Capitolo 12

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Il giorno dopo, le lezioni all'ospedale, non avevano avuto luogo. Le aspiranti infermiere potevano avere fino a due giorni alla settimana per restare a casa a studiare, in vista del primo esame che si sarebbe tenuto nei primi di Dicembre, prima di Natale.

Amelia aveva appena finito la prima parte sulle malattie gravi e meno gravi, trasportando su una pila di fogli un piccolo sunto creato dalla sua testolina bionda. Si era concessa una piccola pausa e aveva deciso di sorseggiare del thè, seduta su una seggiola della cucina, con lo sguardo fisso sull'attività svolta da Raissa. La donna, che le sembrava stranamente taciturna e altrove con la mente, stava aiutando Carin nelle realizzazioni dei biscotti delle monache, dei piccoli dolcetti ovali croccanti al gusto di limone. Ideali, secondo la domestica, da accompagnare con una tazza di thè. L'aroma dell'agrume dell'impasto aveva penetrato le narici delle tre donne presenti nella stanza. Così come Amelia, anche Carin aveva notato lo strano silenzio di Raissa. Da quando la russa si era trasferita nella loro dimora, qualche mese fa, non aveva mai taciuto per così tanto tempo. Veniva da chiedersi se fosse malata, uno dei tanti pettegolezzi che Carin scambiava con Adelle. Ed era Tilla che, puntualmente, le rimetteva in riga, invitandole a non ficcare il naso in faccende che non le riguardavano. Più tardi, si disse Amelia, avrebbe chiesto alla governante se era successo qualcosa che lei non sapeva.

Carin chiuse con un tonfo la credenza, riponendo l'ennesima tazzina di porcellana lavata a fondo. "Vado a vedere se Adelle ha bisogno d'aiuto con la biancheria della Signora. Con permesso." E si dileguò, lasciando sole le ultime due donne.

Per quanto fosse distante con la mente, Amelia dubitò che Raissa avesse compreso di essere rimasta sola con lei. La biondina era tentata di chiedere alla cognata se qualcosa l'avesse turbata, il suo sguardo era così perso che osò immaginare a qualche ricordo doloroso circa il suo passato o i giorni felici passati proprio con Samuel. Il nome del fratello deceduto sembrava essere stato dimenticato, da qualche settimana. La sera prima, mentre era nel suo letto, aveva atteso Raissa nella camera che condividevano e le aveva dato il sacco contenente gli effetti personali che Sam aveva lasciato alla base militare di New York.

Con gli occhi lucidi, Raissa le aveva chiesto come gli avesse avuti e Amelia, più convincente che mai, aveva risposto che era passata alla caserma per prelevare gli effetti personali di un altro soldato, Ed Roges, per conto di mrs. Ferrars.

"La prossima volta avvisami." Le aveva risposto, prima di riporre ogni cosa di Samuel nel cassettone bianco, comprese le armi.

Amelia strabuzzò gli occhi, aiutandosi con un sorso di thè per farsi coraggio. Non era certa di ricevere delle risposte serie proprio dalla cognata, ma voleva provarci almeno. "Posso farti una domanda, Raissa?" Ora più di prima, forse, tentennò nel proseguire. Dal modo in cui le avrebbe risposto avrebbe compreso se continuare o meno.

Raissa alzò lo sguardo dall'impasto dei biscotti per portarlo su quella della fanciulla, senza mai smettere di amalgamare il tutto con le mani. "Certo, dimmi." Distraendola dalle maligne parole che aveva usato mrs. Putnam il giorno prima, sarebbe stato più semplice fingere che fosse soltanto un brutto sogno.

"Mi chiedevo, ma come hai fatto a scoprire di essere innamorata di Sam? Intendo... è stato un colpo di fulmine? Come nei romanzi che leggo?" Ecco, aveva fatto la tanto attesa domandona! Amelia aveva avuto il timore di risvegliare qualche brutto ricordo nella donna, toccando quel tasto, ma vide il volto della russa addolcirsi come i biscotti che preparava e un sorriso complice prese subito possesso delle sue labbra carnose.

"Beh, dipende da che punto di vista lo si vede. Per me ci è voluto un po' prima di capire che si trattasse di amore e non di semplice attrazione."

Quante gocce nel mio mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora