Capitolo 27

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Era giunto lì da solo cinque giorni, contando anche quelli che aveva passato per attraversare metà Francia e ritrovarsi lì, nel bel mezzo di bombardamenti e puzza di zolfo. Non era il centro dell'inferno, ovviamente, per quello avrebbe aspettato domani dove avrebbe conosciuto anche la sua di mansione. Nel frattempo, poteva godersi del meritato riposo, anche se non aveva fatto altro che quello da quando era arrivato. Non appena aveva messo piede sul suolo francese, Paul Chrétien l'aveva mandato a chiamare. Era stato scortato da ben undici soldati, neanche fosse stato un marines d'alto rango, e si era concesso una chiacchiera con il capo delle truppe francesi, Joseph Joffre, in una tenda che puzzava di piscio e sterco dei cavalli, nonché di polvere da sparo.

Il generale aveva fornito al marines una visione molto confusa della situazione attuale. Confusione che, senza ombra di dubbio, faceva guadagnare tempo ai tedeschi per un nuovo attacco. Affacciatosi a ridosso del fiume, fu avvolto da una coltre di nebbia che si era abbattuta sull'intera Verdun. L'aria intrisa di morte e tensione sembrava serrare le gole dei presenti come una grande nuvola di gas. Una morsa dalla quale nessuno si sarebbe salvato facilmente. Gli occhi chiari di Leonard riuscirono a scorgere ben poco, tanto che un tedesco avrebbe potuto tranquillamente attraversare il confine e sparargli ad un palmo dal naso... e non se ne sarebbe neanche accorto se non due secondi prima di udire lo sparo.

Più tardi, in una stanza di un albergo mezzo distrutto dai bombardamenti aerei, avrebbe scritto una lettera, ricalcando più volte una frase.

Non è come svegliarsi alle sei del mattino. Non è come allenarsi e sporcarsi i pantaloni di fango. Non è come sparare a dei semplici bersagli. Qui si spara alle persone vere, muoiono persone vere. Tutto sommato, amore mio, non posso lamentarmi del mio alloggio. Confortevole e con un ottimo panorama. Dovresti vederla... la Francia è davvero bella come c'è l'hanno sempre descritta. In questo inferno, il tuo pensiero mi da la forza di andare avanti. Di ricordarmi dei bei momenti passati a Golden Falls insieme e dei progetti ancora da portare a termine. Con la speranza che ti arrivi presto questa mia lettera e che tu, nel cuore della notte, possa sognarmi, ti abbraccio fino a toglierti il respiro da lontano.

Ricorda il mio amore, perché io certamente ricorderò il tuo dolce sorriso e mi farà compagnia fino al mio ritorno. Ricorda il mio amore, Raissa.

Immensamente tuo.

Leonard Putnam.

Un tremolio sopra la sua testa portò la mano di Leonard a fermarsi all'istante e a scattare in piedi, come se nella stanza fosse entrato un colonello o un suo superiore. Invece ci fu solo della polvere che cadeva al suolo e alcuni mattoni, provenienti dall'edificio di fronte, cadere a terra provocando urla e caos generali tra i cittadini di Commercy. Prese dalla scrivania il suo fucile d'assalto e lo imbracciò, pronto a riversarsi in strada per placare gli animi dei cittadini francesi, una delle mansioni secondarie che il generale Chrétien gli aveva affidato. Il suo alloggio confortevole, una topaia che puzzava di muffa, era l'unico ambiente dove riusciva a chiudere gli occhi per un totale di due ore. Completamente spoglio di ogni mobile, se non per una sedia, una scrivania e una branda bianca a terra. L'ultimo bombardamento, poi, gli aveva davvero regalato un ottimo panorama. Una voragine sul soffitto, che accompagnandosi ai buchi nei muri dove, volendo, le persone potevano passarci tranquillamente, rendevano quell'ex albergo un cumulo di macerie prossime alla caduta definitiva. Tuttavia, Leonard restava lì. Per quanto assurdo, lo sentiva un posto sicuro, fino a quando non si sarebbe trasferito a Verdun con le truppe francesi.

Stringendosi al petto il fucile d'assalto, scese per quelle scale mezze rotte che l'avrebbero condotto al piano terra. In quel esatto momento, vide qualcosa alla porta d'entrata o, per meglio definirla, soglia, visto che la porta era già a terra in mille pezzi di legno quando era arrivato. Un'altra dimostrazione di come, le cose più fragili, cadevano a terra alla minima scossa.

Quante gocce nel mio mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora