Prendo direttamente una bottiglia di liquore dal frigo.
«Dovresti sentire mia moglie! Mi urla di tutto e di più e io... be', e io?»
Patrick, un sessantenne che vivrebbe praticamente qui, parla a vanvera e non capisco se stia intraprendendo un discorso con me o con se stesso. È un quarto d'ora che parla di come sua moglie si lamenti dicendo che è uno scansa fatiche e, in cuor mio, non posso non biasimarla. Povera donna, penso, ma almeno quest'uomo è innocuo.
«Dico che dovresti smetterla di bere così tanto.» Scuoto la testa, appoggiandomi con un braccio al bancone, lanciando un'occhiata a Bridget che mi guarda divertita godendosi lo spettacolo.
Mi relaziono come se avessi davanti un bambino. Mi fa quasi pena per quanto sia fuori di testa.
«Forse hai ragione, ma... be', cosa posso farci? Mio figlio si è fatto una vita fuori di qui, probabilmente mia moglie preferirebbe che vivessi altrove... come ti sembra?» Sghignazza, l'alito che sa di alcol e i denti ingialliti. La barbetta tutt'intorno grigia quanto i suoi occhi, i capelli che sono più sporchi che puliti.
«Non è il massimo.» Sospiro. Non scherzo quando dico che ho un secondo lavoro: la psicologa a domicilio.
«Una bella merda... brutta brutta» Tossisce, afferrando la bottiglia con le mani tozze e grasse. Continua a fare segno di diniego con le testa, mentre si alza. Ho quasi paura che cada ma, tra un barcollo e l'altro, raggiunge un tavolino nel fondo della sala dove spesso parla con altri amici.
Soffoco una risata che non è nei confronti di quel poveruomo, ma di ciò che a volte mi ritrovo a fare. Non che mi dispiaccia, ma vista da fuori -la scena- credo sia epica.
Passo freneticamente lo straccio nel punto in cui ha appoggiato la giacca logora e sudata, per assicurarmi che sia pulito per i prossimi clienti. La prossima volta gli consiglio di farsi un bagno in mare... giusto per darsi una sciacquata. Però, ora che ci penso, non so se sarebbe peggio vederlo come al solito o imbottito di sale. Okay, forse non è una buona idea.
«Quel tipo è ubriaco marcio...»
Chase si siede sullo sgabello rialzato, proprio di fronte a me. Non mi aspettavo di trovarmelo qui, ora.
«È un cliente abituale.» Faccio spallucce, cercando di non soffermarmi a guardarlo negli occhi. Bagno lo straccio e, per tenermi occupata, pulisco, la zona accanto, da qualche briciola.
«Dovresti stare attenta...» Incrocia le braccia al petto, i muscoli della braccia guizzano fuori, mostrandosi oltre la canottiera.
«Non è male la sua compagnia e poi... mi fa pure pena. È pieno di problemi e affoga i dispiaceri nell'alcol» Sospiro, appoggiandomi per guardarlo visto che risulterei un'idiota a sfregare sempre nello stesso identico posto.
«Sei una brava barista» Sorride, inclinando di poco il capo per guardarmi da un'altra angolazione come se potessi essere diversa.
«Come te salvi le persone, io le lascio confidare. Sai, non è poi così male» Alzo un angolo della bocca, soffermandomi un po' troppo sui pettorali abbronzati che si intravedono sotto il sottile tessuto.
«Io dico che hai qualcosa di speciale.» I lineamenti diventano più seri, facendomi capire che non sta scherzando. Un brivido mi percorre la schiena come se mi avesse detto chissà cosa. Schiudo le labbra, per poi ammutolirmi.
«Credo... credo che tu sia più importante. Salvare vite non è la stessa cosa che intraprendere dialoghi con persone praticamente sconosciute.» Mi volto di schiena per vedere se, sugli scaffali, ogni bottiglia è al proprio posto.
«Ti sottovaluti sempre, eh?» Domanda, anche se sembra non aspettarsi nessuna risposta. Trattengo un respiro.
«N-no» Sussurro e non so neanche se mi abbia sentito. « Vuoi qualcosa?» Aggiungo, riempendo il silenzio che si è creato, nonostante il vociare nel locale.
«Solo un po' d'acqua...»
«Sei in pausa?» Prendo un bicchiere, posandoglielo davanti.
«Si... venti minuti circa» Gli occhi mi seguono in ogni movimento, il nocciola delle sue iridi che diventa più profondo.
«Ryan? Come va?» Giro attorno al banco, sedendomi vicino a lui come se necessitassi del suo calore, della vicinanza al corpo che mi ha stretta a sé senza lasciarmi andare. Le sue mani che mi provocano brividi ancora al solo ricordo delle sue dita infossate nelle curve della mia schiena. I suoi occhi si allargano leggermente come se non si aspettasse che mi avvicinassi a lui.
«Sempre il solito idiota. Ti ho detto che l'altra sera l'ho trovato addormentato sulla tavola da surf in riva al mare?» Ridacchia, un suono dolce e ricco di vibrazioni. Si passa una mano tra i capelli corti, per poi massaggiarsi il collo mostrando le contrazioni dei muscoli.
«Oh, ma scherzi?!» Esclamo, portando una mano alla bocca.
«No. Affatto» Scuote divertito il capo, bevendo un ultimo sorso. Il pomo d'Adamo sale e scende fluidamente, un dettaglio che attira la mia attenzione.
Ingoio un groppo di saliva, distogliendo lo sguardo.
«È bella...»
«Cosa?» Posa le mani sulle cosce sode coperte da pantaloncini che fungono direttamente da costume.
«... La vostra amicizia.» Gli occhi cadono sulle sue infradito.
E lo penso veramente. Perché anche io avevo un'amica così. Legate da avventure, parole scambiate al vento, sorrisi felici e merendine condivise. Insomma, niente che non si potesse invidiare.
«Lo sopporto sin dall'infanzia.» Alza una spalla.
«E lui sopporta te.» Concludo con un risolino. Gli punto un dito contro, ma lui lo afferra. La sua mano calda prende la mia e la tiene stretta. È come se fosse intrappolata nel fuoco, la pelle che brucia sotto la sua. Il sangue che fluisce caldo nelle vene, un centro che pulsa, le goti che sento scaldarsi.
«Cosa...» Mormoro, la pelle delle braccia che si accappona.
«Continuano a tremare, le tue mani» Le dita seguono il tracciato delle pieghe sul palmo, facendomi rabbrividire.
«Io...» Il fiato si mozza in gola.
«Ti metto agitazione?» Sussurra, passando l'indice lungo il profilo delle mie dita.
Faccio segno di diniego, ipnotizzata dal suo gesto cauto, lento, dolce.
Sorrido, cercando di alleviare la stretta della morsa che sento alla bocca dello stomaco, non facendo caso al caldo che mi pervade da capo a piedi.
«Sei davvero bella.» Dice d'un tratto, serrando la mandibola.
Cosa?
Si alza, lasciando che la mia mano ricada lungo i fianchi.
Se sapessi ciò che mi porto dietro le spalle non ti azzarderesti a dirlo una sola volta. Ma la cosa peggiore in tutto questo, è che mi incanto a guardarti impotente di fare altro. Mi abbandono alla miriade di sensazioni che non riesco a reprimere.
«Chase» Raddrizzo le spalle, irrigidendomi.
Mi passa accanto, ma si ferma per pizzicarmi dolcemente la guancia sinistra tra due sue dita. Lo fa con una disinvoltura tale che mi chiedo quante volte l'abbia fatto. Il suo corpo a qualche centimetro dal mio, un contatto inaspettato e stranamente atteso. I suoi occhi che vagano su di me senza stancarsi, le scapole che si stringono, avvicinandosi, un sospiro che arriva lento e carico di troppe cose messe assieme.
«Specialmente quando arrossisci» Accenna un sorriso, dirigendosi verso l'uscita come se niente fosse. Te ne vai via così, come se non mi avessi appena toccata, come se non ti fossi avvicinato troppo, come se non mi avessi fatto rabbrividire sotto le tue dita, come se non mi avessi letto dentro.
Giro su me stessa, ancora in trance per quello che è successo.
Prima di uscire si volta e mi fa l'occhiolino. In risposta scuoto la testa e ridacchio, alzandomi dallo sgabello.
Prendo la piccola mancia che ha lasciato sul tavolo, anche se non doveva, e il bicchiere vuoto.
Dovresti allontanarti, eppure ti avvicini sempre più. Mi fido di te in un modo assurdo perché... non lo so nemmeno io il perché. Tu hai qualcosa, ce l'hai dentro.
«Lo ammetto, mi sono goduta gli ultimi due minuti del vostro incontro.» Sospira Bridget, avvicinandosi al banco per poggiare quattro bicchieri che regge tra le dita di una mano, una bottiglia di rum nell'altra.
Non so cosa rispondere, perché ancora non riesco a capire cosa sia successo. Quegli occhi mi hanno ipnotizzata senza chiedermi il permesso -l'hanno fatto e basta. Sono rimasta a guardarlo, a rincorrere con lo sguardo il suo dito caldo, dal polpastrello ruvido, che seguiva le tracce del mio palmo. Si, è vero, ho cominciato a tremare perché vederlo parlare liberamente di Ryan mi ha fatto male. Un tempo anche io ero così, parlavo di Hazel come se fosse stata un'altra sorella. Potevo vantarmi di avere una persona che mi conoscesse meglio di chiunque, ridere senza preoccuparmi che si sarebbe offesa, parlarle chiaramente senza filtri. Non che Roxanne non sia allo stesso livello, ma il rapporto è molto diverso. Forse è dettato dal tempo, o magari... perché ci penso, dopotutto? Quel rapporto non c'è più. E fa male, la cicatrice sempre aperta.
«Okay, non dovevo impicciarmi. Perdonami» Riavvia i capelli dalla fronte, muovendoli tra le dita con le unghie sempre colorate e ben tenute.
Giro attorno al bancone recuperando la mia postazione, prendendo i bicchieri per dargli una sciacquata e inserirli nella lavastoviglie.
«No, tranquilla. Stavo solo pensando.» Svio l'argomento, costringendo a focalizzarmi sul lavoro e non sul passato.
«D'accordo. Comunque, gran bel ragazzo» Mi fa l'occhiolino e riconosco in questo gesto Rox. Se fosse qua impazzirebbe e non si limiterebbe ad essere così garbata come Bri.
«È una buona compagnia.» Accenno un sorriso. Davvero? Buona compagnia? Da dove mi saltano fuori certe cose?
«Soltanto?» Ammicca, il sopracciglio che si inarca, studiandomi con un'aria divertita.
«S-si» Mormoro, sorprendendomi di non aver sussurrato, almeno, la riposta.
Chase sta facendo troppo. Non mi merito le sue attenzioni e il suo aiuto. Perché, nonostante il mio carattere che tende a fuggire sempre, lui c'è... inspiegabilmente. Perde tempo, e non ne capisco il motivo. Ma, dentro di me, so che probabilmente mi sentirei persa senza i suoi occhi che mi scrutano, le sue braccia che mi stringono, le sue dita che percorrono il profilo del mio viso con l'intensità delle onde, ma con la dolcezza di un bambino.
«... come va con Sean?» Chiedo, direzionando la conversazione in tutt'altra via.
Si arresta sul posto, guardandomi come se avessi appena detto che Cody è etero.
«Come... tu lo sai?» Domanda, le guance si colorano in meno di qualche secondo, le mani che armeggiano con i bicchieri e lo sguardo perso nel vuoto, finché non ritorna a guardarmi.
Cavolo, sono un'idiota.
«Io... io intendevo... niente, scusami» Scuoto la testa maledicendomi mentalmente per l'errore assurdo che ho appena fatto. Sean, perdonami.
Mi fissa, frastornata. Bridget è una persona molto riservata, non ama parlare della sua vita privata, tuttalpiù se la persona in questione è un uomo di cui probabilmente è innamorata, ma ancora non l'ha capito.
«... Vado a cercare Cody.» Cammino a testa bassa, i passi veloce e il totale imbarazzo. Me ne vado in fretta, ancor prima che possa dire qualcosa.
STAI LEGGENDO
Indelebile come un tatuaggio
RomanceChioma tinta di blu, occhi ambrati e qualche tatuaggio rispecchiano la personalità indipendente di Chris, una ventenne che lavora in un locale di Brooklyn. Persa tra i suoi pensieri ed estremamente misteriosa. Una ragazza difficile da dimenticare e...