo voleva attaccare il tuo caro papino, che ormai sapeva la tua posizione e voleva riprenderti a tutti i costi senza pagare >>

Fece schioccare la lingua in segno di disappunto.

<< Sei davvero una stronzetta, mia cara. Però adesso ti ho preso, e metterò fine al lavoro che doveva svolgere la tua ragazza >> poi spostò il suo guardo su Lauren << A lei ci penserò dopo aver ammazzato te. Non resterete separate per molto >>

A quelle parole non ragionai più.

Voleva uccidere anche Lauren.

Iniziai a urlare con tutta forza e l'aria che riuscivo ad immagazzinare nei miei polmoni.

Implorando pietà per la mia amata.

<< Ti scongiuro, non farlo! No! >> singhiozzai, mentre lui, per divertimento, le tirò un calcio dritto in pancia.

Lei non si mosse, né si risentì per il colpo appena preso.

Era come morta.

<< No! Non farlo, ti prego. Hai me, il vostro compito era quello di uccidermi, no? Uccidi me e basta, non fare del male a lei >> continuai.

<< Non sarebbe divertente >> replicò << Lauren ha disubbidito a un ordine diretto. Ha "svicolato" ciò che doveva fare. È diventata una ricercata dal momento in cui non ha dato la conferma della tua morte. Non uccidendoti, si è condannata lei stessa a morte certa >>

Piansi. Piansi come se tutto dovesse finire in quell'istante.

Come se ormai avevamo perso.

Lo scagnozzo si rivolse un'ultima volta al corpo a terra di Lauren, cercando di capire se respirava ancora.

<< La tua schiavetta sessuale è più in là che di qua >> scherzò.

In quell'attimo, Lauren lo trascinò a terra, sopra di lei, e gli tirò una forte ginocchiata sullo stomaco.

Lo prese così bene che sentii l'uomo inspirare di colpo e non riuscire a espirare correttamente.

Gli aveva tolto il fiato.

Con una mossa repentina, Lauren si mise sopra di lui e iniziò a menarlo di santa ragione.

Non appena constatò che era completamente svenuto, si rialzò, barcollando, e si girò verso di me.

I suoi occhi si riempirono di gioia.

Luccicavano. Erano come lucciole in una notte buia d'estate.

Zoppicando mi raggiunse e mi abbracciò forte e stretta a me.

<< Temevo di averti perso >> mormorai tra i suoi capelli corvini.

<< Non mi perderai mai >>

Aveva fatto finta per tutto il tempo di aver perso i sensi.

Era stata un vero genio.

<< Andiamo >> disse, prendendomi per mano << Dobbiamo sbrigarci, non abbiamo molto tempo >>

Iniziammo a correre, cercando disperatamente di arrivare il prima possibile al confine.

Mentre correvamo, mi tornarono in mente le parole dello scagnozzo del capo di Lauren.

Mio padre sapeva tutto.

Sapeva dov'ero.

E lo sapeva anche la banda di cui faceva parte Lauren.

Quindi sapevano dove eravamo diretti. Sapevano esattamente verso quale zona stavamo andando.

<< Lauren! >> esclamai << E se sanno dove stiamo andando? Appena si sveglierà quell'uomo dirà in che direzione siamo andate... O forse lo sanno di già e ci stanno aspettando lì >>

Lauren mi rassicurò.

<< Hanno mandato solo una persona... È l'unica a sapere dove siamo e dove siamo diretti. Prima che si risvegli, che chiami rinforzi e che ci raggiungano noi siamo già oltre confine >>

Ne era sicura, e io mi fidai.

Anche perchè... non potevo fare altro.




ehi, purtroppo per vari problemi e mancanza di tempo non ho fatto correggere dagli errori grammaticali questo capitolo, e nemmeno quello seguente, che sarà l'ultimo.
spero di finirlo entro domani.
buon 2018 a tutti voi, e scusate per l'attesa.

she's a kidnapperDove le storie prendono vita. Scoprilo ora