16. Please let me take you out of the darkness

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In un attimo, senza spiegarmi come ciò sia possibile, mi ritrovo a sabato.

Il tempo non è dei migliori, ma va bene così. Ester, ho saputo da Arthur è tornata a lavoro e con una particolare voglia di vedermi. È poi venuta a trovarmi a casa, ma puntualmente ero andata via. Avevo detto al capo che andavo nella mia città per un paio di giorni e ci aveva pure creduto, in realtà mi ero rifugiata nel bosco.

Il mio Habitat. La mia pace. L'unica cosa che manca è la neve poi sarebbe perfetto.

Chiudo gli occhi per respirare l'aria e assaporarla.

<<Ti piace proprio stare qui>>

Mi volto verso quella voce e quasi rimango impietrita.

<<Ivana>> dico voltandomi verso la vecchietta sorridente.

Mi incuriosisce e non poco, sembra che non sia qua perché passava per caso, sembra che lei sia qua perché senta la mia presenza.

<<Come va?>> Mi dice, ma non smette di sorridere quasi a mettermi tranquillità.

<<Bene>> rispondo e la nostra conversazione sembra finire qui, ma decide di andare avanti lei.

<<Ti va un caffè?>>

"Scopriamo chi sei vecchietta" penso mentre mi volto un'altra volta verso il vento.

<<Certamente>> Affermo seguendola verso la tana sua.

La casa è molto graziosa: Appena entrati un ampio spazio con un tavolo e un buco da cui fuoriesce fuoco, ma non molto.

"Strano" mi ritrovo a commentare. Ancora più avanti dei divani intorno a un minuscolo tavolo e poi riesco a vedere un piccolo corridoio, ma non le stanze interne.

Mi siedo sul divano cercando di stare composta e fortuna mia, non ho indossato i tacchi, ma semplici scarpe da ginnastica.

<<Come mai oggi da queste parti?>> mi domanda mentre prepara in caffè nella stanza accanto, tende quindi ad alzare la voce per farsi sentire da me.

<<Mi rilassa venire qua, tu? Sei sola in questa casa?>> chiedo alzandomi e raggiungerla perché di parlare così non sembra molto saggio.

Mi appoggio alla porta della cucina e la guardo preparare il caffè con una macchinetta molto, ma molto, più piccola di quella che c'è al bar.

<<No, mio marito è a lavoro torna stasera>> mi spiega e in effetti proprio in quella cucina noto una foto appesa al muro di lei quando era giovane e un uomo obiettivamente bello dai capelli mori e uno sguardo accattivante.

<<Carino, suo marito>> commento indicandole la foto.

Lei si limita a sorridere e vedo i suoi occhi cambiare colore, cioè acquistano una luce propria, brillano.

"Ecco" penso "se tra gli umani ci fosse l'imprinting, questo ne sarebbe un esempio"

<<Comunque, non ci sperare, ora ha i capelli bianchi e molte rughe sul volto>> confessa e scoppio a ridere. Nonostante questo però, lei ne è innamorata.

<<Figli? Non ne hai?>>

Il suo volto cambia a questa domanda. Si incupisce subito e non posso fare a meno di notare il dolore che traspare nel suo viso.

<<L'avevo, ma se ne è andata perché non accettava il suo destino e con sé si è portata anche il marito e la figlia piccola>>

Rimango un attimo spaesata.

The Death Key (The death Series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora