<<Raccontami di te>> mi dice a un certo punto nel mentre fissiamo lo schermo nero di fronte a noi.
<<Sai già abbastanza, vivevo con mamma e il mio migliore amico che è come un fratello per me, in un piccolo paesino>> mi limito a rispondere, mantenendo segreti i dettagli che compongono la differenza.
<<Già, questo me l'hai detto... ma raccontami di più di questo tuo paesino>> marca l'ultima parola come se ben sapesse che non è niente del genere, come se già conoscesse la mia origine.
<<Piccolo paesino, poco da dire, tu piuttosto, non mi hai mai detto niente di te, se non che vieni dall'America>>Rigiro il discorso e sembra funzionare, perché per un secondo si perde. Lo vedo fissare davanti a sé in un punto indefinito ed è come se in quel punto a immagini lente scorressero i ricordi della sua vita, della quale non sono partecipe...
Cambia, inoltre, il battito del suo cuore se prima era semplicemente aumentato forse dall'atmosfera che creavamo noi, ora prende una piega nostalgica con un misto di rancore... mi ricorda i sentimenti di Ester dovuti alla sua famiglia e penso che lo stesso vale per lui. Talvolta siamo convinti che i sentimenti più contrastanti siano nell'amore, ma anche la famiglia, derivata da un passato burrascoso, non scherza mica.
<<Avevo un fratello>> confessa e sorride con amarezza e odio, quasi a spaventarmi.
<<Che fine ha fatto?>> domando a voce fievole.
<<Morto. -risponde secco, per poi aggiungere – molti anni fa, quando ero piccolo. Ci hanno abbandonato i nostri genitori e la storia è finita così>> ammette finalmente guardandomi negli occhi.
Lo vedo, usa una trasparenza incredibile quando si racconta, come se volesse dirmi "guarda, mi fido di te" e forse è realmente così, peccato solo che non posso dire lo stesso io. La mia versione è molto più complicata della sua.
<<Perché lo dici quasi con odio?>> chiedo con il tono che si abbassa a ogni nota.
Stavolta il suo sguardo diventa duro e la mascella serrata serve a dimostrarmi quando sbagliata sia quella domanda. Ma, contro ogni mia aspettativa, lui mi risponde.
<<Perché è colpa sua se i nostri genitori ci hanno abbandonato. Io ho creduto a lui, mi sono lasciato trasportare, ma ero troppo piccolo per decidere, eravamo tanto diversi. Pensa, quando ero solo un bambino volevo essere come lui, carattere forte e intraprendente, ma ha rovinato tutto ed ho capito che con lui non volevo più averci a che fare... un paio di anni dopo l'accaduto è morto. Come non poteva? La sua vita si basava sai su cosa?>>
<<No, non lo so>>
<<Sul rischiare. Amava rischiare fino allo stremo delle sue forze. Intimorirsi? Mai di fronte a niente.>>
Cerca di nasconderlo, ma non gli riesce bene. Lo odia e si vede, solo che lui pensa che l'odio sia derivato da una serie di scene, invece no, il suo odio è derivato dal fatto che ammira ancora troppo suo fratello e sicuramente, vuole avere almeno la metà di quello che ha appena elencato. Samuel non è uno che rischia il pericolo, piuttosto lo evita o lo affronta con diplomazia, questo fratello oramai andato, viveva tutto con il muso al vento, come si dice a Krynox.
<<Mi dispiace sia morto...>> concludo dicendo tornando a guardare tutto meno che lui.
<<Non parliamo del passato, forse è meglio. Progetti per il futuro?>> domanda sorridendomi, ma io scoppio a ridere, perché nella mia testa compare la verità: "trovare la chiave ed andarmene da questo luogo", ma a lui decido di dire solo: <<No, nessun progetto per ora, tu?>>
STAI LEGGENDO
The Death Key (The death Series)
WilkołakiTalia ha da sempre sentito parlare degli umani, ma non ha mai pensato di finire in mezzo a quella razza che ha sterminato la sua specie. Gos, capobranco della tribù dei Bianchi già aveva deciso il suo destino, senza però avere il suo consenso. Per...