Capitolo 12

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Passo l'asciugamano lungo il mio copro per far sì che si asciughi più velocemente. I piedi ancora umidi che mi ricordano quell'istante in cui il mare li bagna sotto alla sua schiuma e all'acqua tiepida.
Il vapore, che si è creato nel bagno, ha appannato lo specchio. Mi sposto per mettermi al centro, la mia figura sfocata, il profilo non definito del tutto. Continuo a guardare, senza sapere esattamente cosa. Non mi vedo, la mia vista è oscurata dalla superficie divenuta opaca.
In passato ero niente altro che una ragazza sbiadita, persa tra pensieri logoranti e domande più grandi di me, il mio volto che sfumava di fronte agli altri; non faceva trapelare nulla, se non rimanere immobile per farsi mettere una maschera al posto della faccia per diventare un'altra.
Allungo un braccio e, con due dita, creo una linea, cancello quella strana trasparenza per scoprire il mio sguardo ambrato, i miei occhi lucidi. Resto vari secondi a fissarmi, chiedendomi perché abbia fatto certe scelte, perché sia così sbagliata, perché sia troppo complicata per non riuscire ad alleggerirmi.
Piano piano il mio volto viene scoperto e riesco a osservarmi per intero fino allo sterno, finché brividi di freddo non mi smuovono da quello specchio. Ha riflesso per diversi attimi i miei rimorsi, il mio pentimento nei confronti di quella che era la mia migliore amica.
Avrei dovuto chiederti scusa molto prima, o meglio, non avrei dovuto fare tutto ciò che ho fatto. Non dovrei trovarmi davanti allo specchio e percorrere lo sguardo lungo il mio volto alla ricerca di perché, svestendomi fino alle mie imperfezioni,  che ho cercato di nascondere dentro me stessa.
Probabilmente avrei dovuto lottare di più, avrei dovuto provarci. Sarei dovuta rimanere a New York ma, in fondo in fondo, non so che fine avrei potuto fare.
Non dovrei essere qui, ma con te per poter camminarti accanto, poterti sostenere, vederti sorridere come hai sempre fatto.
Sono due anni. Troppi. Pochi.
Troppi perché sento la tua mancanza.
Pochi perché ho paura di non aver scontato ancora la mia pena per il dolore che ti ho provocato.

Esco dalla stanza vestita, quasi rigenerata. Sono circa le sette e mezza e dovrei andare alla torretta da Chase. Mi ero ripromessa che oggi, dopo lavoro, sarei andata a trovarlo per fargli capire che non mi sono nascosta dalle sue parole, che non mi fanno paura.
Però, sono prima passata da casa perché avevo bisogno di una doccia calda affinché mi distendesse i nervi.
«Esci?» Sento la voce dolce di Nora alle mie spalle, mentre infilo una grande felpa dalla testa. Mi volto e le sorrido, mettendo il cellulare nella grande tasca centrale.
«Ho una cosa da fare. Non so bene quando rientro. Prendo le chiavi.» Il suono magnetico riecheggia nella cucina.
«D'accordo.» Accenna un sorrisetto per poi calarsi gli occhiali sul naso e continuare a studiare con il capo chino sui libri.

Cerco di non pensare, di non far caso alla mia agitazione. Non sono il tipo che si fa sopraffare dalle emozioni, ma lo sguardo penetrante di Chase è come una folata di vento forte che si abbatte sullo stelo sottile di un fiore sul ciglio della strada. Una rosa blu.
A maggior ragione ora che so che mi può capire, che sa leggermi dentro, che sa decifrare i miei occhi. Spesso lasciano trapelare troppo, non dovrebbero... ma non è colpa loro, bensì mia.
Raggiungo, dopo un quarto d'ora di cammino, la torretta della squadra di Baywatch. Nonostante siano quasi le otto di sera, il sole sembra rimanere luminoso oltre l'orizzonte per permettermi di guardare bene questo ragazzo negli occhi.
Prendo un profondo respiro ma, quando sto per salire le solite scalette, sento delle risate. Mi volto e noto Chase e Ryan che, come dei bambini, si spingono a vicenda cadendo a turno in acqua. Si spruzzano addosso, si nascondono sotto l'acqua, si lasciano trasportare dalle onde.
Sorrido.
«Chris? Ehi, che ci fai lì?! Vieni!» Ryan grida tra le risate, mi fa cenno con la mano di raggiungerlo. Ingoio un po' di saliva e, stringendomi nella felpa, passo dopo passo li raggiungo.
Non posso.
Appena gli sono davanti, tutto si capovolge. Ora sono io che faccio una lotta, ma con me stessa, e loro stanno fermi a guardarmi.
Ryan esce e si avvicina.
«Ehi, che ci fai qui? Tutto bene?» Mi sorride allegramente. Scuote un po' la testa per liberarsi dell'acqua e strizza i pantaloncini fradici.
«S-si grazie. Non pensavo ci fossi.»
«Sono passato per chiedere a Chase se gli andasse di passare da te per una birra, ma non ha voluto. Morale, l'ho buttato in acqua ed eccoci qui» Ridacchia, guardandosi la maglietta bagnata che si appresta a levare rivelando un fisico che, senz'altro, fa intuire il lavoro che c'è dietro all'essere un bagnino.
Perché non voleva venire?
«Ho finito il turno nel tardo pomeriggio... comunque se vuoi passare c'è Rox» Inclino un po' il capo, non facendo caso al ragazzo che c'è alle spalle di Ryan che, ora, non riesco a vedere perché mi sto concentrando sul volto del suo amico.
«D'accordo. Vieni anche te?» Comincia a camminare «Prendo qualcosa di asciutto e puoi venire con me!» Fa spallucce.
«Devo... devo dire una cosa a Chase» Non alzo tanto la voce, anche se non serve a niente.
«Ah, okay. Io vado allora... ci vediamo poi, Chris» Mi lascia un bacio sulla guancia e saluta il suo amico.
Mi volto e trovo Chase intento a riordinare delle tavole, proprio sotto la torretta. Gli vado incontro, dimenticandomi di ciò che ci sta intorno anche se c'è più poca gente e il tramonto sta divenendo sempre più scuro.
«Posso parlarti?» Quasi le sputo fuori le parole, per orgoglio. Faccio sempre fatica a parlare di certe cose, specialmente se si tratta di un problema mio personale fin troppo personale... in cui lui non avrebbe dovuto immischiarsi. L'ha fatto involontariamente e ancora non riesco a darmi alcuna spiegazione.
«Dimmi, sono qua» Il suo tono risulta quasi ironico, come se gli desse in qualche modo fastidio la mia presenza. Armeggia con varie cose, ne sistema altre... e tutto sotto i miei occhi attenti e interrogativi. Si sta comportando esattamente come ho fatto io ieri.
«Dico sul serio» Incrocio le braccia al petto, facendo una lieve smorfia.
«Anche io sono serio» Ridacchia un po', senza sentimento. Continua a darmi la schiena. È senza maglia, i pantaloni come quelli di Ryan, anch'essi bagnati, e i capelli spettinati.
Sembra che del ragazzo sorridente che si stava divertendo un attimo prima, non ce ne sia che un briciolo. Forse.
«Chase» Lo richiamo e questa volta si gira, permettendomi di sprofondare i miei occhi nei suoi, senza preavviso però.
Respira più profondamente visto che non ha fatto altro che prendere e spostare roba.
«Tra un po' devo chiudere, sto sistemando le cose... Non posso ora» Indica ciò che gli sta attorno.
Rimango qualche attimo in silenzio, vagando con lo sguardo su di lui, sulle sue spalle larghe, sul suo petto che si alza e si abbassa.
«Okay» Mi limito a rispondere. Allargo le braccia e mi volto, dirigendomi verso il mare.
Se non puoi ora, dopo si.

Indelebile come un tatuaggioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora