Capitolo 28

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Simone

Quando entro in ufficio vedo Giulio che dorme di nuovo sul divano. Questa volta riesco a non svegliarlo. Mi affretto a tornare di sotto e gli compro un caffè.
Quando l'ascensore torna al 15 piano lui non è più coricato. Un attimo dopo sento la porta del suo bagno aprirsi.
Che Dio mi aiuti.
Cammina dorso nudo con indosso solo un paio di pantaloncini da basket, ha i capelli bagnati e li tampona con un asciugamano. I miei occhi si fermano sul suo tatuaggio e scopro che gli ricopre l' intero braccio, partendo dalla spalla per finire sul polso. Mi nascondo dietro una grossa piglia e lo ammiro attraverso i vetri del suo ufficio.
Potrei venire solo guardandolo. Sono un pervertito.
Si toglie i pantaloncini da basket e rimane in mutande. Non ho mai visto niente di così perfetto. Non lo dico perché lui mi piace, lo dico perché lo direbbe chiunque, anche un estraneo. E l uomo in assoluto più bello che io abbia mai visto. Si volta di schiena e apre un armadio davanti a lui. Continuo a sbavare mentre guardo le sue spalle larghe che confluiscono in una vita perfetta, i muscoli attraversano le scapole per finire sui bicipiti. Allunga un braccio per prendere un abito ma lo ritrae con uno scatto appoggiando subito dopo la mano opposta sulla spalla, piegandosi in modo quasi impercettibile in avanti. Cosa si è fatto? Usa l' altro braccio ed estrae uno dei suoi tanti abiti su misura. Comincia ad abbottonarsi la camicia e poi si infila i pantaloni grigi, si china in un cassetto più basso ed estrae una cravatta, fa un nodo perfetto e poi si infila la giacca.
Credo che non ci sia niente di più sexy di un uomo che si allenta la cravatta dopo una giornata di lavoro. Certo, Giulio che la indossa e' comunque una visione sublime.
Gira intorno alla scrivania, si siede e poi mi vede.
Cazzo. Assumo tutte le tonalità del rosso.
Mi avvio verso il suo ufficio, apro la porta ed entro.
Che figura di merda. Che enorme, gigantesca figura di merda.
" buongiorno" mi dice.
Il tono e' glaciale. D'altronde mi ha sorpreso a guardarlo mentre si vestiva. Che cosa mi aspettavo? Che controllasse l'orologio e mi chiedesse di spogliarlo tanto da qui a due ore gli uffici rimaranno vuoti. Scuoto la testa e abbandono le mie fantasie.
Lui guarda l'ora e la saliva mi va di traverso.
Mi accorgo di non aver detto ancora una parola da quando sono entrato.
" Ho visto che dormiva e sono andato a prenderle il caffè"
"Hai visto solo quello?" Mentre lo dice alza lo sguardo e i suoi occhi grigi si piantano nei miei.
Stronzo.
"Mi dispiace, io non volevo"
"Non volevi?"
Fa un mezzo sorriso.
" Si cioè no" nessuno mi ha mai mandato così tanto ai pazzi.
"Potevi entrare e appoggiarlo sul tavolo"
Io lo guardo, la confusione sul mio viso deve essere palese.
Lui lo capisce e scoppia a ridere. Una risata sincera, vera, spontanea. Mi accorgo che può essere ancora più bello di quanto non lo sia già.
E' la prima volta che lo sento ridere così e improvvisamente vorrei essere un suo amico, uno qualsiasi, uno con cui passa del tempo e non un suo dipendente. Vorrei drogarmi delle espressioni del suo viso mentre ride.
" Simone intendevo il caffè, potevi entrare nel mio ufficio e posarlo sul tavolo"
Io mi passo una mano tra i capelli e poso il caffè. Fa troppo caldo qui dentro ed e' la prima volta che pronuncia il mio nome.
Quante figure del cazzo farò prima di sta sera?
" sì certo il caffè, be io ora vado alla mia scrivania a sbrigare un po' di lavoro"
Sto per andarmene ma la sua voce mi blocca
" grazie"mi indica la bevanda calda
"e da adesso in poi dammi del tu altrimenti mi fai sentire vecchio"
" va bene " gli sorrido.
" Appena hai tempo dovresti andare in farmacia a comprarmi degli antidolorifici" il tono è tornato freddo, lo sguardo assente, perso forse in qualche ricordo.
E io parlo prima di rendermene conto
" cosa ti sei fatto alla spalla?"
" ti ho detto che puoi darmi del tu non che dobbiamo diventare confidenti" ecco lo stronzo che è in lui.
" scusami, vado subito"
Chiudo la porta ed esco.
Bello e dannato.

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