Capitolo 30

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Cinque giorni.

Lo scadere era ormai ultimato. Il piano di suo marito e suo fratello nasceva proprio quel giorno, all'alba, insieme al suo. Amelia non aspettò neanche che la nebbia si fosse dispersa, perché, ne era certa, suo fratello ne avrebbe approfittato per partire. Si dava meno nell'occhio, in questo modo.

Verso le quattro e venti del mattino si era alzata e, senza far rumore, aprì i vari cassettoni del mobile. Tirò fuori la pistola di servizio, quella che aveva rubato a Cameron, e alcune proviste che aveva portato in camera la sera precedente. Carne in scatola, carne essiccata, una bottiglia di whisky, e un kit di primo pronto soccorso, nel caso fosse successo qualcosa durante il viaggio. Chiuso tutto in un borsone verde petrolio, Amelia si vestì in tutta fretta.

Indossò una divisa da aviatore che aveva fatto fare su misura, da un sarto a Little Italy, il giorno della partenza del marito. Poche volte aveva messo dei pantaloni ed ora, a distanza di tempo, non si sentiva affatto a disagio. Quel modello era aderente, in modo che potesse avere più libertà, e di un colore nero come il carbone. Una camicia bianca era sapientemente coperta da un lungo cappotto in pelle -le arrivava fin sopra il ginocchio- di colore marrone, in tinta perfetta con gli stivali che calzava e con il berretto da aviatore che copriva gran parte dei capelli, anche se alcune ciocche -ora corte per via del suo taglio- fuoriuscivano da esso in piccole onde bionde.

Si diede un'ultima occhiata allo specchio, come se fosse pronta ad andare ad una festa, e al suo riflesso fece un flebile ma speranzoso sorriso. Doveva convincersi del fatto che sarebbe andato tutto bene, che quella era la scelta giusta. Non sarebbe stata meglio se fosse rimasta lì, seduta sul divano a ricamare, in attesa di una lettera da parte di Cameron. Ad alcune aveva risposto, così da non destare sospetti. Mi manchi. Non vedo l'ora di rivederti! Com'è il tempo lì? Anche in poche righe, non era mai diretto o troppo esplicito. Questo anche, immaginava Amelia, era per evitare che le missive potessero essere intercettate. Cameron era come un ceco che, a mani legate, si muoveva in una stanza buia alla ricerca della via d'uscita.

Lasciò in quella camera i pensieri negativi, prendendo la borsa e uscendo in fretta da quella casa. Attraversò il corridoio, scese le scale e giunse nella hall. Erano esattamente le cinque del mattino e, tra poco, Dorotea si sarebbe svegliata per iniziare a svolgere le varie mansioni in casa, insieme alle altre domestiche. Erano tutti abbastanza mattinieri, in quella casa!

Amelia lasciò una lettera accanto ad un vaso con dei fiori, proprio sotto uno specchio. Il primo mobile, a destra, che ci si ritrovava non appena si varcava la soglia di quella villetta. Far preoccupare i suoi inservienti era l'ultima cosa che voleva, senza contare che non poteva permettere che, Dorotea, mandasse una missiva urgente a suo marito. In questo modo, l'allarme sarebbe scattato. Se si aveva un complice, però, si poteva sperare di sgattaiolare da lì senza destare sospetti. E fu proprio quando aprì il portone principale, che Amelia vide il suo. Terry, uno degli inservienti della casa, era stato disposto ad aiutarla in quel suo folle piano e, come ricompensa, una adeguata somma che avrebbe dato a lavoro finito. In verità era stata Amelia ad insistere affinché avesse una adeguata ricompensa monetaria, Terry continuava a dire che non ne aveva bisogno, che era contento di aiutare la sua Signora. Ma su questo punto, mrs. Mendel era stata irremovibile.

Quando arrivò davanti a lui, con l'auto accesa e già pronta per lasciare il viale della sua casa, Terry le fece un inchino leggero con il capo. "Mrs. Mendel, buongiorno." La salutò cordiale, aprendole la portiera dell'auto. Modesta, senza alcuni fronzoli, e -cosa più importante- funzionante.

"Buongiorno, Terry." Ricambiò Amelia, sedendo sul sedile posteriore e poggiando la borsa proprio accanto a lei.

La conversazione terminò lì, anche perché Terry sapeva quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Guidare fino al garage di Maurice, a Riverdale. Durante il viaggio, poche volte ad Amelia era capitato di pensare alla sua scelta. Ci rifletteva, ripassava le sue prossime mosse, ma mai aveva pensato di aver sbagliato, di essere stata precipitosa o imprudente. La guerra le aveva portato via tutto ciò che amava e se suo fratello si era salvato, colpito dalla grazia della mano del suo Cameron, voleva dire che c'era ancora una speranza di vincere, di respingere una volte per tutte i tedeschi. Ebbene, non se ne sarebbe stata con le mani in mano o con un ago e filo alla mano, intenta a cucire l'ennesima ferita ad un soldato di guerra. Senza contare che, le infermiere del centro ospedaliero di Riverdale, erano state tutte trasferite nell'ospedale di Little Italy. Aveva incontrato Carrie Evans proprio il giorno prima e le aveva riferito che, per ordine di Jennifer Kelly, avevano preso servizio lì. Tutti i feriti che arrivavano a New York, del resto, venivano trasferiti a Little Italy e non a Riverdale.

Quante gocce nel mio mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora