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"smettila di scusarti e dimmi che succede, piccola" Nick insistette nuovamente e scossi la testa fallendo nel cercare di smettere di piangere, lui rimase in silenzio capendo che mi serviva un attimo e nel frattempo cominciò a rivestirmi con fatica dato che ero messa malamente, ma ce la fece e si sedette contro la tastiera del letto prendendomi in braccio.
"C'entra con il fatto che il tuo amico fosse qui poco fa, vero?" Non risposi.
"Ti ha detto o fatto qualcosa prima che mi alzassi?".
"Cazzo, piccola, voglio aiutarti, ma se non mi dici che hai come posso farlo?" Mi diede un bacio sulla fronte e sospirò arrendendosi e rimanemmo lì per troppi minuti, singhiozzavo senza riuscire ancora a parlare, ma mi liberai dalle sue braccia e mi misi il resto dei vestiti, andai in bagno a lavarmi la faccia e portai tutte le mie cose sistemando la borsa, la presi e mi fermai davanti a Nick.
"Mi spiace davvero tanto" alzai il viso per non fare scendere le lacrime.
"Ti stai scusando perché te ne stai andando a casa o perché stai chiudendo con me?" Evitava liberamente il mio sguardo apposta e non seppi che rispondere, mi limitai ad andare a dargli un bacio sulla guancia e me ne andai da casa sua.
Camminavo lungo la strada per arrivare fino alla mia, ma ci ripensai troppo arrabbiata anche solo per rivedere mio padre, che mi dava consigli ogni volta sapendo bene che non era nemmeno il caso di farmi tutti quei film mentali sul perdere o non perdere.
In fondo, però, lui mi aveva avvertita, più che avvertita per tutte le volte in cui mi aveva detto inizialmente di lasciar stare le cose com'erano, perché tutto si sarebbe svolto come doveva essere e prima o poi mi sarebbe passato quel periodo di tentazioni omicide verso tutti.
Eppure dubito fortemente che avesse pensato ad un finale del genere, dove coltivavo un odio profondo verso il mio suddetto amico del cazzo che in quel momento speravo di non vedere per un bel po, e che mi pentivo di avere conosciuto se il suo scopo era prendere per il culo le persone credendosi un genio.
Presi una scorciatoia per arrivare al parco dove prima di quel ritardato di Max,  io ed Alex passavamo tutte le nostre giornate, sia per studiare che per stare in tranquillità i giorni in cui tutti e due eravamo giù di morale o troppo felici per ascoltare i nostri genitori dirci che dovevamo iniziare a crescere e prendere seriamente la scuola invece di combinare cazzate da mattina a sera.
Quelli si che erano tempi, in cui eravamo solo noi due insieme, che ci insegnavamo le cose a vicenda e imparavamo le cose da noi senza stare ad ascoltare sempre i nostri che ci rinfacciavamo la loro età perché fin troppo esperti e più intelligenti di noi.
Ci alzavamo come ci addormentavamo, ma pur sempre insieme e ciò ci portò a non considerare coloro che a scuola volevano essere nostri amici invitandoci più volte ad uscire, io rifiutavo subito consapevole che Alex avrebbe anche detto di no.
Ero veramente gelosa di condividerlo con gli altri, addirittura con Emily, ma in quel momento lo avrei buttato personalmente da un ponte assicurandomi che fosse il suo ultimo respiro.
Arrivai alla mia panchina preferita sentendo a poco a poco il freddo pungente accompagnato dal vento, una perfetta combinazione per un giorno perfetto.
Mi sedetti stringendomi nella mia giacca e presi il capellino dalla borsa mettendolo, feci lo stesso con i guanti, accesi il cellulare e girai fra i social per non pensare troppo, ma presto mi stufai e misi la mia canzone, la nostra, solo per necessità di mantenere a lungo la calma.
La cover di fast car fatta da Passenger partì di colpo e mi spaventai sentendo una fitta al cuore, misi la testa sulle ginocchia piegate e chiusi gli occhi assaporando quelle parole scossa dai brividi per i momenti che mi ricordavano.
Non avevo nemmeno più voglia di tornare a casa, ero incerta se Alex fosse a casa mia, magari a parlare con mio padre dell'accaduto, magari da solo a pentirsi di quello che aveva fatto o più logicamente rintanato in camera sua a fare un bel niente, ma di una cosa ero certa; non avrebbe mai più messo piede nella mia vita, cosi le stronzate come quelle le poteva fare a qualcun altro.

Il tempo era tremendamente passato in fretta e più crescevano le ore più calava il freddo, non volevo restare sola fuori fino a tardi mettendomi in altri guai, quindi presi coraggio e tornai a casa assicurandomi prima che papà fosse al lavoro, svuotai la borsa sistemando le cose ed andai a farmi una doccia, mi avvolsi nell'accappatoio e chiusi a chiave la porta della camera infilandomi sotto le coperte. Mi addormentai subito dopo.

Al mio risveglio non c'era più tanto sole, la camera era poco illuminata e ci impiegai qualche secondo per orientarmi, notai subito il cellulare acceso e lo presi guardando la chiamata in silenzioso.
Aspettai fino all'ultimo squillo da parte di mio padre e sbloccai il cellulare trovandovi ben ventisette chiamate perse nell'arco di cinque ore e cinque erano da parte di Alex, ovviamente ignorai e tornai sotto le coperte intenta a dormire fino al giorno dopo anche se la cosa sarebbe risultata piuttosto difficile siccome erano solamente le cinque.
Come previsto faticai e non poco, così scesi dal letto ed andai a sedermi sul davanzale guardando il giardino, ma la forte luce che si accendeva quando veniva aperto il grande cancello attirò la mia attenzione, mi salì l'ansia essendo che papà sarebbe dovuto tornare molto tardi e nessun altro poteva avere il telecomando o sapere il codice tranne noi due.
Aprii la porta silenziosamente, mi affacciai e c'era l'illuminazione in tutta la casa.
"Lily!" Urlò la voce da donna e sgranai gli occhi scioccata per la millesima volta di quel giorno, corsi a capofitto rischiando di cadere dalle scale, ma quando la vidi urlai dalla felicità andando ad abbracciarla.
"Nonna!" Esclamai facendola ridere, ricambiò il mio abbraccio per poi baciarmi su tutto il viso prendendosi un attimo per studiarmi.
"Oh, tesoro, tuo padre era cosi preoccupato che ho deciso di venire subito invece di aspettare fino a domani in Hotel" disse accarezzandomi la guancia, ero troppo felice per pensarci, ma tornai fra le sue braccia e la mia vista divenne sfocata dalle lacrime.
"Che hai combinato sta volta, tesoro?" Sembrava un rimprovero, ma la sua voce era più da preoccupata e dispiaciuta.
"Non lo so, nonna" risposi sottovoce e lei sospirò.
"Mio figlio è proprio un disastro" disse riferita a se stessa.

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