Prendo altre bottiglie di birra visto che ne rimangono poche nel frigo.
È tardi pomeriggio, ma il caldo non manca mai e nemmeno la gente. È un tutt'uno di vociare, musica a palla e il rumore dei ghiacciolini che verso di tanto in tanto nei bicchieri.
«Sono vostri i Sex on the beach?» Domando ad un gruppo di ragazzi seduti ai tavolini fuori, il vassoio che tengo in equilibrio con una mano.
«Si, grazie.» Rispondono uno dopo l'altro.
Rientro e noto Rox intenta a preparare dei caffè.
«Vuoi una mano?»
«No, tranquilla» Mi sorride.
Sono felice che si stia riprendendo, che stia dimenticando Dave senza farlo del tutto. Perché cancellare non è un buon modo per affrontare le cose. A differenza sua, ho sempre voltato le spalle a tutto ciò che non riuscivo a controllare, che credevo di non poter rimettere insieme.
«Chris! Da quanto!»
Alzo di scatto la testa e noto Ryan che viene verso di me, con le braccia aperte. Gli vado incontro e ci stringiamo in un breve abbraccio. La sensazione d'affetto, il calore del contatto, la felicità che sento scorrere nelle vene. Un misto di emozioni contrastanti, la sua presenza che mi rende in qualche modo costantemente sorridente.
«Si, è un po' che non ti vedo!» Esclamo, mentre ritorno alla mia postazione.
Mi siedo e così fa anche lui. Ci guardiamo un secondo scambiandoci un sorriso.
«Dovresti venire più spesso alla torretta... praticamente siamo lì tutti i giorni!» Si spettina i capelli, gli occhi divertiti e la gioia che porta ogni volta che condividiamo gli stessi metri quadrati.
«Anche io sono qui sempre, praticamente» Lascio un sospiro.
«Certo, nulla da ridire.» Alza le braccia in alto, ridacchiando.
«Qualcosa da raccontarmi?» Appoggio il gomito sul bancone e poso il mento sopra il palmo della mano. Lo guardo chiedendomi come possa essere sempre così spensierato, lasciar trasparire il senso di leggerezza. Mi sembra di stare in una bolla d'acqua, sospesa da terra. Il potere di rimanere a galla che sembra un eufemismo per una come me che tende ad affogare.
«Niente che non sia noioso...» Scuote la testa.
Le luci del tramonto si riflettono sui vetri della porta principale, l'arancione soffuso che rende l'atmosfera rilassante.
La voce dolce di Roxanne, intenta a cantare, si fa largo tra di noi. Lui per primo volta il capo e la osserva rendendosi conto -solo dopo un po'- che si tratta proprio della ragazza dalla lingua lunga -come l'aveva descritta la prima volta.
Ridacchio tra me e me.
«Ti fai servire da lei, okay? Ho delle cose da sbrigare» Indico alcuni tavolini nella sala, ancora da riordinare.
Si volta con l'espressione interrogativa e gli occhi che continuano a seguirla nei movimenti.
Non è il momento giusto per lei. Se fossi capitato prima saresti anche perfetto.
«Rox, c'è Ryan da servire!» Alzo un po' il tono della voce per farmi sentire, visto com'è intenta a canticchiare e a mettere alcune cose nella lavastoviglie.
«Chi?» Domanda confusa, nel mentre che si volta. Quando incontra lo sguardo curioso del mio amico, qualcosa si accende in lei. Lo riconosci?
Arrossisce un po', per poi armeggiare con qualche ciuffo come a far trasparire l'imminente imbarazzo.
«In realtà sono solo passato per...» Prova a dire, agitando le mani.
«Un Sazerac per il ragazzo» Esordisco, dandogli poi una pacca sulla schiena. Li lascio conversare e cerco di ammazzare il tempo.Ho fatto finta di non accorgermene, ma il sorriso di Roxanne non si può non notare. È un po' che non la vedevo così, anche se nei suoi occhi è rimasta la malinconia di quella sera. Quel giorno in cui sono tornata a casa e, nel buio, ho intravisto la sua figura.
Ryan sa metterti a tuo agio, sa farti incurvare gli angoli della bocca solo con il suono della sua risata e gli occhi vispi e divertiti. Non li ho ascoltati, cercando di lasciare a Ryan il compito di far sentire viva la mia amica.
Vedevo che cercava di tornare al lavoro, di nascondersi dallo sguardo di quel ragazzo che la cercava insistentemente come se fosse attratto dai suoi riccioli, dal suo carattere frizzante. A volte mi lanciava qualche occhiata, ma ho lasciato correre facendo finta di niente. È già un po' che sono fuori, le loro voci che le sento lontane.Probabilmente sono troppo distratta, visto che non noto la presenza di un ragazzo, seduto su uno sgabello, finché non mi rivolge la parola.
«Pensi troppo, lo sai?» Una voce si insinua tra i miei pensieri, corde vocali che emettono un suono profondo e caldo, tanto da farmi rabbrividire. Come una foglia appena scossa dal vento. Un sussulto.
Chase. Le braccia incrociate sul bancone e lo sguardo fisso su di me come se cercasse di leggermi, di decifrarmi. Non può.
«S-scusa, non ti ho visto...» Scuoto la testa, rimproverandomi mentalmente.
«Tranquilla.» Fa un sorriso impercettibile, un angolo della bocca che si alza appena.
«Cosa bevi?»
«Una Bud Light» Muove leggermente la mano, per poi appoggiarla di nuovo sulla superficie in legno. Non smette di guardarmi, forse chiedendosi effettivamente cosa mi passasse nella testa qualche attimo fa.
Faccio un profondo respiro mentre sono voltata a prendere la bottiglia. Chiudo per pochissimo le palpebre costringendomi a ritornare lucida.
Levo il tappo e la faccio scivolare -tenendola- verso di lui.
Mi fa un cenno, senza smettere di sprofondare i suoi occhi dentro ai miei. Vorrei dirgli di smetterla o domandargli cosa cavolo abbia di così strano. Ma in realtà percepisco anch'io un filo che mi costringe sempre a voltarmi. Eppure non lo conosco veramente.
Anche se non c'è nessuno da servire mi invento qualcosa per non osservarlo, perciò mi giro e guardo cosa potrei fare evitando che capisca chiaramente che sto fingendo. La maggior parte delle persone sono fuori o hanno deciso di andarsene. All'interno del locale non c'è quasi nessuno.
«Per quanto andrai avanti così?» La sua voce divertita mi richiama in causa.
«C-cosa?» Sussurro, appoggiando una mano, per sorreggermi, al banco dietro di me.
«Non capisco perché tu stia cercando di evitarmi.» Inclina di poco il capo, per poi dare un altro sorso.
Mi si secca la gola.
«Cosa ne sai te...» Mi ricompongo subito dopo aver pronunciato la frase con un tono troppo puntiglioso e tagliente. Non mi succede spesso di essere ripresa per una cosa che -effettivamente- sto cercando di fare.
«Si intende chiaramente che fai finta di niente» Serra la mascella, cominciando a picchiettare la bottiglia in vetro che sembra così piccola tra le sua mani.
«Neanche mi conosci» Scuoto le spalle, corrucciando la fronte in una smorfia, irritata.
«Perché non ti ho mai vista in giro?» Mi sorride, senza far caso a come gli ho appena risposto. Come se il mio atteggiamento diffidente lo divertisse.
«Non lo so...» Allargo le braccia.
Non dovrebbe sorridermi così, guardarmi in questo modo.
«Nemmeno io» Sospira, alzando di poco un angolo della bocca.
Accolgo l'occasione per girare attorno al bancone e uscire per dirigermi verso altri tavoli.
C'è silenzio tra noi, se non fosse per la musica lieve di sottofondo e il rumore dei bicchieri di vetro che si scontrano. Cerco di non pensare a lui e a quel suo maledetto sguardo che ti ipnotizza senza alcuna ragione.
Mi mostro impegnata, cammino avanti e indietro ed è inevitabile non sentire il peso dei suoi occhi su di me, ma provo di ignorarlo. La sua schiena è curvata verso la sua birra, le scapole che si muovono quando la porta alla bocca, la gamba destra che va su e giù insistentemente.
Sciacquo alcune cose e, appena chiudo il lavandino, sento di nuovo la sua voce.
«Qualcosa ti blocca...» Il suo sguardo si perde nel liquido ambrato, non mi osserva, non mette in contatto il filo trasparente che sembra legarci. Vogliamo scavare uno nel profondo dell'altro e la verità è che non ci conosciamo, ci siamo parlati di sfuggita. Sono state conversazioni rapide, però intense... piene di sguardi, occhi che si rincorrono e i respiri che si susseguono in un silenzio colmato dal rumore delle onde.
«Cosa mi dovrebbe bloccare?» Domando, confusa. Non ho la più pallida idea a cosa si riferisca.
«So che ti piace il mare... lo dice il tuo sguardo. Quelle volte che ci siamo incontrati guardavi l'oceano bramandolo e avevo la strana sensazione che invidiassi chiunque si lasciasse cullare dalle onde... ti avrei dovuto vedere svariate volte in spiaggia» Inclina il volto, questa volta instaurando un campo visivo che non voglio interrompere nonostante il fiato che mi si è mozzato in gola. Il suo sguardo attento, teso a riflettere.
«Hai preso in considerazione l'eventuale possibilità che possa andare in un'altra spiaggia? Coney Island è piccola, ma non abbastanza» Rispondo, cercando quell'incertezza nelle sue iridi, il marrone intenso del legno appena bagnato dall'acqua.
«Ci ho pensato. Ma credimi che ti avrei notata... non passi inosservata.» Inumidisce le labbra, per poi portare la bottiglia alla bocca.
«Lo devo prendere come un complimento?» Poggio le mani sui fianchi, avvicinandomi a lui.
«Direi di si» Alza un sopracciglio, come a volermi sfidare. Sorregge lo sguardo, le braccia abbronzate che vengono messe in mostra dalla canottiera, i capelli che sembrano ogni volta più biondi.
Resto col fiato sospeso, senza alcuna parola da utilizzare. Imbarazzata gli do la schiena e fisso gli scaffali davanti a me. Il capo chino, lo stomaco che si stringe. Non puoi averlo capito.
«Qualcosa ti blocca. Ho notato quanto vorresti lasciarti andare, ma non ci riesci...» Sussurra, la musica che sembra scemare, confondersi tra le nostre voci che si sfiorano.
Non te lo dirò mai cosa mi blocca. Non l'ho mai detto a nessuno, non vedo perché dovresti stravolgere tutto.
«Non sai niente di me, Chase» Mi sforzo a far uscire queste parole. Sono arrabbiata con me stessa, con le complicazioni che mi porto dietro.
Perché mi hai letto dentro? Come hai fatto a capirmi? Non puoi averlo fatto.
«Chris»
Il mio nome pronunciato dalle sue labbra fa uno strano effetto, oppure è la sua voce che mi tocca. La cura con cui dice queste cinque lettere, la calma che ha nel sussurrarle una dopo l'altra.
«C'è sempre una prima volta.»
Sento il rumore della bottiglia che viene appoggiata sul ripiano, vuota. I passi che diventano sempre più leggeri e più silenziosi fino a divenire il nulla. Resto girata, prendendo un bel respiro, stringendo le palpebre sperando che tutto ciò non sia appena successo.
Non ce la faccio grido a me stessa, ma poi mi convinco che tanto la situazione non potrà mai cambiare anche se questo ragazzo mi sta dando la possibilità di trovare qualcuno con cui sfogarmi, buttare fuori il peso enorme che sento sulle spalle ogni volta. Il fatto è che non sono questo tipo di persona, non mi permetterei mai di appesantire qualcun altro per alleggerirmi. Non me lo merito dopo tutto quello che ho fatto.
E tu, Chase, dovresti smetterla di cercare di decifrarmi, presentarti qui per farmi crollare sotto ad uno sguardo a me sconosciuto, sotto alle tue parole. Perché degli occhi come i tuoi, non li ho mai visti.
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Indelebile come un tatuaggio
RomanceChioma tinta di blu, occhi ambrati e qualche tatuaggio rispecchiano la personalità indipendente di Chris, una ventenne che lavora in un locale di Brooklyn. Persa tra i suoi pensieri ed estremamente misteriosa. Una ragazza difficile da dimenticare e...