Capitolo 35

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UNA DIGRESSIONE O QUALCOSA DEL GENERE

Buona sera, signori e signore. O buon giorno, dipende da quando leggerete e no, non sto per mettermi a fare il monologo di Gandalf sul significato del buon giorno, anche perché in questo frangente le opinioni della scrivente rispecchiano più quelle di Will Grayson.

Sì, lo so che vi aspettavate il seguito delle avventure dei quattro pazzoidi, ma non lo avrete, o almeno non stasera. No, oggi raccontiamo un'altra storia, molto meno bella da raccontare e probabilmente meno interessante da sentire, ma non per questo meno importante. Oggi parliamo sì di una pazza, ma di una pazza nuova, o quasi. Signori e signore, questa sera parliamo di Rain Lullaby, quindi preparatevi una cioccolata calda, mettetevi comodi, tenete pronto il telefono per richiedere eventuale sostegno morale ai vostri amici (sì, proprio come quella volta che avete visto Sherlock buttarsi da un ospedale e avete chiamato la vostra migliore amica piangendo talmente tanto che a mala pena si capiva cosa stavate dicendo) e leggete...no, ok, sto esagerando. Non sono così brava a raccontare storie da mandare in crisi la gente...ma credo che il concetto sia arrivato, no?

Bene, da dove dovrei partire, per raccontare una storia lunga più di duecento e trent'anni? Be', descrivici la protagonista, direte voi, ma io, miei cari quattro lettori, non sono d'accordo. La descrizione verrà da sé, un po' alla volta, e poi per quanto riguarda il fisico la conoscete già, no? No, credo che mi butterò sul banale e che, per una volta tanto, comincerò dall'inizio. Tanto per cominciare dovete sapere, ma credo lo aveste già capito, che Rain Lullaby non era il suo vero nome, ma che noi la chiameremo così lo stesso, perché mi ucciderebbe se vi dicessi quello vero.

Una cosa che va detta, è che Rain era una persona fatta di vie di mezzo, non solo nel fisico, ma anche nella mente ed era una cosa, questa, che lei odiava nel profondo. Era sempre stata, fin dalla più tenera età, considerata più intelligente del normale, ma non era nulla di così speciale da poter essere chiamata "genio" ed era sempre stata, a parere di tutti, una bambina piuttosto singolare, ma non così tanto da attirare l'attenzione. O almeno, non da piccola. Durante l'infanzia era andato tutto più o meno bene: era una bambina tutto sommato carina, intelligente e sempre sorridente, aveva tanti amichetti e le maestre all'asilo la descrivevano come equilibrata ed espressiva...sebbene il suo modo di esprimersi fosse un po' particolare. Le piaceva disegnare e le riusciva anche piuttosto bene, per l'età che aveva, eppure ciò che disegnava e i colori che sceglieva a volte lasciavano sbalordite sia le maestre che gli altri bambini. Faceva ragionamenti un po' strani, in effetti, e se le si chiedeva di inventare una storia si poteva star certi che alla fine sarebbero morti tutti, ma nonostante tutto, l'infanzia passò senza grossi problemi, e così anche i primi anni dell'adolescenza.

No, fu nell'anno in cui compì quindici anni che cominciarono i casini. In seguito, nella sua testa Rain cominciò a chiamare quel periodo "l'anno in cui tutto andò in mona". Il bello è che nemmeno lei seppe esattamente cosa si fosse spezzato, che cosa fosse cambiato, eppure qualcosa doveva essere cambiato, perché all'improvviso era sola. Ok, tutti gli adolescenti si sentono soli, e tutti si sentono sbagliati...ma non lei. Lei non si sentiva sbagliata, lei sapeva di essere sbagliata, in qualche modo. Effettivamente, bastava uno sguardo per capire che non era come gli altri: a quindici anni non aveva addosso nemmeno un filo di trucco, si vestiva solo di colori scuri, non portava vestiti alla moda e non la si vedeva mai andare in giro senza un libro o un paio di cuffie. Non parlava mai con i suoi coetanei se non la prima volta che si vedevano, cinque minuti, giusto il tempo per farsi dare della pazza un paio di volte...la cosa diversa che aveva, rispetto a tutti gli altri adolescenti nelle sue condizioni di completo isolamento dagli altri, era il suo modo di affrontare la cosa. Non era il tipo che si deprimeva e che cominciava a farsi del male o a fumare: affrontava tutto come fosse una guerra, era il tipo che mandava la gente a fanculo e poi alzava il volume delle cuffie, martellandosi le orecchie di musica che i suoi compagni definivano "da sfigati" pur di non sentire. Quattro soli alleati la aiutavano nella sua guerra: la musica, i libri, le serie tv (dalle quali si considerava dipendente)  e una sua vecchia compagna delle scuole medie. Aveva quella tendenza, Rain: si isolava completamente e mandava a quel paese tutti quello che le giravano intorno, ma si attaccava a chiunque le dimostrasse un minimo di affetto e comprensione. Il problema era che spesso non si fidava nemmeno di chi tentava di esserle amico: troppe volte le era successo che qualcuno che aveva giurato di esserci sempre le avesse voltato le spalle e se ne fosse andato, e lei non era capace di non voler bene a chi le stava vicino. Con il tempo aveva solo imparato che più vuoi bene a una persona, più fa male quando se ne va e nel suo caso tutti se ne andavano. Tutti.

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