Capitolo 6

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DREAMS AND... SOMETHING ELSE...

Valentyn POV

La sveglia suona.
Cavolo, quanto odio le sveglie. Però non le odio così tanto, quando mi svegliano mentre sto sognando... affari miei chi o cosa sto sognando. Svolazzo giù dal letto alto del castello e borbotto qualcosa che non capisco nemmeno io, ma che suona infastidito, quando noto i fogli che dovrebbero essere sulla scrivania che invece stanno volteggiano ovunque.
Diamine.
Dimentico sempre che in questa stanzetta claustrofobica non posso volare.
Mi stiracchio cercando di non aprire troppo le ali e mi accorgo di essere senza maglietta. Strano, e anche un po' inquietante: credevo di averla ieri sera, quando mi sono addormentato.
Guardo Claude, il mio compagno di stanza, che ancora ronfa allegramente succhiando un angolo del cuscino e ripenso alle battute degli altri ragazzi sul fatto che sia, cito testualmente, un fottuto frocio succhiacazzi e 1)penso che preferisco non sapere cosa stia sognando 2)valuto se sia il caso di coprirmi prima di svegliarlo. Non che abbia qualcosa contro i gay, ma sinceramente non mi piace essere attaccato quando a malapena sono sveglio.
Alla fine decido che probabilmente gli altri ragazzi pensano che tutti gli Angeli siano fottuti froci succhiacazzi e che, al limite, sono abbastanza sveglio da potermi difendere.
-Claude.- lo chiamo -Forza francese di merda, alzati e risplendi: è quasi ora di colazione.-
Capisco che si è svegliato solo perché ha smesso di succhiare il cuscino e si è messo a sorridere, anche se ha ancora gli occhi chiusi.
-Non rompere raggio di sole. Lasciami dormire altri cinque minuti.-
-Muoviti.- gli ripeto.
-Chiudi quella cazzo di bocca svedese e lasciami in pace.- sbotta.
Non ho ancora capito perché, ma qui dentro sembra che il razzismo sia un gioco.
Cerco di non pensarci e vado ad aprire l'armadio, cercando di capire che cavolo mettermi. Perdo quasi venti secondi solo a cercare di ricordarmi quale sia la mia parte, ma alla fine mi viene in mente che è la sinistra e, giusto per non stare qui davanti tutta la mattina, prendo le prime due cose che mi capitano a tiro: un paio di jeans grigi e un magione di lana azzurra con il collo largo che mi strappa un sorriso: adoro i magioni. Continuando a sorridere recupero anche gli scarponi, fedeli compagni dei miei ultimi due anni di sventure e mi rintano nel micro bagno della nostra camera per farmi la doccia.
Quando esco, quasi un quarto d'ora dopo, Claude sta di nuovo dormendo, e sta di nuovo succhiando il cuscino.
Lo lascio perdere e guardo sconfortato lo zaino nero abbandonato sulla mia parte di scrivania e che, come al solito, ho scordato di preparare ieri sera. Fisso l'orario con sguardo truce.
Prendo il libro di matematica, che è alla prima ora del mercoledì, ma poi mi viene in mente che oggi è martedì, e che matematica è alla quarta. Alla prima infatti c'é latino, ovvero il mio peggior incubo. Ficco dentro alla rinfusa tutto quello che mi serve e faccio per uscire.
-Hai intenzione di mangiare con noi o ci abbandoni per la ragazzina anche oggi?- chiede Claude riemergendo dal suo sonno.
Mi giro e gli lancio uno sguardo assassino... cosa probabilmente non tanto saggia da fare dato che ha un paio d'anni più di me e... ok, non è così grosso, ma di sicuro è più addestrato.
-Con chi mangio non sono affari tuoi.- sputo, fregandomene del mio ragionamento.
Ok, tanto vale essere sinceri: non vado molto d'accordo con Claude, ne con nessun altro in questa gabbia di matti a parte Mórrígan. Devo chiederle cosa significa questo dannatissimo nome. Sono giorni che me lo chiedo e poi ogni volta che per una ragione o l'altra mi ritrovo a passare del tempo con lei me ne dimentico. È snervante, davvero. Diciamoci la verità: quella ragazza è un po' strana, anzi parecchio strana, ma pur essendo un po' troppo chiusa in se stessa e leggermente fra le nuvole è un bel tipo. Cavolo, bei pensieri da fare sulla soglia di una porta, mentre in mensa si staranno facendo fuori senza pietà tutte le ciambelle. Mi chiudo la porta alle spalle senza dire altro e mi incammino cercando di non estraniarmi troppo, perché a quest'ora c'é vita nel Ghetto e non ho voglia di fare una figura di merda andando addosso a qualcuno. Salgo al piano terra, dove c'é la mensa e passo distrattamente davanti ad una finestra. Faccio quasi altri cinque metri prima di accorgermi di cosa c'é di strano fuori: c'é il sole.
È la prima volta che lo vedo da quando sono qui, perché prima ha sempre nevicato. Ha l'aria di fare parecchio freddo per essere solo fine Ottobre, ma credo che quest'anno l'inverno sarà peggio del normale. Quando entro in mensa Mórrígan è già seduta a quello che ormai è diventato il nostro tavolo. Mi sorride, quando mi vede.
-Hai visto? Sole!- esclamo a mo' di saluto.
Lei però non sembra così contenta...
-Non me ne parlare.- dice infatti.
-Che c'é?- chiedo un po' preoccupato.
-Niente, ma mi piace la neve...-
Scoppio a ridere e lei mi guarda male.
-Che c'é?- domanda, fingendosi indispettita.
Alla fine comincia a ridere anche lei.
-Hai da fare oggi pomeriggio?- le chiedo -Mi hanno detto che quando il tempo non fa schifo si può uscire nel bosco a camminare.-
-Sicuro che non sia troppo freddo per te, Angioletto?- mi chiede ridacchiando.
Il fatto è che... pur essendo svedese sono un tantino... freddoloso. Rangione per cui non mi spiego come cavolo ho fatto a dormire senza maglietta. La cosa si sta facendo più inquietante.
-No, sì, hai ragione. Meglio evitare il bosco almeno fino a primavera... sei già stata nel laboratorio di arte?-
Lei sorride.
-Ok...-

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