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Scusate in anticipo in caso di errori di distrazione.
Leggete la piccola novità a fine capitolo✨

Era proprio cosi, lo stavo perdendo e per quante lacrime avevo versato, non avevo nemmeno il tempo di controllare se respirassi o meno.
Le mie giornate, le passavo con lui, eppure più distanti non potevamo essere.
Passavo le mie giornate a fissarlo, insistentemente, a ricordare il suo aspetto quando aveva gli occhi aperti, totalmente diverso da quello stato attuale. triste.
A ricordare la mia promessa, quella di renderlo il ragazzo più felice di tutti, a ricordargli quando lo amassi, lo ammirassi e a giurargli che davvero nulla ci avrebbe separati.
Ma cazzo, cazzo agli imprevisti e cazzo per non averlo ascoltato al telefono invece di fare si che venisse a casa mia.
Ero certa che mai e poi mai me lo sarei perdonato, il solo fatto di aver mandato il mio ragazzo in ospedale la diceva lunga su molte cose di me che credevo d'aver cambiato. In meglio.
Era li, steso davanti a me, ma non potei evitare di chiedermi dove fosse davvero, se fosse incazzato con me, se ci fosse stata la possibilità che si svegliasse, quanti insulti avrei subito se non botte. A dirla tutta avrei accettato ogni cosa pur di stare poi fra le sue braccia, poter fare pace, le nostre uscite al parco, soffocare a forza di ingozzarci di m&m's, far ingelosire la maggior parte della causa di questo incidente. Dove.
"Piccola, dovresti tornare a casa. È passato tanto tempo e i medici sono piuttosto contrari alla cosa" mio padre bussò cautamente e lo guardai con lo stesso sguardo omicida che rivolgevo a chiunque cercasse di dividermi da lui.
"Possono andare a quel paese, perché non sono loro che hanno perso un ragazzo, ok?"
"Tu non lo hai perso, intesi? Sono certo che ti senta benissimo e non gli farebbe affatto piacere vederti in questo stato" aggravò la situazione, perché mi alzai quasi incapace di reggermi in piedi a causa del mio rifiuto di mangiare finché non si fosse svegliato.
"Non parlare per lui, capito? Non puoi fottutamente sapere che diavolo stia pensando, nessuno lo può sapere, perciò smettila di dirlo ogni volta, perché sto cercando solo di fare ciò che ritengo giusto"
"Ucciderti, ti pare il modo giusto? Dico sul serio, devi tornare a casa, i medici stanno perdendo la pazienza" feci finta di non sentirlo e tornai con le mani nelle sue e la fronte sulla sua gamba, rinchiusi gli occhi e forzai l'ennesimo ricordo.

Fu il turno di un giorno, quello della nostra prima uscita in discoteca, all'epoca lui, solo lui, era in una modalità indefinita, mentre io ancora stavo assimilando piano piano l'idea di avere un nuovo amico, migliore amico, un altro punto di vista maschile oltre a quello di mio padre che avevo subito per anni e anni.
"Stai sempre con me, ok? Non voglio dover fare a botte con qualche ragazzo" non l'avesse mai detto.
Entrammo mano nella mano, dietro una Emily che stava sclerando per noi due come coppia, a dire il vero quello fu anche il periodo in cui aveva deciso di assillare Alex affinché mi chiedesse di essere la sua ragazza, ma io non lo vedevo in quel modo. Affatto.
"Per te solo succo di frutta" mi puntò il dito contro e annuì verso il fratello per ordinare qualcosa di alcolico.
"Ehi, che cazzo di storia è questa? Semmai lui dovrebbe bere succo di frutta" scambiai i drink, ma il tempo di assaggiarlo ed Emily era sparita mentre Alex mi rimproverava allontanando il bicchiere dalle mie labbra, lo guardai basita siccome era quello che più mi viziava concedendomi ogni cosa.
I miei occhi rimasero fissi nei suoi per fargli cambiare idea, ma al contrario provò a sostenere il mio sguardo per poi farlo cadere sulle mie labbra, labbra rosse accese per colpa dell'orribile rossetto che avevo messo.
"Non farlo" la voce gli divenne roca da brividi e passò le dita sulle mie guance, lo assecondai mordendo le labbra e lo prese come un invito ad accarezzare anche quelle.
"Te l'ho mai detto che hai delle labbra piuttosto baciabili?"
"Ah si? Ricorderò di farlo notare ai tipi quando vorrò conquistare uno" intanto arrossii e lui scosse la testa.
"Non posso confermarlo al cento per cento, però" le sfiorò ancora e, penso di poterlo ammettere a sto punto, mi eccitò da morire, tant'è che strinsi le cosce fra loro e rafforzai il pugno intorno alla bottiglietta di succo.
"Cosa dovrei fare per rassicurarti?"
"Mi sa proprio che dovrò provarle" il suo respiro sulle stesse labbra e sentii una vampata di calore in tutto il corpo, ma ebbi il coraggio di sorridere come se fosse una battutina di passaggio e ad avvicinarmi a pochi millimetri.
"Sono tutta tua" sussurrai provocante, mi circondò il viso e le 'provo'.
Che se ci penso qualche volta, sento ancora quelle farfalle infami torturarmi la pancia, che sento le sue mani protettive portare la mia sedia più vicina a lui, poi su di me, la sua lingua scontrarsi con la mia mentre mi esplorava ogni angolo di ciò che riusciva a prendere, il suo respiro leggermente irregolare che si confondeva col mio piuttosto pesante, sia per l'eccitazione che per come ci stavamo spingendo oltre.
Poi si fermò, in un attimo sospeso in cui a dire il vero mi dispiacque, ma le sue intenzioni erano altre, perché andammo fuori e in un attimo mi ritrovai al muro, inchiodata con il suo corpo e lo rifece, cazzo mi baciò come se fossimo findanzati da quando eravamo piccoli, con una calma mescolato ad una passione che mi spinse a portare la mano in avanti e toccarlo proprio lì.
Con grande sorpresa, sgranò gli occhi e poi gemette tornando sulle mie labbra, infilai poi la mano dentro i jeans, prendendolo da sopra i boxer, lo accarezzai sulla punta felice che si fosse già eccitato prima.
"Cazzo, no, Lily. Ti voglio troppo bene, non lo posso fare" poggiò le mani sulle mie, ma scossi la testa e cercai di tirarlo fuori per poter fare di meglio, cosa che mi impedì, ma si lasciò sfuggire gemiti dopo gemiti ed ebbi un 'amico' che si spingeva contro di me come impazzito.
Vederlo in quello stato, grazie a me, fece si che mi promisi che nessun'altra lo avrebbe toccato in quel modo eccetto me. Non andò esattamente cosi.
Quasi al limite, Però, mi fermò del tutto maledicendosi sotto voce, poi si sistemò e mi strinse fra le sue braccia lasciandomi baci sul collo e sussurrando scuse che non compresi finché non mi disse esattamente questo. «Sei la mia migliore amica e non dovrei approfittarmi di te in questo modo, ho promesso a tuo padre di proteggerti, tutto questo anche incluso».
Lo odiai, inutile negarlo, ma poi sentii una sensazione improvvisa al cuore, che ancora non so spiegare, alle parole che ne eseguirono.
«però non ho fretta. Un giorno, le cose cambieranno, dipendentemente da noi due, e allora nessuno potrà tenerti lontano da me» poi mi diede ancora un bacio e mi prese per mano sorridendo come solo lui sapeva fare.

"Lily..." aprii gli occhi trovandomi davanti mio padre, i genitori di Alex e il dottore.
Mi guardarono con dispiacere e mio padre mi tese la mano, non accettai finché il padre di Alex non mi fece un cenno; mi alzai e papà mi tenne fra le braccia sicuro che non sarei rimasta a lungo in piedi da sola.
"Devi tornare a casa. È finita, è inutile restare, perché è in coma e non sanno come procedere. Serve tempo, ma tu devi tornare a casa" spiegò la madre scoppiando in lacrime.
"Non voglio lasciarlo. Papà, ti prego" piangevo anch'io in cerca di un suo sostegno, ma era pienamente d'accordo e dalle occhiate fra loro, capii che non mi avrebbero più fatta tornare.
"Non fatelo, vi prego" li guardai uno a uno, ma nessuno mi considerò e mio padre mi portò fuori prendendomi in braccio per impedirmi di rifiutare.
"Piccola, lo faccio per il tuo bene. Non mangi da giorni e di questo passo ci finirai anche tu in ospedale" finii per tenere le braccia intorno al suo collo per non cadere, mi portò in macchina e senza perdere tempo, partì.

Eh si, questo è proprio il penultimo capitolo.
Spero fin qui, vi sia piaciuto e che vi piaccia anche l'ultimo che aggiornerò presto❤✨

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