Mi avvio verso il locale, nonostante sia venerdì sera e io abbia la giornata libera. Tengo stretto nella mano il cellulare e allungo il passo cercando di non inciampare con le infradito e sudando anche con un body e degli short di jeans.
La sabbia la sento sotto i piedi, tra le dita, mentre arrivo all'ingresso.
Rox mi ha chiamata mentre mi rilassavo sul divano alla ricerca di qualche film da vedere per passare la serata senza annoiarmi. La sua telefonata mi ha messa in allarme perché di solito non lo fa mai alla sera, specialmente quando è di turno. Mi ha detto che Chase è piuttosto ubriaco e pensa che sia venuto qua con l'intento di trovarmi, troppo stordito per capire che oggi non lavoro. Melanie deve avergli dato da bere perché Roxanne se ne è accorta dopo un po', a causa della grande quantità di gente dispersa per tutto il bar e fuori.
Non so neanche perché sia venuta. So solo che lui si è preso cura di me, aiutandomi in quei momenti che avrei davvero rovinato tutto, lasciandomi in balia di me stessa, dandomi il coraggio di affrontare ciò che più mi spaventava.
Raggiungo il bancone nel punto più appartato dove intravedo, tra le luci, la sua schiena piegata in avanti, lo sguardo perso all'interno di un bicchiere ormai vuoto.
«Chase?» Lo richiamo e sembra sorprendersi non appena mi vede al suo fianco. Mi siedo e lo osservo, chiedendomi perché abbia bevuto visto che non è da lui. Quando vuole dimenticare di solito nuota, non affoga i dispiaceri nell'alcol.
«Mmh, Chris... che ci fai qui?» Biascica guardandomi attentamente, studiando il mio corpo che è percorso da un brivido per come posa gli occhi su di me.
«Perché hai bevuto?»
«Non rispondermi con un'altra domanda...» Ridacchia senza sentimento, scuotendo la testa.
«Rox mi ha detto che eri qui...»
«... E perché sei venuta?» Giocherella col bicchiere, alza lo sguardo puntandolo nei miei occhi, restando in silenzio. È un silenzio che mi risulta piuttosto scomodo perché, a dirla tutta, non lo so nemmeno io perché sia qui. Credo di aver agito pensando che qualcosa non andasse, visto che Chase non è tipo da ubriacarsi da solo.
«So che non stai bene.» Inclino di poco il capo, cercando in tutti i modi di attirare la sua attenzione che sembra vagare per tutto il locale tranne che su di me come se cercasse di ignorarmi o evitarmi di comprenderlo.
«Si vede così tanto?» Un sorriso amaro incurva gli angoli della bocca, le iridi offuscate da qualcosa che non capisco, il distaccamento che attua nei miei confronti e il suo rimanere lontano da me nonostante sia meno di un metro a separarci.
«Cosa sta succedendo, Chase?» Riprovo, domandandoglielo dolcemente, lasciando stare la rabbia che provo per quello che si sta facendo ingiustamente, senza neppure aver tentato di chiedermi aiuto.
«Un casino.» Si limita a rispondere e comprendo troppo velocemente che non ha alcuna intenzione di parlarmene.
Trattengo il respiro, aspettando qualcosa che non arriva, un segnale che mi permetta di leggergli dentro. Resta chiuso in se stesso, preferisce soffrire e star male piuttosto che confidarsi con qualcuno che, forse, è sulla sua stessa barca.
«È brutto quando si aspettano che tu sia in un determinato modo, ma sei tutt'alto...» Parla d'un tratto, lasciandomi interdetta e meravigliata. L'ascolto senza intromettermi, lasciando che sia la sua voce calda e roca a riempire ciò che c'è fra noi. Il mio ginocchio scontra la sua coscia fasciata da dei pantaloncini da basket, il calore che m'invade senza pudore, senza lasciarmi via di scampo. Mi provoca questo effetto e probabilmente neanche lo sa. Meglio per entrambi.
«Non sono quello che si aspettano che io sia. Sono questo, mi piace quello che faccio, la mia vita mi piace così com'è e non voglio che nulla al mondo me la cambi...» Mormora come se parlasse da solo, fissando il fondo del bicchiere, parlando ad un plurale che non riesco ad associare. Gesticola, scuote il capo e si passa una mano tra i capelli spettinandoli per poi affondare il volto sui palmi che lo nascondono da tutto il resto, da me.
Mi viene la pelle d'oca mentre ascolto ciò che ha da dire perché mi ci ritrovo pienamente in tutto, nonostante la situazione sia diversa. Tutte le persone che conoscevo si aspettavano che diventassi tutt'altro che una Chris problematica che preferiva passare il tempo a fumare e ubriacarsi. Pure me stessa si aspettava di diventare un'altra persona, persino zia Lucy che di me e di mia sorella non gliene è mai importato abbastanza.
Spesso ci aspettiamo molto o niente da noi stessi. In entrambi i casi siamo egoisti, ciechi davanti alle cose. Perché ci si sbagliava, ci si sbaglia continuamente. Nulla può essere mai come ce lo aspettiamo, tantomeno essere qualcuno che non siamo.
«Devi solo andare fiero di te stesso e fregartene.»
«Come fai tu?» Replica affondando quei cavoli di occhi nei miei, provocandomi. Schiudo le labbra, ma non riesco ad emettere alcun suono.
«Scusa... non è giornata.» Svia l'argomento, poggiando il bicchiere sul banco. Lascia la mancia e mi oltrepassa cercando di uscire dal locale senza scontrare nessuno per il passo incerto dovuto al troppo alcol nel corpo.
Sbatto ripetutamente le palpebre più volte alla ricerca di qualcosa che mi dica che quelle parole non le ha dette sul serio.
Mi alzo, ancora scossa, rincorrendolo. Non posso dargli torto, non posso dirgli di stare zitto davanti all'evidenza, vietargli di dirmi ciò che nessuno ha mai avuto il coraggio di sbattermi in faccia. È come ricevere uno schiaffo in pieno viso, un'onda che si scaglia sul tuo volto inaspettatamente perché ti sei sempre negato davanti alla realtà.
Comincio ad odiarlo per tutto ciò che ha capito di me, per come sa leggermi maledettamente bene senza bisogno delle mie parole, senza che sia io a dargli le risposte. Lo odio per come mi sia entrato dentro in un tempo che è fin troppo poco, ma che allo stesso tempo sembra avere la stessa lunghezza di questi due ultimi anni vissuti nell'incertezza, nel rimpianto, nel rimorso e nella disperata ricerca di ritrovare chi avevo perso. La vera me che si spoglia di tutti gli sbagli, delle insicurezze che si tiene addosso per tutto ciò che le è stato negato e che nega alle persone che le vogliono bene. La vera me che sembra non avere paura di affezionarsi ad un ragazzo come Chase che ottiene tutto soltanto guardandoti quei cinque secondi di più.
«Dove vai?!» Alzo il tono di voce affinché mi senta oltre la musica a palla che viene trasmessa dalle casse di Cody.
«A casa.» Sembra scappare come se gli costasse mostrarsi fragile davanti a me, quando lui l'ha sempre fatto nei miei confronti rischiando che gli voltassi le spalle per il mio carattere schivo e diffidente.
«Non puoi guidare in queste condizioni.» Lo affianco, cercando di restare al suo passo.
«Infatti vado a piedi. Chris, davvero, va' a casa.»
Cerchi di allontanarmi come ho fatto fino ad ora con te, non è vero?
Cerchi in tutto e per tutto di nasconderti, restare in piedi nonostante tu voglia cadere. Lo vedo come soffri, li noto i tuoi occhi spenti e tristi mentre guardi in faccia una realtà che non vorresti vedere. Ti capisco, so cosa vuol dire tradire le aspettative di qualcuno che si aspettava qualcosa di diverso da ciò che hai deciso di essere. Non devi vergognarti, cercare di affrontare le cose da solo quando tu, per me, ci sei sempre stato.
Ti voglio aiutare Chase, lo capisci?
Lasciamelo fare.
«Ti accompagno.» Dico decisa, senza voler sapere altro.
Si ferma, impuntandosi sul marciapiede, il buio della notte che ci avvolge.
Mi guarda in modo serio con l'intenzione di convincermi ad andarmene e a lasciarlo andare per la sua strada, ma ora che ho la possibilità di dare una mano... non perdo l'occasione. Sono sempre stati gli altri ad aiutare a rialzarmi, non posso lasciare che la situazione rimanga costantemente così. Non sono il tipo, tendo a salvarmi da sola. Sarà orgoglio, ma ciò che ho sempre inseguito è la forza di rialzarsi nonostante. Nonostante le avversità, quegli ostacoli che ci fanno inciampare.
«Voglio restare solo.» Ingoia un groppo di saliva, distogliendo lo sguardo da me.
Se stessi dicendo la verità avresti il coraggio di guardarmi dritta in faccia per gridarmelo. Mi affonderesti le iridi nelle mie e me lo diresti senza timore della mia risposta perché sai che ti direi okay, ma non è quello c'è vuoi in realtà. Nemmeno quello che voglio io.
«Non lo vuoi davvero.» Incrocio le braccia al petto fronteggiandolo.
Sospira, lanciandomi un ultimo sguardo prima che prosegua.
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Indelebile come un tatuaggio
RomanceChioma tinta di blu, occhi ambrati e qualche tatuaggio rispecchiano la personalità indipendente di Chris, una ventenne che lavora in un locale di Brooklyn. Persa tra i suoi pensieri ed estremamente misteriosa. Una ragazza difficile da dimenticare e...