Capitolo 1

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PARTE I
"GENTE STRANA"

<<Morire non è nulla, non vivere è spaventoso.>>

Victor Hugo

DREAMING MY LIFE

Il telefono squilla di sotto: lo sento attraverso il dormiveglia.
Sento mio padre sbattere la cornetta sul ricevitore e mio fratello Loris che gli dice di non fare cazzate.
Che diavolo sta succedendo? Mio fratello non gli parla mai così.
Mi arriva il rumore di un tonfo e il passo pesante di papà risuona sulle scale.
Cazzo. Non mi piace. Per niente.
-Papà!-
Perché Loris sta urlando? Non urla mai...
-Lasciala in pace, sono sicuro che non l'ha fatto apposta! Mamma l'avrebbe lasciata stare.-
-Tu non sai niente di tua madre!-
Papà ha smesso di salire e sembra parecchio incazzato.
-È ora che tua sorella impari a controllarsi, Loris. Non possiamo continuare così!-.
Sento rumore di zuffa sui gradini.
Ma che diavolo stanno combinando quei due?
Perché non riesco a svegliarmi?
Papà ricomincia a salire le scale: a quanto pare l'ha spuntata lui. Strano, perché Loris è più giovane e anche più grosso e di solito quando pesta le da di santa ragione.
Forse ha avuto paura di fargli male: in fondo è pur sempre nostro padre.
-Luna!-
Papà fa irruzione in camera mia come una furia... ho sentito il rumore della porta che sbatteva contro il muro.
Perché non riesco a svegliarmi?
-Santo Iddio ragazzina, smettila di fingere di dormire e assumiti le tue responsabilità!-
La cosa paradossale è che non sto facendo finta: sto davvero dormendo. Non riesco a svegliarmi.
Perché diavolo non riesco a svegliarmi?
-Insomma, dovevi proprio farla morire di diarrea? Cosa può averti fatto di così orribile una prof di matematica? -
Cristo, è incazzato nero.
Non che abbia torto, ma mi ha strappato di dosso le coperte. Fortuna che dormo in tuta. E comunque, tanto per la cronaca: non volevo che morisse.
Vorrei che non fosse morta.
Perché non mi sveglio?
Sono mentalmente sveglia, ma fisicamente è come se fossi in coma. È strano: di solito ho il sonno leggero.
-Smettila di far finta di dormire.-
Ma doveva proprio mettersi a urlare? Mi sta trapanando i timpani e non posso nemmeno dirgli di smetterla.
Mi tira per la manica.
Loris entra nella stanza, il suo passo leggero che si sente a mala pena sotto le urla di papà.
-Papà, vieni via o qui finirà male.-
Perché dovrebbe finire male? Sono la mia famiglia... non farei mai loro del male.
Non farei mai del male a nessuno, se fosse per me.
C'è di nuovo rumore di zuffa: credo che Loris stia cercando di tirare papà fuori dalla stanza, ma non sta avendo molto successo.
All'improvviso un tonfo rimbomba nella stanza e una mano afferra la mia, strattonandomi per tirarmi giù da letto.
-Avanti Luna, svegl...-
-No, papà!-
Poi è un attimo: basta il contatto a farmi scattare.
Mi fa male dappertutto e la pelle si sgretola come terra secca.
Mi svegliano una strana sensazione di freddo (strana perché di solito il freddo non mi da fastidio) e delle urla che echeggiano nell'aria in modo quasi spettrale, come se fossero solo nella mia testa.
Mi guardo attorno, ancora assonnata e convinta che siano solo i rimasugli del sogno orrendo che stavo facendo un attimo fa.
Poi vedo mio padre riverso sul pavimento e mio fratello accasciato accanto al letto con un rivolo di sangue che gli scende lungo il mento, e capisco che non era un sogno.
Maledizione, non di nuovo! Sono l'unica famiglia che ho, non posso aver...
Scendo dal letto e mi avvicino a Loris, che sta tossendo come un tubercolotico, con gli occhi color cioccolata che guizzano ovunque, terrorizzati.
Che guardano me, terrorizzati.
-Cristo Loris...- borbotto accarezzandogli i capelli -Che cosa ti ho fatto?-
Non credo che mi capisca... ormai è più morto che vivo e dubito che il suo cervello funzioni ancora. A mala pena riesce a respirare.
Gli prendo la mano con la mia, cercando di non badare al fatto che la mia pelle sia completamente nera.
Succede, quando mi sforzo, che il male che ho dentro salga in superficie e che tutto di me diventi nero e che tutto attorno a me diventi... morto.
Compreso mio fratello, che con un ultimo colpo di tosse disperata crolla sul tappeto, accanto a mio padre.
Anche papà è... lui non credo nemmeno che abbia sofferto più di tanto. Mi stava toccando.
Mi alzo. Non so nemmeno come faccio a stare in piedi, ma mi alzo.
Sono sconvolta, ma non posso starmene qui ferma: so che sta per succedere qualcosa. Non so cosa, ma qualcosa sta per succedere.
Comunque non posso restare qui: la gente lo sa che non sono normale. Bisogna che me ne vada.
Comincio a ficcare un po' di vestiti in un borsone e poi mi lavo la faccia, guardandomi distrattamente allo specchio. I capelli dal nero stanno tornando al solito biondo cenere, la pelle sta tornando chiara e le cicatrici di quella volta che mi sono buttata dal tetto stanno tornando visibili.
Sì, ho tredici anni e ho provato a suicidarmi, problemi?
In fondo se fossi morta avrei solo fatto un favore al mondo, peccato che non sia così facile ammazzarmi: non basta buttarsi giù da una casa, quello basta solo a farmi due cazzo di cicatrici che mi si incrociano sulla guancia sinistra.
Gli occhi hanno una tonalità di rosso più sanguigna del solito.
Lo so: fa impressione, ma sono così e non posso cambiarli. Magari un paio di lenti a contatto...
Poi lo specchio mi esplode davanti e un frammento di vetro mi si pianta nel petto.

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