Capitolo 3

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Dopo essersi presa una bella sgridata per l'episodio del mercato, appena rincasata, si beccò anche una bella punizione. Niente dolci fino al giorno del suo compleanno che sarebbe stato tra soli cinque giorni e guai se provava a dire qualcosa. Stroncato sul nascere il suo animo ribelle, Amelia si limitò a sbattere sonoramente la porta della sua stanza, facendo tremare le pareti al piano di sopra.

Rivide i genitori solo all'ora di cena, nella sala da pranzo dove nessuno parlava. Ad allietarla non c'erano neanche le barzellette di suo fratello, giacché mancava all'appello. Fu Mrs. Putnam a spiegare alle domestiche, mentre queste apparecchiavano il grande tavolo lungo, che Leonard avrebbe cenato con Maurice e altri suoi amici. Sentendo ciò, Amelia si imbronciò un poco. Non era mai capitato che suo fratello impegnasse così tanto tempo da Maurice senza di lei, che ben sapeva quanto amava l'odore della sua officina e della vernice fresca sui velivoli. Un'altra delusione. Cenò rapidamente e si ritirò presto nella sua stanza. Buttatasi a peso morto sul materasso, Amelia guardò il cielo fuori dalla sua finestra, aperta per far circolare l'aria notturna sempre più afosa di quel periodo. Non c'erano stelle e non vi era nessuna falce di luna ad illuminare il piccolo balcone della sua stanza, adornato solo da un vaso attaccato alla ringhiera bianca con delle belle di notte gialle e già aperte, che fiere mostravano la propria bellezza alla desertica quiete notturna.

Sotto quel cielo, a chissà quanta distanza da lei, sapeva che c'era Samuel. Su una nave, probabilmente nella branda della sua cabina, o a divertirsi con gli amici per far passare il tempo. Chissà se, al suo ritorno, nell'apprendere di aver donato il fazzoletto di seta a qualcuno che aveva bisogno, sarebbe stato fiero di lei. Si poteva considerare una piccola eroina? Mai come il suo adorato fratello, certo, ma almeno in parte poteva vantarsi di aver aiutato qualcuno. Prima di addormentarsi e già con le palpebre chiuse, a proteggere gli occhi dalla stanchezza e dalla flebile luce della candela posta sul piccolo comò alla sua destra, pescò come ultimo ricordo le parole di Jennifer Kelly, non più sconosciuta ma già amica.

"Potrebbe diventare un'eccellente infermiera."

Inutile dire che, sentendo il racconto dalla governante Tilla, Mrs. Putnam aveva fatto una smorfia del tutto soddisfatta di quello che poteva apparire come un complimento per la sua bambina.

"Siamo grati a quelle donne che svolgono una professione così importante. Ma, in tanti anni, le donne della famiglia Putnam non si sono mai sognate di lavorare." Aveva replicato in un classico tono da vera padrona, di quelli che non ammettevano obiezioni. Fortuna volle, per lei, che il figlio non fosse presente alla cena altrimenti si sarebbe aperto un vero e proprio dibattito sull'importanza di dare una mano al prossimo.

Amelia l'aveva ignorata, nel modo più gentile ed educato possibile, e per la prima volta non aveva replicato all'affermazione che sapeva d'acido come un formaggio avariato da mesi. Mr. Putnam aveva seguito, senza volerlo, lo stesso esempio della figlia. Egli si limitò a strizzarle l'occhio, accompagnato da un sorriso fiero nascosto dai baffoni rossicci sotto il naso. Un'espressione benevola che lasciava intendere la frase: "Sono fiero di te. Brava."

E con il sorriso di chi porta a casa la vittoria dopo una gara, una delle prime, si addormentò beata. A cullarla non vi era la voce di suo fratello che le narrava l'ennesima storia di cavalieri, dame in pericolo, o eroi di quell'epoca, ma solo il rilassante e mai banale canto di grilli lontani.

Era il 5 Maggio quando arrivò il primo telegramma di Samuel. Poche righe, poche parole, ma cariche di significato a amore per i suoi cari, anche ad una così grande distanza.

"Stiamo per arrivare in Irlanda. Stop. Pace assoluta nelle cabine. Stop. Vi rinnovo i miei saluti e il mio affetto. Stop. Tanti auguri alla mia sorellina per il suo diciassettesimo compleanno. Stop. Ti garantisco un bel regalo per farmi perdonare. Stop. Un grande bacio alla mia Raissa e un abbraccio a tutti voi. Stop." Concluse di leggere Tilla, seduta su una sedia della cucina e circondata dai suoi padroni.

Quante gocce nel mio mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora