Capitolo 10 (dedicated to Always_Dreamer)

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IL TRENO DEI MATTI

Mórrígan POV

Eccomi qua, sveglia un'altra volta in piena notte. Ma stavolta non esco. Eh no, non ci penso proprio. Mi rigiro continuamente nel letto cercando disperatamente di tenere i pensieri lontani dalla mia testa, ma è come tenere un pallone sott'acqua: prima o poi torna a galla. Mi ostino a tenere gli occhi serrati, ma vedo comunque stramberie di tutti i tipi. Finirò per andare fuori di testa se non mi muovo. Ma non voglio muovermi, so esattamente dove andrò a finire se esco, e non voglio. Cinque, dieci, venti...secondi che non scorrono mai. Merda, perché in questi momenti, quando tutto ciò che voglio e che arrivi mattina, il tempo non passa più? Forse se andassi a fare un giro mi verrebbe sonno...no. Assolutamente neanche per idea. Avanti Mórrígan, pensa. Ci dev'essere qualcosa che puoi fare. Sì,  puoi uscire. Oh, andiamo, cosa può succedere? È un ragazzo, mica un mostro. Vero, ma è un ragazzo che mi fa maledettamente paura. Eh, già. Non l'ho mai vista su questo piano, ma è vero: Abyss un po' mi spaventa, con quel suo modo di fare aggressivo e quei suoi occhi spaventosamente profondi. Eppure non è quel genere di paura che ti fa correre via urlando come una deficiente, è piuttosto di quel tipo che chiede urlando di essere affrontata. Come quando ci si trova su un trampolino altissimo in piscina e si ha una paura bestia di buttarsi, ma anche una voglia matta di farlo. Più o meno per me Abyss è un salto nel buio, mi spaventa, ma voglio conoscerlo. E allo stesso tempo voglio stargli il più lontano possibile. COMUNICAZIONE DI SERVIZIO: IL TRENO DEI MATTI PASSA DI QUI ALLE QUATTRO MENO UN QUARTO. Mi avvisa la mia coscienza. Va bene, va bene, ho capito. Scendi dal letto attenta a non svegliare Brooke, che sta biascicando qualcosa a proposito di un certo Raymond. Domani, anzi oggi, devo chiederle chi è. Esco dalla stanza e mi chiudo la porta alle spalle. È strano che non ci siano regole che vietano di girovagare di notte, tipo una spece di coprifuoco o giù di lì, ma tanto probabilmente non lo rispetterei comunque. Non riesco a non pensare al laboratorio di musica, e la chiave di volta mi sta già indicando la strada. No, non posso andare dritta nella tana del lupo. Guardo indecisa il bracciale a forma di serpente che si avvolge in due giri attorno al mio polso fin troppo esile. Secondo Dæmon in combattimento sarò un disastro. Troppo piccola, troppo magra e decisamente troppo debole, ma il mio "potere" dovrebbe ovviare tranquillamente al problema. Alla fine, dopo quasi trenta secondi di riflessione lo sfilo e lo ficco nella tasca della mia felpa rossa "per la nanna". Mi incammino lungo un corridoio a caso, schiarito solo dalle luci fredde delle lampade al neon poste sul soffitto, e permetto alla mia mente di vagare. Tanto so già benissimo dove andrò a finire, spero solo che senza chiave di volta sarà più difficile.

Abyss POV

Sto seduto, fermo come uno stoccafisso, sullo sgabello davanti al piano. Mi sento un idiota. Sono qui da più di un'ora, a fissare pensieroso la fiamma traballante della candela che illumina fiocamente la tastiera, dando una sfumatura avorio ai tasti. Non ho suonato una sola nota, non ho sfiorato un solo tasto. E il bello è che non so nemmeno cosa sto aspettando. Poi la sento arrivare. Passetti felpati che risuonano sul pavimento del linoleum delle gallerie. Potrei riconoscere i passi di una persona ovunque, ma i suoi sono incredibilmente inconfondibili. Forse centra il fatto che sia così corta e che quindi i passi siano discretamente corti e veloci per una ragazza della sua età. O forse è perché fa di tutto per non farsi notare, e quindi cammina in modo più rigido degli altri. Fatto sta che so che é lei. E so anche che ora mi sta  fissando attraverso lo spiraglio della porta. Sospiro-Ciao bimba...non riesci proprio a non spiarmi, eh?-nemmeno mi giro mentre parlo. Mi accorgo subito del mio errore: di solito ho cura di sembrare uno stronzo apocalittico, invece ora il mio tono sembra molto più divertito che ostile.-Non ti stavo spiando. Mi sono persa, e quando ho visto la luce sono venuta a controllare se eri tu.-la voce le trema d'imbarazzo ... Fermi tutti, si è persa?!-Devi avere proprio un senso dell'orientamento di merda se sei riuscita a perderti con una chiave di volta.- cazzo, di nuovo ho la voce adorabilmente ironica invece che odiosamente sarcastica. Infatti lei se ne accorge-Come mai stavolta non mi parli come se volessi ammazzarmi?-chiede un po' timida. Ci penso per un attimo, ma non mi viene in mente nessun motivo serio, quindi butto lì la prima cazzata che mi passa per la testa-Psicologia inversa.-affermo, sempre adorabilmente ironico-Visto che facendo lo stronzo non ti togli dai piedi, forse se sono carino mi lascerai in pace.-mi giro verso di lei e tiro fuori il sorriso più vampiresco del mio repertorio. Ovviamente mi riferisco ai vampiri tradizionali: quelli pallidi, strafighi, che succhiavano il sangue alla gente e non a quelle sottospecie di zombie che ci sono qui al ghetto: per la maggior parte brutti come l'anno della fame, con le ascelle sott'olio e che mangiano solo carne cruda. I suoi occhioni rossi luccicano nel buio-Quindi visto che hai deciso di essere carino posso anche entrare?-non capisco perché sia così timida, in fondo non la mangio mica.-Certo bimba, questo posto non è mica mio.-. La porta si apre piano e lei entra, con quel suo passo felpato e la sua andatura leggera. Sembra quasi che voli, invece che camminare. Pare quasi un rapper dell'epoca d'oro, con quella felpa enorme e i jeans troppo larghi e strappati in vari punti che ha addosso.-E la smetti anche di chiamarmi "bimba"?-l'accento italiano rende musicali le sue parole. Beh, posso permettermi di fare un po' lo stronzo-Ora mi stai chiedendo troppo, bimba.-. Mórrígan sbuffa, fermandosi vicino al piano. È proprio uno scricioletto di ragazza, cos'avrà di tanto pericoloso? Ok, gli occhi sono inquietanti, ma a parte quello... non so, mi piacerebbe vederla all'opera e allo stesso tempo ho la sensazione che non mi piacerebbe per niente. È assorta nei suoi pensieri, come del resto lo sono anche io. Nessuno dei due dice niente, forse entrambi persi nell'eterno dilemma che grava sulle anime dei ragazzi :"a chi tocca parlare per primo?". -Sei bionda naturale?-chiedo alla fine, sputando per la seconda volta nella serata la prima stupidaggine che mi viene in mente. Lei mi rivolge uno sguardo confuso-Sì, perché? -bella domanda, perché le ho chiesto una cosa del genere?-Hai le sopracciglia tanto scure...-dico accarezzando i tasti del piano con una mano. Lei intanto si sfiora distrattamente  le sopracciglia.passa un minuto, forse anche uno e mezzo, prima che si decida a parlare di nuovo-Perché non suoni? Sei così bravo...-. Mi sfugge un sorriso storto, che però tento in tutti i modi di nascondere.-Non sono poi chissà che e comunque non sono ispirato.-rispondo. Sorride, ma c'é un'ombra di amarezza nel suo viso-Mio padre diceva sempre che l'ispirazione non esiste.--Mia nonna invece diceva che se stavo attento potevo vedere gli arcobaleni uscirle dalla testa e i pandicorni che ci correvano sopra cagando caramelle, quando era ispirata.-ops...mi è scappato...-Cosa?-mi guarda come se fossi un fantasma, e mi viene quasi da ridere-Niente...-farfuglio cercando disperatamente di non ridere. Quell'espressione...solo gli italiani possono essere così buffi, dico sul serio.-Chi ti ha insegnato a suonare?-altri trenta secondi di silenzio. Sta prendendo confidenza.-Non penso siano affari tuoi.-dichiaro con l'aria più stronza che mi viene. Lo so che mi ero ripromesso di fare il bravo bambino, ma non ho il fegato di fare amicizia. In fondo questo è solo un luogo di passaggio. Con mio grande stupore lei sospira-Ho capito, me ne vado.-si incammina verso la porta, ma a metà strada si gira-Peccato però, sai, cominciavi a piacermi.- riprende a camminare ed esce dalla stanza. Come l'altra volta vorrei andare a chiederle scusa. A dire il vero mi succede quasi sempre quando qualcuno si dimostra ferito dal mio comportamento, ma non lo faccio mai, e non lo farò nemmeno questa volta. Invece torno a guardare la tastiera, ripensando a quando mia nonna mi diceva di stare attento ai pandicorni. Non credevo che lo avrei mai detto a qualcuno. Poi mi torna in mente anche quella volta che le ho chiesto cosa fosse un pandicorno. "E io che ne so?" Mi ha risposto sorridendo "Ai miei tempi alcuni dicevano che erano panda con un corno in testa e altri che erano unicorni degli stessi colori dei panda. L'unica cosa su cui erano tutti d'accordo era che vomitavano arcobaleni." Il suo sorriso poi si e deformato in una smorfia triste "Il mio amico immaginario diceva che li vedeva spesso, sul treno dei matti, ma che non mi avrebbe mai detto cos'erano in realtà." Aveva aggiunto poi guardando fuori dalla finestra. Mi raccontava spesso anche del suo amico immaginario, e del treno dei matti: una specie di treno fantasma che secondo lei la seguiva ovunque, e diceva anche che era per quello che le piaceva camminare senza sosta ne meta, per ore e ore, perché così poteva fare ancora finta che il treno dei matti la seguisse ancora, e di avere ancora alle calcagna tutte le sue fantasie più sfrenate e i suoi incubi peggiori, che l'avrebbero braccata in eterno, ma senza abbastanza fretta da dover scappare correndo invece che camminando. A essere sincero quando ero piccolo pensavo fosse completamente matta, ma poi ho cominciato a leggere i suoi libri. Nella sua lunghissima vita mia nonna aveva fatto di tutto: il fisico, l'ingegnere, aveva studiato psicologia, anche se non l'aveva mai applicata se non per divertimento. Era stata una spia, aveva fatto da tramite in traffici di cose d'ogni tipo, dalla droga alle armi, aveva cacciato taglie finche quella sulla sua testa, di taglia, non era stata parecchio più grande di quelle delle sue prede, per un po' aveva fatto addirittura il sicario, ma poi il suo codice d'onore aveva avuto la meglio.

Dopo il mio arrivo aveva cominciato a fare il meccanico, ma la sua vera vocazione era sempre stata la scrittura, fin da quando era piccola, ad ascoltare lei. Il bello era che lei era la prima ad ammettere di essere più fuori di un balcone, ma leggendo quello che scriveva, mi passava ogni volta la voglia di crederci. Chissà come se la passa ora, nella cara, vecchia, freddissima Russia. Chissà se le manco... In fondo se assomiglio, anche se non è veramente mia nonna: io lotto per tornare in un mondo che la gente non apprezzerà mai, esattamente come lei scrive libri che nessuno leggerà mai, se non io e gli altri sul treno dei matti.

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