23.What is happening?

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Sono a casa da sola, sento il telefono squillare, ma appena leggo il nome di Gos chiudo subito e mi butto sul divano.

Rimango un secondo lì, ma poi cambio luogo perché c'è ancora il profumo quasi sconosciuto di Rudolf. Mi trasferisco in cucina e i ricordi si susseguono. Ricordo di quella volta che è salito qua e si è appoggiato dietro a me, respirandomi sul collo. Quel caldo e profondo soffio di fiato.

Abbiamo vissuto davvero poco ma per quel che vale è stato abbastanza. Sento un vuoto ora, sento come se al cuore non avessi più un peso. Sento un dolore allucinante sullo stomaco, mi viene la nausea.

Sospiro. Mi accomodo sulla sedia e mi appoggio con le mani sul tavolo, ci nascondo poi la testa e lascio spazio alle lacrime. Mi travolgono in una sofferenza totale, non riesco a capirci più nulla. Voglio trovare Robin, voglio stappargli l'anima dal petto, non pensando alla bontà, alle regole, al sentimentalismo o quant'altro. Voglio fargli male tanto quanto lui non ha fatto con Sam.

Non aveva motivo di ucciderlo, non ha senso il suo gesto. Parliamo poi di Rudolf che dice di avere una ragione.

"Ridicoloo" grido urlando al cielo.

Il tempo passa, ma io sono bloccata qui: in un tavolo in cucina, troppo grande per una sola persona. Ho le guance bagnate dalle troppe lacrime, troppe per una sola persona.

Mi manca lui, l'ho evitato per giorni e me ne sto pentendo amaramente, ho avuto paura di affrontarlo. Eppure, mi mancava, lo negavo, ma mi mancava e mi manca ora, da morire anche.

Il campanello suona. Guardo il telefono, ma ricordo di averlo spento, quindi volgo lo sguardo dalla finestra e vedo il sole comparire timido dal lato Est della terra.

Mi alzo con fatica, mi dirigo verso la porta e apro la porta non chiedendo niente di niente. Potrebbe essere anche Robin con la voglia di uccidermi e per quanto mi interessa ora, non opporrei nemmeno resistenza.

<<Holly, che succede?>> vedo Arthur comparire e due secondi dopo mi si fionda addosso per regalarmi un abbraccio troppo caloroso. Lo guardo un po'. È veramente bello, pure buono è tanto gentile. Ricambio il gesto con più forza, mi aggrappo alla sua maglietta e non lo lascio andare più. Sento che l'acqua salata finiscano direttamente nella sua camicia lavorativa.

<<Vuoi sederti?>> mi dice a voce affettuosa.

<<Si>> rispondo.

Ci sediamo.

<<Vuoi parlarne?>>

<<No... >> dico semplicemente e mi appoggio a lui.

<<Allora oggi, facciamo così, invece che andare a lavoro, ti porto in un posto, va bene?>>

<<Grazie Arthur, ma passo a lavoro, almeno non penso>>

<<Va bene, tesoro, andiamo>>

Sono ancora sorpresa da questo suo comportamento, ma ho imparato ad apprezzarlo tanto. Sento in lui questa figura paterna di cui ho sempre sentito la mancanza, anche se ovviamente, nessuno potrà mai sostituire o anche solo coprirne la metà di quel vuoto lasciato.

A lavoro poi, tutto è come sempre, le persone sono al loro posto che mangiano tranquilli. In cucina prendo il mio grembiule e mi metto al bancone ad aspettare i clienti.

D'un tratto la porta del bagno si apre e vedo Ester con un sorrisino tranquillo, ma leggermente disgustato.

<<Ti rendi conto, i bambini che vomitano nel bagno. Mi devo ancora riprendere>> dice non guardandomi neanche effettivamente.

The Death Key (The death Series)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora