Capitolo 37

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Alle 10 del mattino, nel cortile di Fort Dumont, regnava un caos inimmaginabile. Leonard si era svegliato, come parte dell'esercito francese, alcune ore prima, quando nel cielo avevano sentito uno scoppio assordante, che sembrava essere così vicino a loro. Il neo-tenente, in verità, aveva avuto il timore di essere svenuto sul campo di battaglia e di essersi guadagnato, per quella mancanza di prudenza, una bomba in piena faccia. Complici anche alcuni incubi che iniziavano ad accompagnarlo nelle notti che soggiornava lì al forte.

Fu solo grazie all'intervento del generale Joseph Joffre e a quello del sergente Fournier che, insieme, avevano ripristinato l'ordine e la calma tra i soldati semplici.

Il tenente Leonard Putnam, tutto questo, lo udì dal suo alloggio privato del forte. Un altro riconoscimento per un avanzamento di grado che continuava a pensare di non meritare a sufficienza. Ma se c'era una cosa che aveva imparato stando in mezzo ai francesi, era proprio che discutere con loro era come litigare con un muro. Fermi nelle loro idee, decisi nelle decisioni e con un forte senso dell'onore. Ecco, tutte queste qualità, il suo amico Fournier, le aveva ma in una forma triplicata. Anche se avrebbe potuto tranquillamento riassumerlo in una parola: esagerato.

Leonard si stava dando una sciacquata al viso quando, riflesso nello specchio con un taglio verticale, apparì la figura di Nicolas Fournier. Già vestito dell'uniforme e armato fino ai denti, con un impeccabile taglio a spazzola che il generale Joffre imponeva a tutti i suoi uomini, l'americano incluso.

"Si batte già la fiacca nel ruolo di tenente?" Lo prese in giro Fournier, con quel suo solito accento di troppo, tipico della sua parlata, e quel sarcasmo che sapeva contraddistinguerlo.

Leonard lo fronteggiò con un sorriso beffardo, pulendosi con un panno i capelli che iniziavano a ricrescergli piuttosto velocemente, così come la barba. Avrebbe dovuto trovare il tempo per darsi una sistemata, durante un buco della giornata. "Non era certamente mia la stanza da dove sono uscite tre donne, all'alba." Ribatté scherzoso.

Nicolas fece un gesto con una mano, come a voler scacciare una mosca. "Ah, robetta in confronto ai vizi che avevo prima della guerra! E poi mi pare di averti invitato. Non sono egoista, tenente, so dividere con un amico." Rispose, scoppiando a ridere poco dopo.

"Lo sai come la penso, sergente." Gli ricordò Leonard, lasciandosi andare al ricordo di Raissa. Ancora una volta. Fin quando era al forte e non in mezzo ad una battaglia, poteva pure concederselo.

"Lo so, lo so. Sei fedele alla tua bella russa."

"Esatto. Ci sono lettere per me?" Chiese, sperando in una risposta positiva da parte dell'amico ma, quella, doveva essere una giornata iniziata col piede sbagliato, perché il sergente scosse la testa.

"Nessuna, mi spiace. Ma non perderti d'animo. Con i nemici ad un passo da noi, le comunicazioni si saranno interrotte anche oltreoceano." Provò a consolarlo il francese, ben conoscendo che il tenente avrebbe iniziato a viaggiare un po' troppo in là con la mente e la sua mente serviva alla Francia, ora come ora.

Leonard si rabbuiò appena, nascondendo il viso agli occhi del francese, finendo di vestirsi in modo che potesse fungere da diversivo. "Che cos'è tutto questo caos nel cortile? Sparare un colpo di cannone alle 8 di mattina! I nostri si sono rincretiniti?" Indagò lui, sistemandosi la giacca della nuova uniforme e facendo passare i bottoni nelle asole. Luccicavano alla luce che filtrava dall'unica finestra dell'alloggio.

Nicolas si fece più serio, come sempre quando si parlava del conflitto. "Non sono stati i nostri, Leonàrd, ma i tedeschi."

Il tenente trattenne il sospiro per un breve istante, voltandosi verso il sergente con sguardo grave e attento. "Questo vuol dire che...?"

Quante gocce nel mio mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora