29. I'm free

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Nella mia testa, avevo già programmato di ucciderlo, di farlo fuori, ma quando l'ho visto di fronte a me, è cambiato qualcosa.

Ho sentito il cuore battere nel petto, tanto forte da volerlo sfasciare; ho percepito un mal di stomaco allucinante e l'istinto mi che mi di andargli incontro ed abbracciarlo, indipendentemente da tutto, ma per fortuna, la ragione è maggiore.

Sono contenta che stia bene, ma una misera spiegazione a me la poteva anche dare. Siamo alleati in questa avventura e non può permettersi di andare dove gli pare e piace come se nulla fosse.

<<Che ci fai qui?>> mi domanda e subito risale il mio istinto omicida.

"Sono venuta a vedere questo Palazzo Kinsky che non ho mai visto prima d'ora" vorrei rispondergli, ma mi trattengo.

Siamo vicini perché nel mentre lui aspetta la mia risposta, avanza verso di me. Ogni passo che fa però, sento il pavimento crollarmi addosso.

<<Cerco quello che hai abbandonato tu>> rispondo e i miei occhi, cambiano colore, dalla rabbia diventano naturali -gialli – e non posso fare a meno di sospirare per calmarmi.

<<Non ho abbandonato nulla Lia>> replica arrabbiato.

<<No? Allora vedi di informarmi sulle tue News>> ribatto io, restituendogli il tono. Altro non fa che ridere. Si sente soddisfatto e posso dire anche divertito da questo mio sfidarlo sempre.

<<Andiamo>> dice solo e ci dileguiamo da lì, prima che io entri nella zona rischio.

Camminiamo e camminiamo, fino a finire in un parco pieno di persone. Penso che si voglia fermare, quindi lo fisso storto, ma poi lui continua ad avanzare e capisco che non è qui il suo obiettivo.

Andiamo avanti per diversi minuti, fino a che non arriviamo in una panchina isolata dall'universo, in una via sperduta. Ci addentriamo nel luogo, dove nemmeno il sole riesce a battere e ci sediamo, mantenendo le rispettive distanze.

Lo guardo, mi guarda. Sorride, sorrido. Non so dire per quale scherzo avviene tutto ciò, ma riesco a percepire la normalità ora. Mi sento come a casa, nel senso, come se accanto a lui, non avessi bisogno di fare nient'altro ne son stargli vicino. È assurdo, ma è quello che sento. Sono consapevole che tra di noi è impossibile, letteralmente, quindi prima smetto di pensare a lui, meglio è.

"Torna alla chiave" mi suggerisce il subconscio e subito ascolto il consiglio.

<<Cos'hai scoperto?>>

<<Guarda>> tira semplicemente fuori un foglio dalla tasca con dei segni strani incisi sopra.

<<Cosa ci servono questi segni?>>

<<Beh, non lo so, ma aspetta, te lo mostro>> Dice e prende il telefono. Chiama Rudolf, chiedendogli di metterlo in collegamento con Enola, per un totale di 10 minuti.

"Chi è Enola?" mi ritrovo a pensare e stringo i denti, quasi per... rabbia? Com'è possibile che io, sia arrabbiata?

Non comprendo cosa mi stia succedendo, sicuramente è questo corpo che mi hanno dato a essere grandemente difettoso.

"Stupido Gos"

Nel frattempo, dopo la telefonata e dopo avermi sorriso a trentadue denti – per ragioni sconosciuti – si decide a farmi capire.

Estrae dalla tasca un altro foglio, sembra antico, dalla carta e sopra ha gli stessi segni che c'erano sul foglio bianco.

<<Continuo a non capire. Ora contatti Rudolf per avere un'altra scritta uguale, magari su una pietra?>>

The Death Key (The death Series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora